Print Friendly, PDF & Email

Go to the English version!

(Estratto della Conversazione tenuta dall’Autore presso la Libera Associazione “Convivium” a Fiuggi, il 3 dicembre 2011)

sogno L’essere umano nel corso della sua esistenza trascorre oltre 20 anni a dormire e ben 4 a sognare. Questo se si intende con sogno la fase rem (dall’acronimo inglese rapid eye movement, movimenti rapidi oculari, che caratterizzano una delle fasi più vivaci del sogno) ma vedremo, in prosieguo, come le cose stiano in modo leggermente diverso.
Passiamo, cioè, almeno un terzo della nostra vita dormendo. E la maggior parte delle volte non conserviamo alcun ricordo del nostro periplo notturno. Probabilmente proprio grazie a questa rimozione massiva l’attività onirica è stata relegata per migliaia di anni nel regno dell’irrazionale e dell’animismo.

Va ascritto a Freud ed ai suoi studi il merito storico  di aver attribuito, in modo definitivo, al sogno un significato psicologico.
Gli studi psicoanalitici ci dicono che l’Es anima desideri che nel sogno trovano una loro realizzazione allucinatoria. Però tali desideri, sentimenti e pensieri risultano angoscianti per l’io cosciente. Eppure il nostro sonno non ne è perturbato perché su di loro interviene la cosiddetta Censura, che camuffa, maschera ed elabora i messaggi latenti dell’inconscio, trasformandoli in immagini manifeste tollerabili dalla coscienza (contenuto manifesto del sogno) nel rapido passaggio tra sonno e risveglio. E’ per questa semplice ragione che i nostri sogni ci sembrano spesso così astrusi ed incomprensibili.

La definizione psicoanalitica del Sogno che lo psicoanalista in erba apprende fin dagli albori della sua formazione è dunque la seguente:
“Il sogno è la realizzazione mascherata di un desiderio inconscio di origine infantile”.
In questa definizione c’è tutta la psicoanalisi, la sua epistemologia, la sua efficacia clinica, la sua visione dell’essere umano. Esaminiamola al microscopio.

“Realizzazione mascherata”. 
Per tanto tempo si è pensato che la realizzazione dei desideri infantili contenuti nel sogno avvenisse solo per via allucinatoria ma, soprattutto gli studi della scuola micropsicoanalitica, hanno dimostrato che le cose vanno ben al di là di quanto si supponesse.
Noi arriviamo a dire che la vita è un sogno agito e come sempre sono i casi limite che ci svelano i meccanismi base dello psichismo umano.

Emblematico al riguardo il caso di un paziente borderline con struttura paranoica della personalità.
Il signore, che chiameremo Hansel, è un giovane omone fisicamente gigantesco, che negli ultimi dieci anni ha fatto la spola tra i vari presidi psichiatrici della sua regione di residenza, trattato con dosi massicce di psicofarmaci e con un nutrito ciclo di elettroshock-terapia. Un caso limite, come si suol dire tra addetti ai lavori.
Come estrema ratio decide di intraprendere una psicoanalisi intensiva che gli permetterà finalmente di vivere ridimensionando enormemente la pesante terapia farmacologica, cosa che puntualmente avvenne.
Hansel risiedeva in una città diversa dalla mia ed aveva accettato, dopo aver viaggiato per mesi per seguire le sedute, di stabilirsi, per un periodo di un mese, nel mio luogo di residenza. Questa situazione produce di solito i seguenti effetti: svincola il malato dal contenitore familiare e lo enuclea dal ruolo sociale che lo perseguita e protegge al tempo stesso.

Il soggetto, dunque, perde la possibilità di continuare ad indossare la sua Maschera e sposta nella situazione analitica, nel transfert, la persecuzione paranoica, cosa che se da una parte acuisce la tensione all’interno della situazione analitica, dall’altra può permettere di osservare, in statu nascendi, la costruzione del delirio di riferimento (il carattere inedito, genuino, intonso, neutro del rapporto con l’analista rende meno manipolabile la relazione).

D’altra parte la perdita dell’Io-fittizio, cioè della maschera sociale, denuda il delirio che può emergere in modo inequivocabile.
Dopo un periodo di alcuni giorni l’analizzato aveva iniziato a costruire tutto un complicato delirio di riferimento in cui un’Organizzazione Segreta, con a capo, guarda caso, il sottoscritto, manipolava la vita delle persone.
Una notte fece un sogno in cui si recava in un cimitero. L’indomani, appena sveglio, ed ancora inconsapevole del sogno, il cui ricordo affiorò alla coscienza solo nel tardo pomeriggio della giornata, prese la macchina, imboccò l’autostrada e percorse circa seicento chilometri per visitare, al cimitero, il padre di una sua ex che non vedeva né sentiva da circa dieci anni.
Dopo un paio di giorni, tornato in seduta, gli bastò raccontare in dettaglio l’intera vicenda e vederne gli evidenti collegamenti, per prendere coscienza, per la prima volta nella vita, di come nella sua mente si attivasse la difesa delirante.
In seduta mi dirà: “Il motivo dei deliri è questo: se non riesco ad analizzare i sogni e a smantellarli per bene, questi si impadroniscono della mia mente e della mia vita”.

Il legame evidente tra sogno non sufficientemente metabolizzato (noi usiamo il difficile neologismo ab-onirizzato) e delirio era del resto già evidente nelle ricerche di Freud.
Già nell'”Interpretazione dei Sogni” il Maestro puntualizzava: “…al rapido volgersi delle rappresentazioni nel sogno corrisponde la fuga delle idee nella psicosi. In entrambi i casi manca qualsiasi misura del tempo. La scissione onirica della personalità, che distribuisce per esempio il proprio sapere su due persone diverse, delle quali nel sogno una, quella estranea, corregge l’Io, equivale veramente alla nota scissione della paranoia allucinatoria; anche chi sogna ode i propri pensieri esposti da voci estranee. Esiste un’analogia perfino per le idee deliranti fisse: i sogni patologici che si ripetono in modo stereotipato (rêve obsédant). Non è raro che una volta guariti di un delirio, gli ammalati dicano che tutto il periodo della malattia appare loro come un sogno, spesso non sgradevole, e che anzi ci raccontino come qualche volta, mentre ancora durava la malattia, abbiano avuto l’impressione di essere solamente prigionieri di un sogno, come spesso accade nel sogno vero”.

Ma torniamo, ora, alla definizione:
… realizzazione mascherata di un desiderio inconscio, rimosso, di origine infantile.

Questa affermazione ci dice che a dispetto del nostro orgoglio di esseri intelligenti, della nostra cultura, dei nostri veicoli proiettati negli spazi stellari la nostra vita è poco meno di un’allucinazione, un perenne tentativo di aggiustamento di una tensione che risale alla nostra vita intrauterina, e ai primi anni post-natali, mai completamente sopita, che cerca continuamente di essere rimessa in atto, come una pièce teatrale, di cui siamo attori e spettatori al tempo stesso.

Nicola Peluffo ci ricorda che durante il tumultuoso periodo di trasformazioni proprio dell’infanzia, si possono costituire nello psichismo dell’adulto di domani, degli “insiemi rappresentazionali ed affettivi” che Peluffo denomina “personaggi primari”, e che spesso popolano i sogni dell’adulto e che attraverso un’attività onirica non a sufficienza metabolizzata, ne dettano le condotte di veglia (ricordate il caso di Hansel che vi ho descritto?): costituiscono, in altri termini, aggiungo io, una sorta di software aberrante che sotto la spinta di situazioni stressanti o per effetto della ben conosciuta coazione a ripetere, possono “infettare” le vicende esistenziali delle persone, spingendoli a comportamenti che agli occhi degli osservatori esterni possono essere totalmente incomprensibili.

Ma la funzione del sogno non si ferma qui. Per comprendere la sua intima essenza dobbiamo cercare di capire quando e come esso si sia manifestato nella materia vivente. Non è certo impresa facile ma facendo alcune osservazioni potremo fare delle legittime e suggestive ipotesi.
Ci sono animali che sognano ed altri che non sognano. Gli omeotermi, cioè gli animali che sono in grado di controllare e di mantenere costante la propria temperatura corporea, sognano. Animali omeotermi sono gli uccelli, i mammiferi e dunque anche l’essere umano.
Gli eterotermi, cioè gli animali il cui metabolismo può abbassarsi velocemente quando sono a riposo e la temperatura interna non è più regolata dall’organismo, non sognano. Perché questa differenza?

Così come negli ultimi venti anni si assiste ad un radicale mutamento di paradigma nel campo della genomica, con la demolizione del dogma secondo cui i geni costituiscano l’unico fondamento per l’ereditarietà e l’intero piano di costruzione dell’essere umano, con la scoperta dei cosiddetti meccanismi epigenetici, responsabili della modulazione, sotto la spinta delle esperienze ambientali, del programma genetico, nel campo psichico potrebbe essere il sogno il meccanismo principe della riprogrammazione degli schemi mentali.
Esiste, in effetti, una transizione significativa fra gli ultimi giorni della neurogenesi (cioè della costruzione del nostro sistema nervoso in utero) e la comparsa del sonno paradossale. Infatti nei primi giorni dopo la nascita lo stato di veglia è interrotto da un altro stato psichico privo di periodicità evidente denominato “sonno sismico”, contrassegnato da una attivazione perpetua dei motoneuroni, con assenza dei tipici segni elettrofisiologici del sonno paradossale.

Michel Jouvet, il più grande onirologo vivente, afferma:
“… I movimenti del feto sono senza dubbio l’espressione motrice della formazione di sinapsi preformate geneticamente nel corso della maturazione del S.N.C. [è come se il feto si allenasse] Noi sappiamo in effetti che l’ambiente può modificare l’organizzazione funzionale e anatomica del cervello… Sembra dunque difficile capire come una programmazione genetica definitiva, stabilita alla fine di una maturazione, possa essere efficace per organizzare dei futuri comportamenti innati a dispetto delle modificazioni plastiche indotte dall’ambiente. …Per questo motivo sembrerebbe più soddisfacente il concetto di una programmazione genetica ricorrente e periodica”. 

Una sorta di aggiornamento software, tanto per dirla in termini divulgativi! In parole povere Jouvet pensa che debba necessariamente esistere un meccanismo psichico, parallelo a quello della plasticità epigenetica per il biologico, che consenta di integrare le nozioni apprese dall’ambiente con quelle programmate geneticamente, un meccanismo di tutela dell’individualità psichica, personale e genealogica.

Vediamo di seguire le vicende che ogni notte si attivano nel nostro apparato psichico.
1. Il cervello in attività “lavora” in modo anaerobico e si stanca: si attiva quindi il sonno per recuperare energie.
2. Dopo 90′ dei sensori sensibilissimi avvertono il cervello che l’energia è ricostituita: arriva il sogno, che consuma energia ed il ciclo ricomincia.

Il sonno servirebbe a poter sognare.
Ma perché gli eterotermi, che pur consumano energia nel loro stato di veglia, come noi, non sognano?
Perché le loro cellule nervose continuano a dividersi indefinitivamente, mentre quelle dell’uomo, dopo i primi tre mesi di vita smettono di moltiplicarsi. Devono quindi acquisire plasticità in altro modo.

C’è un altro dato di grande interesse: più un mammifero o un uccello è immaturo alla nascita, maggiore sarà la quantità di sonno sismico che si manifesterà (sembrerebbe essere un meccanismo di recupero)
Allo stesso modo, più un mammifero neonato è immaturo (e la sua termoregolazione è fragile), più aumenta la quantità di sonno paradossale.
E’ nel momento in cui termina la maturazione e la programmazione genetica del Sistema Nervoso che il sogno raggiunge il suo acme.
Mentre nel caso degli eterotermi la neurogenesi continua per tutta la vita (dunque la conservazione dello psichico è sotto il controllo del DNA) essa va scomparendo negli omeotermi.

La mia personale riflessione è che l’animale, affrancandosi dalla schiavitù dell’eterotermia che lo confinava in un territorio necessariamente ristretto, abbia avuto bisogno di memorizzare le mappe del ritorno al territorio nativo: secondo Jouvet il sogno fu inventato dagli uccelli, forse contemporaneamente all’omeotermia.
Nulla vieta di affacciare l’ipotesi, aggiungo io, che gli uccelli abbiano iniziato a memorizzare le mappe dei loro itinerari in quella attività neuropsichica a cui si è poi dato il nome di sogno. E’ anche probabile che anche nell’uomo si sia verificato un fenomeno simile, cioè che il sonno-Rem sia stata un’acquisizione delle prime tribù che si siano dedicate al nomadismo.
Si potrebbe dunque ipotizzare che il sonno sismico attui l’informatizzazione della psiche, alla stessa stregua di come il DNA attua l’informatizzazione del soma.

Lo psichico umano può essere semplificato in una struttura a funzionamento cibernetico: la sua sopravvivenza nel tempo, in assenza di una neurogenesi permanente, deve essere assicurata da un dispositivo o sistema di memoria perenne che gli consenta di ritrovare l’integrità delle sue funzioni anche dopo l’impatto destrutturante di eventi traumatici esterni ed interni.
Alla fine della neurogenesi che si compie in utero c’è l’esplosione del sonno sismico, una vera tempesta generalizzata di attività neuro-psichica che servirebbe ad informatizzare l’entità somatopsichica in formazione: tutte le esperienze della nostra specie verrebbero riversate cellularmente.
Una volta che il sonno sismico, alla fine della neurogenesi, abbia “installato il software del sistema operativo” verrà progressivamente rimpiazzato, nell’arco di pochi mesi, dalla ritmica alternanza sonno-NREM e sonno REM e sarà quest’ultimo a sostenere il ruolo di memoria ad alta velocità che avrà il ruolo di chiarificare il quadro, informando le funzioni psichiche superiori di ciò che a livello inconscio chiede di essere soddisfatto, indicando, al tempo stesso, i tentativi più idonei che la storia dell’individuo ha selezionato al fine di abbassare la tensione e ristabilire l’equilibrio perturbato.

Il Sogno è il meccanismo fisiologico più efficace di smaltimento della tensione psichica.
Quando l’accumulo traumatico è sovrabbondante la fisiologia del sogno non è più sufficiente a realizzare la scarica tensionale ed emerge il sintomo patologico.

Tralascio un materiale ben conosciuto che è quello dell’importanza del sogno come strumento di indagine analitica: sono centinaia, ormai, i libri di buon livello sull’argomento.
Ma vi dirò che spesso il sogno in analisi sigla un avanzamento, un cambiamento epocale nella vita della persona. Ecco, ad esempio, il sogno emblematico di una giovane donna, giunta in analisi per ben più gravi motivi, che ha, tra l’altro, dei problemi di marcata inibizione sessuale.
Il conflitto è rafforzato dall’incontro con un partner che, come succede spessissimo, non ha ancora sciolto l’oscillazione edipica e dunque spesso si pone in modo inconsciamente femmineo.

Ecco il sogno:
Mi trovavo sotto un uomo bassino, biondo [con le stigmate del suo partner] Avevo un enorme desiderio di fare sesso ma non riuscivo. Mi sono sdraiata sotto di lui, poi con la mano destra, senza rendermi conto di cosa stessi facendo, ho messo la mano sù, ho tirato giù, e mi sono accorta che avevo tolto una pellicola trasparente con l’immagine nitida di mio padre disegnata sul foglio. Tolto quello, e buttata la pellicola ero libera: “Adesso posso” ho gridato in sogno! E da quel giorno, aggiunge la giovane, la mia sessualità è completamente cambiata”.
La paziente ha preso coscienza dell’investimento incestuoso sul partner, uno dei motivi più diffusi di difficoltà sessuale: con il pa
dre, è notorio, non si può giacere.

Vorrei fare ora un’altra breve descrizione di un’altra affascinante funzione del sogno, quella della creatività. Sono numerosissime le invenzioni che si sono manifestate in sogno.
Ne sapeva qualcosa László József Bíró, l’inventore della penna biro, che sognò la soluzione tale e quale a quella che fu poi realizzata: il resto diurno, cioè il materiale dello stato di veglia che di solito attiva il sogno era stata l’osservazione di alcuni bambini che giocavano con delle biglie. In sogno si continua a pensare e ricercare.
E che dire del sogno di Kekulé, il grande chimico tedesco, che fu il primo ad ipotizzare la struttura ciclica del benzene?
Ecco il suo racconto:

“Ero seduto intento a scrivere, ma il lavoro non progrediva; i miei pensieri erano altrove. Girai la sedia verso il camino e mi appisolai. Di nuovo gli atomi giocavano di fronte ai miei occhi (…). Il mio occhio mentale, reso più acuto da questa ripetuta visione, era ora in grado di distinguere strutture più grandi di multiforme conformazione; lunghe file talvolta sistemate più strettamente, tutte sinuose e ricurve come il moto di un serpente. Ma guarda! Che cos’è? Uno dei serpenti aveva afferrato la sua stessa coda, e la forma girava beffardamente davanti ai miei occhi. Come per un lampo improvviso mi risvegliai e passai il resto della notte a elaborare la mia ipotesi.” 
Alcuni storici contestano questa ricostruzione asserendo che qualche decina di anni prima Kekulé avesse preso visione degli studi del chimico francese Auguste Laurent che aveva proposto una soluzione simile. Anche se ciò fosse comprovato possiamo dire che probabilmente l’Io di Kekulé rigettò, come razionalmente inammissibile, la soluzione che però covò nel suo inconscio per anni e poi si fece finalmente strada nella sua mente tramite il sogno.

E che dire dello stupendo Sogno del grande musicista Giuseppe Tartini (ringrazio il poliedrico ingegnere-musicista Alberto Scerrati per la segnalazione) che portò alla scrittura della celebre Sonata in Sol min per violino e basso continuo “Il trillo del diavolo”?
Eccone il resoconto fatto dallo stesso Autore:
“Una notte sognai che avevo fatto un patto e che il diavolo era al mio servizio. Tutto mi riusciva secondo i miei desideri e le mie volontà erano sempre esaudite dal mio nuovo domestico. Immaginai di dargli il mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria, ma quale fu il mio stupore quando ascoltai una sonata così singolare e bella, eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire nulla che le stesse al paragone. Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all’istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano. Il brano che composi è, in verità il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m’aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava”.


I sogni sono al fianco anche dei musicisti moderni. La melodia del capolavoro della musica pop, Yesterday, dei Beatles, fu appunto consegnata da un sogno all’autore Paul McCartney nella casa della sua fidanzata Jane Asher in Wimpole Street, a Londra. Al risveglio, McCartney corse al pianoforte ed eseguì la melodia esattamente come l’aveva sognata.
La preoccupazione di McCartney fu di avere inconsciamente plagiato il lavoro di qualcun altro: pensò di aver ascoltato casualmente il brano e di averlo ritenuto subliminalmente. Paul affermò: “Per circa un mese mi aggirai chiedendo alla gente dell’ambiente musicale se l’avessero mai sentita prima. Alla fine era come riportare un oggetto smarrito alla polizia. Pensai che se nessuno la reclamava dopo qualche settimana avrei potuto tenerla”. Cosa che effettivamente avvenne.


Anche il celeberrimo romanzo “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di R. L. Stevenson è un parto onirico. A Bournemouth, nell’ autunno del 1885, Stevenson giace ammalato nel suo letto affetto da gravi patologie polmonari. ma continua a scrivere. Un sogno angoscioso, interrotto dalla moglie, gli mostra quella che diventerà una delle scene principali del suo capolavoro: la vista del dottor Jekyll alla finestra di casa, la sua scomparsa come risucchiato all’interno, forse come il riflesso onirico di una sua trasformazione.

Ed ora passiamo all’ultimo aspetto, trascurandone, per esigenza di brevità tantissimi altri: quello particolarmente affascinante del binomio sogno-telepatia.
Io credo che chiunque abbia una sufficiente esperienza del lavoro analitico non abbia difficoltà alcuna a constatare che la percezione extrasensoriale di contenuti psichici è un fenomeno frequentissimo. Spesso le associazioni dell’analizzato, di frequente dopo un momento di barrage (cioè di arresto delle associazioni), ripartono proprio dai contenuti ideativi dell’analista senza che quest’ultimo abbia minimamente trasmesso in alcun modo, verbale o gestuale, l’informazione all’analizzato. Vi riporterò, a titolo esemplificativo, solo le ultime esperienze che ho raccolto in ordine di tempo.

Il giorno prima della seduta che vi descriverò ero andato ad accompagnare un carissimo amico in una piccola stazioncina ferroviaria della nostra provincia. Mentre aspettavamo l’arrivo del treno eravamo rimasti colpiti dalla bellezza di un antico gazebo realizzato in ferro battuto, completamente ricoperto da una splendida vite americana messa ad ombreggiare una antica panchina di pietra. Una scena di indubbia poesia se messa a confronto con i freddi ed impersonali arredi delle attuali stazioni ferroviarie.
L’indomani, il ricordo di quella scena, seguendo imperscrutabili percorsi associativi, mi tornò in mente in seduta. Ecco, a distanza di pochi secondi, le associazioni dell’analizzata: “Ho avuto un’immagine velocissima, che non c’entra nulla con quello che sto dicendo, di una specie di panchina di paglia con delle donne sedute sopra. Una donna bionda, quasi bianca, con labbra rosse. Sembra una donna dell’ 800 ed è come se fossero sedute in una piccola stazione ferroviaria”.

A questo proposito dirò che il manifestarsi di fenomeni telepatici in seduta è direttamente proporzionale all’osservanza delle due regole speculari delle libere associazioni per l’analizzato e dell’ascolto fluttuante per l’analista. Come tutti coloro che si occupano di psicoanalisi ben sanno, mentre l’analizzato si impegna a dire in libere associazioni e senza sottoporre a critica alcuna tutto ciò che pensa e prova, l’analista esercita una particolare qualità d’ascolto, chiamata attenzione fluttuante, consistente nel fare astrazione da tutto ciò che egli pensa o prova e nel seguire il materiale analitico senza privilegiare nulla. Proprio nel lavoro “psicoanalisi e telepatia” Freud fa un’indiretto riferimento a tale tecnica quando cerca di spiegare come possa essersi prodotta una trasmissione di informazioni da un cliente ad una presunta indovina che utilizza le consuete tecniche di divinazione astrologia:
“Il lavoro astrologico dell’indovina consisterebbe in questo caso in un’attività intesa a deviare le sue stesse forze psichiche e a tenerle occupate in qualcosa di innocuo, talché essa possa diventare ricettiva e permeabile agli effetti dei pensieri altrui, ossia possa trasformarsi in una vera e propria “medium”. 

Un altro analizzato un giorno portò in seduta un sogno nella cui parte finale figurava la scena seguente: “Arriva un signore e ci comunica che nel suo giardino, confinante con la casa, un albero, forse un salice, sta morendo, e vuole sapere se noi ne abbiamo colpa”. Come spesso avviene, la seduta ebbe uno svolgimento che non consentì un lavoro sistematico di interpretazione del sogno. Ma nella seduta successiva, l’analizzato, visibilmente colpito, mi riferì che un suo cugino che risiedeva a più di mille chilometri di distanza e che non sentiva da mesi, gli aveva telefonato, il giorno dopo la seduta del sogno in oggetto, per lamentarsi dell’abbattimento di un albero, posto a confine tra le case di vacanza dei due cugini, deciso dalla sorella dell’analizzato a sua totale insaputa. E’ evidente che il sogno aveva veicolato nello psichismo dell’analizzato una informazione su un accadimento oggettivo che avveniva o era appena avvenuto a distanza.

Ora vorrei introdurvi il resoconto dettagliato di un’esperienza (ma ne avrei decine di simili) che ha un’importanza fondamentale, in quanto la trasmissione dell’informazione ha coinvolto sincronicamente più membri della stessa famiglia che risiedevano a centinaia di chilometri di distanza. Ed il mezzo è sempre il sogno.
Ecco l’esposizione del caso:

Trattasi di un analizzato che definiremmo normale (cioè esente da nuclei patogeni), con cultura scientifica universitaria, e fonte di assoluta affidabilità, che sta conducendo alcune sedute di richiamo a distanza di anni dalla fine della sua analisi personale.
Nel periodo precedente l’esperienza telepatica l’analizzato aveva trascorso numerose notti agitate, legate alla sensazione di percezione, nella stanza dove dormiva, di presenze, non meglio identificabili.
La sistemazione razionale data alla percezione era che “sentiva” i morti di famiglia che tentavano di dargli un avvertimento circa un pericolo imminente.
Arrivando presso il mio studio, vedendo un’autocisterna piena di carburante, l’analizzato aveva affrettato il passo, colto dall’inusuale timore che il carburante potesse esplodere.
Nel corso della seduta aveva riferito di essere invaso da potenti ed inequivocabili sensazioni di pericolo imminente connesse ad una forte esplosione, o un incendio, comunque una situazione di impatto pericoloso e dalla sensazione che la vita del padre, che viveva a più di mille chilometri di distanza, fosse in pericolo. In particolare, a più riprese, aveva percepito l’immagine visiva di un globo di luce, o di fuoco, o di energia che sovrastava la scena.
Preciso che il signore non sentiva da più di un mese il genitore, attenendosi scrupolosamente alla consegna analitica, che a volte si rende necessaria, di interrompere, per un breve periodo, i contatti telefonici o epistolari con i familiari.
Contemporaneamente la moglie dell’analizzato aveva provato delle strane sensazioni angosciose che qualcosa stesse accadendo all’anziana nonna. In concreto temeva che fosse in imminente pericolo di vita; la signora telefonò ad alcuni parenti che la rassicurarono, ma nonostante ciò, continuò ad essere turbata da angosciose sensazioni di pericolo.
L’indomani l’analizzato trascorse una notte di grande sofferenza, passata praticamente insonne per l’insorgenza di un’affezione dolorosissima: un dolore intollerabile, che interessava tutto il lato destro del corpo, dalla spalla alla punta del piede, talmente forte da fargli esprimere il timore di rimanere vittima di un infarto.
La stessa notte la moglie fa un sogno angoscioso del quale ricorda solo una spiacevole marcata sensazione: una mano estranea posata sulla sua spalla che all’improvviso si rilascia.
Dopo la notte insonne, visibilmente provato, l’analizzato si reca a comprare delle aspirine benché il dolore sia inspiegabilmente quasi del tutto scomparso. Appena usciti dalla farmacia la moglie, di solito scevra da lapsus o sbadataggini, lascia cadere le chiavi della macchina.
Qui occorre fare una precisazione che sembrerà pittoresca: l’analizzato mi riferisce che le chiavi dell’automobile, contenute in un portachiavi di pelle color bordeaux, vengono letteralmente risucchiate da un tombino stradale. La situazione è talmente inusuale, che l’analizzato pensa che “qualcuno” voglia avvertirlo che esiste un pericolo connesso all’automobile. Dopo non pochi sforzi comunque riesce a recuperare il portachiavi che, essendo totalmente ricoperto di melma, viene lavato. Essendo stato evidentemente tinto, il portachiavi inizia a stillare gocce del tutto sovrapponibili nell’aspetto a sangue: la pelle del portachiavi è grondante di sangue.
L’indomani, il padre dell’analizzato rimane vittima di un incidente stradale da cui riporta una estesa ferita lacero-contusa alla volta cranica che richiederà l’applicazione di sessantacinque punti di sutura e varie ferite soprattutto a carico del lato destro del corpo. L’unico particolare che l’anziano signore ricorda prima dell’impatto è la visione di un globo di luce che lui riferisce ad un fenomeno di abbagliamento. Nei confusi ricordi dell’immediato dopo trauma ricorda solo di aver manifestato più volte ai soccorritori il timore che la macchina si incendiasse per la fuoriuscita del carburante. Fumatore incallito, aveva smesso di fumare una settimana prima dell’incidente.
La stessa notte la sorella del padre dell’analizzato fa un sogno angoscioso in cui avverte una mano, staccata dal corpo, posata sulla spalla destra che la guida; come si vede un contenuto manifesto quasi del tutto sovrapponibile a quello della moglie dell’analizzato che si trova a più di mille chilometri di distanza. Il risveglio, per entrambe, si associa al distacco angoscioso del contatto della mano.

Nessuno meglio di me, che viene dagli studi universitari di medicina, fondati su un rigido razionalismo meccanicistico, può comprendere l’automatico scetticismo che si desta venendo a conoscenza di simili accadimenti: ma ripeto che i casi che vi ho descritto sono solo i più eclatanti e provengono da fonti sulle quali non posso nutrire il benché minimo dubbio.
Se originariamente il mio intendimento era quello di esporre le conoscenze della microfisica che permettono di avere un conforto nell’ammettere l’esistenza di trasmissioni di informazioni a distanza, la rilettura reiterata delle opere di Freud, che conduco periodicamente, mi ha consentito di restare in un campo più classico, forse più semplice.
Perché è sufficiente la condivisione profonda di alcune delle nozioni base della Psicoanalisi per accettare l’esistenza di tale fenomenologia e darle la dignità di oggetto di ricerca e sperimentazione.

Quali sono dunque i concetti freudiani che ci consentono di accettare l’esistenza dei fenomeni telepatici?
Innanzitutto la definizione di processo primario data dal Maestro.
In secondo luogo il meccanismo efficiente dell’inconscio definito come identificazione.
Per brevità ci occuperemo solo del processo primario.

Scrive Freud
“I processi nell’inconscio o nell’Es obbediscono a leggi diverse che i processi nell’Io preconscio. Queste leggi nella loro totalità le chiamiamo processo primario, in contrapposto al processo secondario, che regola i decorsi nel preconscio, nell’Io”. 
E ancora: “Abbiamo appreso come i processi psichici inconsci sono di per sé “fuori del tempo”. Ciò significa innanzitutto che non sono cronologicamente ordinati, che il tempo non li altera e che la concezione del tempo non può essere loro applicata”.

L’inconscio freudiano è per definizione aspaziale e atemporale: è per questa ragione per esempio che possono convivere nella mente di un individuo percezioni e sentimenti di sé assolutamente incompatibili dal punto di vista del processo secondario: tanto per fare l’esempio più semplice la stessa persona può viversi come dotata di fallo ed avere al tempo stesso dei potenti vissuti di castrazione.
L’assenza degli operatori logici e di spazio-tempo spiegano inoltre l’apparente assurdità del sogno, il suo aspetto surreale. Nel sogno i luoghi, le epoche, le fogge, gli usi, spesso anche la lingua si mescolano in un calderone caotico in cui coesistono i contrari, l’indeterminato ed il concreto, le contraddizioni e le impossibilità.

Ora tutti sappiamo come sia il sogno l’attività psichica privilegiata per lo studio dell’inconscio. E qui bisognerà fare una precisazione: l’inconscio è inconoscibile per definizione: si situa in un altro livello di realtà rispetto al nostro mondo psicomateriale, dopo il superamento del setaccio deformante delle censure.
Freud nel Compendio di Psicoanalisi afferma tra l’altro: “1) La memoria del sogno è molto più vasta della memoria dello stato vigile. Il sogno porta ricordi dimenticati da colui che sogna, ricordi che nello stato di veglia gli erano inaccessibili.[ricordate il sogno di Kékulé?] 2) Il sogno fa un uso illimitato di simboli linguistici il cui significato è per lo più sconosciuto a colui che sogna. Noi però possiamo confermare il loro significato con la nostra esperienza – e infine – …il sogno porta in primo piano – fate attenzione! – contenuti che non possono derivare né dalla vita matura né dall’infanzia dimenticata di colui che sogna. Siamo costretti a considerarli come una parte dell’eredità arcaica che il bambino influenzato dall’esperienza degli avi porta con sé al mondo prima di ogni esperienza”. 

Come si vede un’apertura sconfinata alle infinite potenzialità del sogno: lo studio del sogno ci collega direttamente con l’infinito dell’inconscio e l’infinito del vuoto. Ci fa cogliere il processo primario, l’energia libera che si sposta e si condensa senza limiti, l’assenza di spazio, di tempo e di logica, la coesistenza dei contrari, la complessità dell’istantaneità. Ciò significa, dunque che il sogno stesso è infinito, che il suo studio è infinito, come quello dell’inconscio, come quello dell’universo.

In modo creativo i sogni mettono in scena ogni notte il teatro della nostra vita: servendosi di immagini senza tempo assicurano la conservazione e la continuità della nostra storia, le fonti della nostra individualità, la strada che dal passato conduce al futuro.
Con la terribile efficacia del grandissimo Poeta Fernando Pessoa concluderemo dicendo:

Solo i Sogni
sono sempre quello che sono.
È il lato di noi in cui nasciamo
e in cui siamo sempre
naturali e nostri

Written by: Quirino Zangrilli © Copyright

Go to the English version!

Parole chiave

sogno
informatizzazione dello psichico
telepatia
creatività

Riassunto

Il sogno come meccanismo di informatizzazione della psiche. Sogno e creatività. Sogno e Telepatia.