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Un po’ di storia

Una delle maggiori difficoltà che incontrano i professionisti che praticano la psicoanalisi consiste nel fatto che le verifiche di seduta sono difficilmente comunicabili e verificabili al di fuori del setting: ciò ha concorso a strutturare nella mente di molte persone, anche di scienziati che dovrebbero utilizzare la verifica del dato osservabile come prassi, l’errata convinzione che la psicoanalisi non sia scientifica (vedi l’articolo di Nicola Peluffo “Psicoanalisi e Scienza” comparso sulle pagine di questa Rivista) 1 .
Eppure ogni giorno in migliaia di laboratori diversi in tutto il mondo (gli studi dei professionisti), persone di differenti nazionalità e cultura toccano gli stessi temi associativi e descrivono gli stessi nuclei conflittuali universali: l’Edipo-castrazione, l’angoscia di morte, la gestione conflittuale dei desideri sessuali ed aggressivi. L’osservazione reiterata delle stesse dinamiche ha portato all’individuazione di meccanismi ripetitivi di organizzazione del dinamismo psichico che hanno assunto per gli studiosi di tali fenomeni non più lo statuto di mere ipotesi, bensì di leggi.
Nessuno psicoanalista al mondo credo oserebbe mettere in dubbio l’esistenza dell’Edipo o delle fasi di fissazione della libido.
Le difficoltà nascono quando qualche scienziato utilizza strumenti di osservazione che altri (ancora) non posseggono: ne sapeva qualcosa Galileo, i coniugi Curie e tanti altri precursori.
Negli anni 50 uno psicoanalista freudiano, Silvio Fanti, ebbe l’intuizione di allungare il tempo della seduta di psicoanalisi, portandola dai canonici 50-60 minuti alle 3-4 ore consecutive, nell’ottica di adeguare il tempo di osservazione dei fenomeni al ritmo di scioglimento delle resistenze: mise a punto una nuova tecnica, la micropsicoanalisi, che viene attualmente praticata da qualche centinaio di professionisti nel mondo.
Ben presto i micropsicoanalisti si trovarono a confrontarsi con la produzione, da parte di tutti i loro analizzati, di un materiale associativo inusuale: numerose ore di analisi venivano dedicate alla descrizione di profonde dinamiche sessuo-aggressive temporalmente collocate dai pazienti in un periodo assolutamente arcaico: il periodo intrauterino.
Molti analizzati in micropsicoanalisi descrivevano con angoscia l’esistenza di vissuti di minaccia-annientamento provenienti dal polo materno e di speculari desideri di distruzione-assimilazione provenienti dal polo fetale.
La reiterata osservazione del fenomeno spinse Fanti a teorizzare l’esistenza di una fase precoce di organizzazione libidica (sessualità ed aggressività) che egli definì “Stadio iniziatico” e l’esistenza di uno scambio psicosomatico aggressivo madre-feto che definì “Guerra uterina”: tali ipotesi vennero pubblicate nel volume “L’Homme en micropsychanalyse” pubblicato nel 1981. 2
Ma già in precedenza In Italia Nicola Peluffo, allora docente di psicologia sociale all’Università di Torino, ancor prima di incontrare Silvio Fanti aveva iniziato a praticare sedute lunghe e, sotto la spinta dell’inusuale materiale osservato, aveva concentrato le sue ricerche su questi argomenti e le aveva formalizzate, nel lontano 1976, nel suo libro “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione” 3 .
Non ci sarebbe bisogno di dire che contro le tesi dei due autori si scatenò una reazione forsennata da parte di alcuni settori del mondo accademico, soprattutto quelli permeati di cultura cattolica che non potevano accettare la messa in discussione della favola del Nirvana uterino e del dono amorevole della vita. Nel 1989 assistetti personalmente ad un doloroso episodio che mi fece capire come l’ignoranza ed il pregiudizio regnino in alcune prebende dell’Università italiana. Avevo seguito la tesi di laurea di una laureanda della facoltà di psicologia dell’Università “La Sapienza” (sic!) di Roma ed Ella, affascinata dalle nuove tesi micropsicoanalitiche, aveva dedicato un intero capitolo all’esistenza della “guerra uterina”: ancora risuonano nelle mie orecchie gli sguaiati sghignazzi che i cosiddetti “cattedratici” (tra i nomi più altisonanti della Psicologia italiana) le rivolsero.
Per fortuna il tempo è galantuomo come vedremo nei prossimi capitoli.

La guerra uterina

guerra uterinaIn “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione” 4 , dato alle stampe nel 1976, Peluffo esponeva dunque il frutto delle sue ricerche iniziate nel 1972, e riportava la letteratura biologica dell’epoca tra cui il lavoro di Alan E. Beer e R. E. Billingham che in un articolo intitolato: “L’embrione come trapianto” cercavano di dimostrare come il feto possa essere considerato come un allotrapianto (aggressivo) in tutti gli stadi della sua esistenza:
…Il concepimento – scrivono i due autori – comincia normalmente con l’inoculazione dell’ospite femminile da parte di spermatozoi provenienti da un donatore maschile, geneticamente non affine. È stato dimostrato che queste cellule specializzate portano antigeni da trapianto e quindi hanno il potere di scatenare una risposta…”. 5
Peluffo sottolineava come l’unità somatopsichica materna in fondo si comporta verso la reazione provocata in lei stessa dall’antigene-embrione come verso una qualsiasi malattia per la quale il sistema immunitario materno fornisce al figlio le difese. Cioè “…reagisca contro gli effetti eventuali della propria reazione immunitaria nei confronti dell’innesto-figlio, stimolata dal figlio che a sua volta vivrebbe la madre come un invasore.” 6
Beer e Billingham giunsero alla conclusione che l’utero non possa essere considerato una sede privilegiata per un trapianto di un modello di embrione ed ipotizzarono che la risposta immunitaria materna venga bloccata o annullata da qualche meccanismo associato con il feto. Oltre trenta anni di ricerche e sperimentazioni hanno confermato le loro ipotesi: come ricordano Zoltan Fehervari e Shimon Sakaguchi in un recentissimo lavoro dedicato ai linfociti T regolatori (T reg)7 : “Le ricerche indicano anche un ruolo protettivo dei T reg durante la gravidanza. Ogni gravidanza è inevitabilmente una sfida alle difese immunitarie della madre. Poiché il feto eredita metà dei geni dal padre, per metà è geneticamente distinto dalla madre, e rappresenta, in sostanza, un trapianto d’organo. AIl’interno del trofoblasto, il tessuto placentare che attacca il feto alla parete uterina, una serie di meccanismi assicura al feto una certa protezione da quello che, altrimenti, sarebbe un rigetto d’organo. II trofoblasto non solo è una barriera fisica contro probabili invasori presenti nel sangue della madre, ma produce anche molecole immunosoppressive.
Anche il sistema immunitario della madre subisce qualche modifica…Una conferma più diretta viene da alcuni recenti esperimenti condotti all’Università di Cambridge, dove Alexander Betz e colleghi hanno dimostrato che nei topi, durante la gravidanza aumenta il numero di linfociti T regolatori nella madre. Al contrario, provocare l’assenza di T reg porta a un rigetto del feto caratterizzato da una massiccia infiltrazione di cellule immunitarie attraverso i confini madre-feto. Si è tentati di ipotizzare che la scarsa attività dei linfociti T regolatori potrebbe essere causa dell’aborto spontaneo ricorrente in alcune donne”.
Nicola Peluffo affermava in quel pionieristico lavoro che, a livello di elaborazione psichica, lo stato di disequilibrio somatopsichico costituito dalla gestazione, indurrebbe nella madre la comparsa di un vissuto onirico e fantasmatico di invasione batterica, che altro non è se non la rappresentazione psichica di un processo somatico: la reazione immunitaria. Inoltre nell’involucro costituito dall’unità materno-fetale, vi sarebbe un incontro, un dialogo, una interazione, tra i vissuti psichici della madre, inconsci, preconsci e consci, che vengono a costituire dei fantasmi-stimolo che evocano, nel nascituro, l’insorgenza di fantasmi-risposta, presenti nella loro potenzialità ereditaria. Tale dinamica psichica, spesso contraddistinta dallo strutturarsi di fantasmi di invasione o di fagocitamento reciproco, prenderebbe il posto della risposta somatica di rigetto, il conflitto si sposterebbe sul piano dell’elaborazione psichica, lasciando libero il campo somatico.
Successivamente Silvio Fanti riprese l’argomento e nel suo libro “La micropsicoanalisi” (1981) a proposito della guerra uterina scrisse: “La madre sfugge di misura all’esplosione cellulare del suo derivato uterino che se la cava solo schivando o incassando i colpi psicobiologici che ella gli infligge”. 8
Come si vede una tesi che non lascia spazio a mediazioni. Per Fanti il periodo uterino, lungi dall’essere quel periodo di ovattata tranquillità che in passato si era supposto, è il teatro di un conflitto psico-biologico che lascerà importanti sequele per l’intera vita dell’individuo.

Dobbiamo schematicamente tener presente che:

– Dal punto di vista immunologico l’embrione è un allotrapianto fin dai primi tentativi di annidamento.
– Gli stimoli biochimici provenienti dal materiale paterno e poi parentale eccitano incessantemente il sistema immunitario materno che contrattacca colpo su colpo sintetizzando anticorpi che si fissano sul trofoblasta di cui favoriscono prima la lisi e poi la fagocitosi.
– Anche se si sviluppa una certa tolleranza psicobiologica tra i due poli della vicenda uterina (soprattutto tramite l’azione dei T reg) questa rimane assai precaria, come ad esempio testimoniano le violente reazioni psico-somatiche dell’iperemesi gravidica, un tentativo di eliminazione-rigetto del prodotto del concepimento 9.
– Questo reciproco scambio di colpi somato-psichici costituisce il primo tirocinio sessuo-aggressivo del futuro individuo e fissa le direttrici su cui si svilupperà la vita futura. 10

Le conferme dalla Biologia evoluzionista

Anche per il biologo evoluzionista di Harvard, David Haig, la gravidanza è un processo che non si svolge in perfetta armonia. Haig sostiene, confermando dunque le osservazioni fatte sul versante psichico dai micropsicoanalisti, che madre e feto ingaggiano una lotta inconscia per il nutrimento e per la reciproca sopravvivenza. Ed anche per Haig il conflitto può continuare anche dopo la nascita ed influenzare la vita futura, spiegando disordini psicologici come depressione e autismo. 

In un lavoro del 1995 11 Haig sembra usare la stessa terminologia che per decenni i micropsicoanalisti hanno utilizzato sollevando ondate di critiche e di incomprensioni.
Haig ricorda come la più intima delle relazioni possibili sia quella tra la madre ed il feto.
embrioneQuest’ultimo riceve il nutrimento dal sangue materno, divide ogni respiro che sua madre fa, qualsiasi cosa ella mangi e si serve delle riserve materne di grasso quando il cibo scarseggia. Ma Haig si chiede se l’idea di una armoniosa coabitazione non sia che un’illusione e formula la domanda: “…is the fetus an alien intruder, a parasite that takes what it can without concern for its maternal host?“.
Haig, come già Peluffo e poi Fanti avevano sottolineato nei loro lavori, ci ricorda che, contrariamente a quanto avviene in altri mammiferi, la placenta umana è invasiva: l’embrione, fin dal suo primo impianto, invia proprie gittate cellulari nel tessuto uterino che distruggono l’endometrio materno ed aprono delle vere e proprie bocche di pompaggio nei vasi materni: “The result is that the fetus has direct access to its mother’s blood, and the mother, unable to constrict the vessels”. Non solo, il feto, avendo accesso diretto nel sistema vascolare materno, può immettere nell’organismo materno una serie di sostanze strategicamente importanti ai fini della sua sopravvivenza. 12 .
A volte , ricorda Haig, la placenta può avere un apporto inadeguato di sangue materno: un modo per la placenta di ottenere un incremento dell’apporto ematico e dunque delle sostanze vitali è quello di determinare un aumento della pressione sanguigna materna, evenienza che si determina nella preeclampsia. Secondo le ipotesi di Haig, questa non sarebbe un’evenienza casuale, bensì il risultato di una strategia fetale finalizzata ad ottenere un aumentato afflusso di sangue negli spazi intervillari da cui il feto trae nutrimento. Ananth Karumanchi e coll. 13  hanno confermato l’ipotesi: nelle donne affette da pre-eclampsia c’è un livello insolitamente elevato di una proteina, la sFlt1, prodotta dal feto stesso.
Haig ci ricorda ancora che alcuni ormoni secreti dal polo fetale placentare tra cui la gonadotropina corionica (hCG) e l’ormone lattogeno placentare (hPL) possono interferire efficacemente con la fisiologia materna ai fini egoistici dell’accrescimento fetale. 14   Per esempio l’ hPL si ritiene agire direttamente sui recettori materni per la prolattina incrementando la resistenza all’azione ipoglicemizzante dell’insulina. Se la madre non riesce ad opporsi a tali segnali ormonali fetali (soprattutto i soggetti diabetici) si manterranno alti livelli ematici di glucosio per periodi protratti dopo i pasti.
Le argomentazioni scientifiche introdotte da Haig sono un patrimonio che chiunque sia interessato allo psichismo fetale dovrebbe tenere in debita considerazione. Raccomando al lettore che voglia approfondire ulteriormente lo studio della materia la lettura attenta della imponente bibliografia dell’Autore tra cui ho selezionato i lavori al piè del presente articolo. 15

La guerra uterina e le sue conseguenze nello psichismo umano

Che l’epopea uterina non fosse il nirvana di cui per lungo tempo si è parlato per chiunque conducesse un trattamento psicoanalitico intensivo e profondo era evidenza incontestabile. In ogni micropsicoanalisi un lungo periodo di sedute è occupato dal rivissuto del materiale relativo allo stadio iniziatico. E qui è necessario fare una precisazione: noi micropsicoanalisti non pensiamo che l’essere umano possa immagazzinare tout court i “ricordi” delle esperienze traumatiche intrauterine così come esse vengono vissute dal feto. Il fatto è che molto probabilmente ad essere immagazzinati nello psichismo sono sensazioni protomentali di disagio, dolore, angoscia ed i relativi riflessi di risposta motoria, ormonale, comportamentale del feto. 16
Sono queste tracce mnestiche elementari che vengono immagazzinate nello psichismo e che, come dei binari, tenderanno ad essere ripercorse e rinforzate fino al momento in cui, magari tornando ad essere rappresentate in un sogno d’angoscia, acquisiranno una forma intellegibile e verranno ad essere ricostruite nell’immaginario psichico dell’adulto, con le modalità di rappresentazione mentale che gli sono proprie.
Dunque quando ascoltiamo l’adulto descrivere dettagliatamente le sensazioni che egli asserisce aver esperimentato in utero sappiamo che queste sono ricostruzioni: ciò che è fondamentale è che queste rappresentazioni possano vincolare accumuli angosciosi rimossi precedentemente non neutralizzabili.

Un caso clinico emblematico

Trattasi di una donna portatrice di una sindrome border-line caratterizzata da un terreno permeato da narcisismo primario. La signora ha una spiccata tendenza alla somatizzazione ed è diabetica.
L’analizzata ha sposato un mio paziente che, tramite l’analisi era riuscito a superare una posizione di grave difesa paranoica con un delirio erotomaniaco ben strutturato. Liquidata la difesa delirante l’uomo aveva incontrato la sua compagna e a distanza di sette anni dal loro incontro la vicenda coniugale si era dischiusa in una gravidanza. La donna aveva vissuto la gestazione in una posizione difensiva di totale scissione: il suo corpo gestava un nuovo essere ma la sua mente si rifiutava di prenderne coscienza.
Nel primo giorno di vita il neonato andò incontro ad una gravissima crisi di insufficienza respiratoria, venne intubato, rimanendo per 40 giorni in terapia intensiva neonatale. I sanitari non hanno potuto mai accertare le cause che hanno determinato il precipitare della situazione. A distanza di 4 anni incontrai la giovane famiglia causalmente in un grande magazzino e lì mi resi immediatamente conto che il bambino aveva delle stigmate autistiche e travalicando le difese della coppia consigliai ardentemente ai genitori di far vedere il bambino da specialisti dell’infanzia. Il mio sospetto diagnostico venne purtroppo sostanzialmente confermato e comunque il bambino cominciò ad essere adeguatamente curato. La giovane donna cominciò una micropsicoanalisi, facendo un ottimo lavoro che le permise di liberarsi dai suoi demoni psichici. Un’analisi durissima, contraddistinta da interminabili silenzi, in cui l’analizzata rimaneva completamente immobile, annichilita da una sensazione spaventosa di annientamento.
Ecco un esempio del materiale raccolto nei rari momenti in cui riusciva a rompere il suo guscio narcisistico e a verbalizzare le sue emozioni:

[Piange agitatissima] “Ho sentito qualcosa uscire da qua, come se mi stessi spaccando a metà, come un tronco che si apre. Oddiooo! [urla]
Sono una cosa molle dentro e non riesco a parlare. Ho qualcosa in bocca! Non esce, non entra, ho la bocca piena e sto ferma, ferma. Penso di essermi rivissuta feto! Una cosa orribile! Sa quando sto qua e non parlo? Non sento niente e sto zitta? Ieri sera avevo il cuore in gola: una paura assolutamente bestiale. Stavo sul letto, mi sono sentita spostare ed ho avvertito una paura tremenda! Una sensazione di fine imminente.
E’ come se la mia guerra fosse iniziata da quel momento! Devo far scontare a tutti quello che stavo provando. E’ iniziata una guerra con tutto quello che stava fuori! Io sento solo odio! Dove sta il bene? Io non lo ricordo. Io sento solo odio! Mi sento distrutta, come se fossero passati cento anni in un’ora. Oddio, che sensazione brutta, adesso! Non mi sento io! Non sento più il tempo! 
[nuova scarica emozionale, poi, dopo dieci minuti di silenzio:] Ora sento la mia voce meno cattiva. Vorrei abbracciarla. Io i sentimenti positivi li ho provati solo qua. Da un po’ di giorni mi sento diversa, sento che ricevo le cose. Per la prima volta nella mia vita mi entrano dentro, mi sento morbida. Che sensazione di calore, di scioglimento! Come mi sento bene! Vorrei stare sempre così! Abbraccerei tutti, adesso!

In un’altra seduta:

“Io sto proprio attaccata a me. Penso in continuazione solo a me, esisto solo io.
… mi gira tutto… sono come divorata da una cosa grandissima… devo stare attenta perché c’è una cosa che può spegnermi improvvisamente… ho paura e devo stare attenta, ferma, immobile, devo sparire [estrema angoscia di morte] Vivo così, con questa paura, e non c’è niente che mi possa aiutare. Mi sono sentita un cerchio, una palla piccolissima con qualcosa che pulsa, pulsa, pulsa. E’ tutto vuoto attorno, mi sento cadere ed ho paura… non ho più il mio corpo… sono in un mare in tempesta dentro un’acqua agitata, schiumosa… mi infilo in una piaga o una piega ed io ci sto dentro, tipo un muscolo di una bestia… sto dentro una fessura, una piega… ho fatto una lotta per non morire… una guerra, una battaglia. Una volta al mare sul pattino ho cominciato ad avere una paura pazzesca: pensavo che l’acqua si alzasse e mi mangiasse. Il diabete mi è venuto in quel momento! Vi ho depositato tutta la paura! L’ho messa tutta là! [dopo una tempestosa scarica emozionale:]
Mi sento molto molto meglio. Sono stanca ma felice. Dottore andiamo a festeggiare: io mi sento rinata. Mi sento stravolta adesso, come se avessi fatto a botte.

Questo caso, che contiene un materiale assolutamente sovrapponibile a quello di ogni analizzato che compia una micropsicoanalisi in profondità consente di fare delle riflessioni ulteriori. La giovane donna che esprime le sue angosce in modo così chiaro è una diabetica. Si cura dall’infanzia ma decide di affrontare comunque i rischi di una gravidanza.
La sua analisi è caratterizzata da un marcatissimo conflitto con una madre idealizzata e soffocante, una simbiosi inestricabile che mette in corto-circuito l’aggressività edipica.
Gli ultimi mesi della gravidanza sono difficili. Negli ulltimi giorni la gravidanza si complica in una gestosi gravidica: durante il travaglio, che annuncia un parto distocico, la paziente scivola in pre-eclampsia, i valori pressori si fanno minacciosi, ed alla signora viene praticata l’anestesia ed il parto cesareo. Il distacco fisico tra madre e neonato avviene dunque in stato di incoscienza. Il figlio nasce apparentemente normale ma l’indomani le sue condizioni inspiegabilmente precipitano e viene intubato. Lei lo ignora mentalmente, in preda ad un odio inconscio potentissimo che solo l’analisi riuscirà ad estinguere. Solo durante il lavoro analitico farà un sogno in cui partorirà (mentalmente) suo figlio e si renderà conto davvero della sua esistenza:

Ho fatto un sogno l’altra notte che mi ha cambiato la vita: Ho sognato di aver partorito mio figlio.
Finalmente so di averlo partorito e che lui esiste. Ora sono cosciente di aver avuto un figlio e lui in questi giorni è come cresciuto! E’ una cosa bellissima! L’altra sera abbiamo comunicato! Mi sembra la svolta di tutto quello che stavo cercando! E’ successo questo ed è come se mancassero degli spazi vuoti: è una cosa che riempie, riempie. Bellissimo! Ora le cose riprendono forma e mi sono resa conto che di certe cose io non ne faccio più parte! E’ commovente questa cosa. Mio marito è stato male ed io mi sono stupita di me! Sono stata amorevole.
Poi non ho parlato tanto con mia sorella come in questo periodo.
E’ bellissimo avere un figlio: me lo sento dentro, me lo sento fuori. Ho riconosciuto che esiste un’altra persona! Mi sento come se si fosse sciolto qualcosa, come avessi avuto un pupazzo di ghiaccio dentro che ora si è sciolto ed ora rimane questo calore, questa pienezza! E mi viene da piangere, perché mi sento così viva! Ecco, la felicità credo che sia una cosa così!

Cosa può essere successo durante l’epopea uterina di questi due esseri umani legati indissolubilmente nella simbiosi materno-fetale?
Probabilmente la madre non era riuscita ad opporsi agli egoistici stimoli ormonali fetali (un soggetto diabetico è già in condizioni critiche) e il suo organismo deve aver registrato questa minaccia potenzialmente mortale: mentre avrà messo in atto contromisure chimico-umorali per proteggersi dall’aggressore 17 avrà registrato la presenza dell’Altro come un nemico persecutore mortale, strutturando, inevitabilmente, e senza alcuna responsabilità morale, un odio difensivo e desideri di aggressione-espulsione-liquefazione dell’alieno.
Quel feto è stato dunque gestato in un involucro di odio difensivo, il suo meccanismo di difesa protomentale consisterà nel rinforzo della chiusura narcisistica: di qui lo strutturarsi dei nuclei autistici.
E’ ovvio che perché tutto questo si verifichi ci si debba trovare in presenza di un terreno filogenetico, sia del ramo materno che di quello paterno, predisposto al narcisismo.
Noi, ovviamente non escludiamo ipotesi tossiche, genetiche o epigenetiche per lo strutturarsi delle sindromi autistiche ma, dato che assumiamo una visione olistica ed è per noi inconcepibile separare il soma dalla psiche ci occupiamo anche delle determinanti psicogene dei disturbi mentali.

Persone di diverso livello di cultura parlano delle proprie angosce di annientamento in utero magari in modi differenti ma tutte esprimono con intensa angoscia la sensazione di essere minacciati dall’organismo che li contiene e la parallela aggressività cannibalica che si è attivata in quelle arcaiche fasi di sviluppo. Voglio precisare che se pur la definizione “guerra uterina” colpisce efficacemente l’immaginario collettivo ed è dunque destinata ad affermarsi, essa ha il difetto di attribuire un connotato morale all’evento: si tratta, invece, di strategie neutre di sopravvivenza del genoma che lotta per la sua autoaffermazione.
Comunque sia, liberare le persone da queste emozioni traumatiche ha una grande risonanza terapeutica. Come si augurava Kandel, almeno in questo caso, psicoanalisi e scienze biologiche si sono incontrate, dando al riscontro clinico della guerra uterina l’evidenza del fatto. Si aprono affascinanti orizzonti di studio che possono essere percorsi solo con l’abbandono del pregiudizio.

Written by: Quirino Zangrilli © Copyright

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Riassunto

Fin dal 1972, appoggiandosi alla letteratura biologica dell’epoca, l’italiano Nicola Peluffo aveva teorizzato l’esistenza di una complessa interazione conflittuale tra madre e feto. Nel 1981 Silvio Fanti denominerà queste dinamiche “guerra uterina”. In ogni micropsicoanalisi vengono rilevate profonde angosce e conflitti che gli analizzati situano nel periodo protomentale uterino della loro esistenza. Gli studi di David Haig confermano l’esistenza di questo conflitto psicobiologico.

Parole chiave

Feto
Gravidanza
Guerra uterina
Stadio iniziatico
preeclampsia
autismo
imprinting genomico

Summary

Since 1972 basing his theory on biological literature of the time, italian N. Peluffo has asserted the existance of a complex conflictual interaction between mother and foetus. In 1981 S. Fanti has called such dinamics “intrauterine war”. In each micropsychoanalysis are realized deep anxiety and conflict that the patients date back to the uterine protomental period of their life. David Haig’s studies confirm the existence of this conflict.

Key words

Foetus
Pregnancy
Intrauterine war
Initiatory stage
Pre-eclampsia
Autism
Genomic imprintig

Note:

1 Nicola Peluffo, Psicoanalisi e scienza, in Scienza e Psicoanalisi, 2000. 
2 Silvio Fanti, L’Homme en micropsychanalyse, Denoel, Parigi, 1981. 
3 Nicola Peluffo, Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione, Books’ Store, Torino, 1976. 
4 Nicola Peluffo, Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione, Books’ Store, Torino, 1976. 
5 Beer A. E. e Billingham R.E., L’embrione come trapianto, in Le Scienze, n. 7, Milano 1974. 
6 Nicola Peluffo, Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione, Books’ Store, Torino, 1976. 
7 Zoltan Fehervari e Shimon Sakaguchi, I peacekeeper del sistema immunitario, Le Scienze, dicembre 2006. 
8 Silvio Fanti, La micropsicoanalisi, Borla, Roma,1984 (prima pubblicazione Denoel, Parigi, 1981). 
9 E’ qui interessante notare la corrispondenza tra fantasie di ingravidamento orale (assolutamente costanti!) e il tentativo di eliminazione orale: per il bambino/a e per “il Bimbo” (vedi N. Peluffo, Le manifestazioni del Bimbo nella dinamica transfert-controtransfert, Scienza e Psicoanalisi, 2006) che rimarrà nel suo psichismo, il feto è nella pancia (cloaca). Se lo si vuole eliminare lo si può solo vomitare o defecare, o espellere con l’urina. 
10 Un esempio eclatante delle conseguenze del conflitto psicosomatico uterino l’ho esposto nel mio lavoro: “La strutturazione dell’idea delirante” apparso sul n° 2 del Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, Primo semestre 1986. Ne consiglio la lettura soprattutto a coloro che credono che la psicoanalisi non abbia valenze terapeutiche. 
11 Haig, D. (1995) Prenatal power plays. Natural History 104(12): 39. 
12 Sappiamo che la spinta alle produzioni letterarie deve avere necessariamente un aggancio con contenuti reali: fantastici per il conscio, ma assolutamente reali per l’inconscio. E’ da qui che nasce l’attrazione per queste opere: ad esempio la saga fantascientifica di “Alien” trae la sua forza dalle reminiscenze intrauterine degli spettatori. 
13 Excess placental soluble fms-like tyrosine kinase 1 (sFlt1) may contribute to endothelial dysfunction, hypertension, and proteinuria in preeclampsia, Sharon E.e coll, Maynard American Society for Clinical Investigation, 111:649-658, 2003. 
14 David Haig, Genetic conflicts in human pregnancy, the quarterly review of biology, volume 68, no. 4, december 1993. 
15 – Wilkins, J. F. & Haig, D. (2003) What good is genomic imprinting: the function of parent-specific gene expression. Nature Reviews Genetics 4: 359-368.
– Wilkins, J. F. & Haig, D. (2003) Inbreeding, maternal care, and genomic imprinting. Journal of Theoretical Biology 221: 559-564.
– Haig, D. (2000) Genomic imprinting, sex-biased dispersal, and social behavior. In Evolutionary Perspectives on Human Reproductive Behavior, D. LeCroy and P. Moller (eds.) Annals of the New York Academy of Sciences907: 149-163.
– Haig, D. (1996) Placental hormones, genomic imprinting, and maternal—fetal communication. Journal of Evolutionary Biology 9: 357-380.
– Haig, D. (1996) Altercation of generations: genetic conflicts of pregnancy. American Journal of Reproductive Immunology 35: 226-232.
– Haig, D. (1993) Genetic conflicts in human pregnancy. Quarterly Review of Biology 68: 495-532.
– Haig, D. (1992) Intragenomic conflict and the evolution of eusociality. Journal of Theoretical Biology 156: 401-403.
– Haig, D. (1992) Genomic imprinting and the theory of parent-offspring conflict. Seminars in Developmental Biology 3: 153-160.
– Haig, D. & Grafen, A. (1991) Genetic scrambling as a defence against meiotic drive. Journal of Theoretical Biology 153: 531-558.
– Haig, D. & Graham, C. (1991) Genomic imprinting and the strange case of the insulin-like growth factor-II receptor. Cell 64: 1045-1046.
– Moore, T. & Haig, D. (1991) Genomic imprinting in mammalian development: a parental tug-of-war. Trends in Genetics 7: 45-49.
Le pubblicazioni di David Haig possono essere consultate al seguente link: go! 
16 Credo che i linfociti immagazzinino per sempre la memoria dell’accaduto e che certe forme di malattie autoimmunitarie che esplodono in età adulta possano essere già fissate nella vicenda intrauterina: è ovvio che la mia non è che un’ipotesi, ma se fossi un biologo la prenderei in seria considerazione. 
17 A questo proposito le ipotesi di Haig sull’imprinting genomico sono di enorme interesse. Lo spazio limitato ci impedisce di esporle ma rimando il lettore ai seguenti links:
• Genomic imprinting : a talk with David Haig
• Articoli accademici per David Haig genomic imprinting