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Il sofa di Freud

Con questo contributo vorrei condurvi virtualmente nell’ambiente preposto alla consumazione dei pasti di casa Freud: la sala da pranzo.
Paula Fichtl si sofferma su alcuni particolari di questo luogo: esso era adorno di manufatti all’uncinetto, tovaglie e tende, tutte le poltrone e le sedie erano dotate di coperte di lana, probabilmente a causa dei rigidi inverni viennesi e l’assenza di un’efficiente coibentazione, L’Autrice fa spesso riferimento agli insopportabili spifferi che erano presenti in casa e che rendevano necessari tali accorgimenti.
Ad un osservatore attento non sfuggirebbe scorgere sul davanzale dei vasi di fiori. Numerosi oggetti animavano la vetrina: teiere e bricchi di ottone per un uso quotidiano, coppe da dessert e ninnoli, come un cervo in porcellana ed una cicogna in vetro. Dietro il divano venne posto un ritratto di Freud, mentre le foto di tutti gli altri componenti della famiglia furono ordinate all’interno di una cornice. Strumento innovativo per l’epoca, il telefono, venne sistemato su di un tavolino tra il divano e la finestra. Il Maestro non mostrò un grande interesse per l’apparecchio perché preferiva al contrario guardare i suoi interlocutori negli occhi.
Il pasto veniva servito abitualmente da Paula e Mizzi alle ore tredici: non era certamente una tavolata molto animata, se non dalle donne presenti, perché Freud era solitamente taciturno. Non per questo gli sfuggivano le assenze e, indicandone il posto, ne chiedeva spiegazione.
Freud a tavolaPer Freud i pasti erano molto impegnativi a causa delle difficoltà che la protesi gli procurava durante la masticazione e resi spesso fastidiosi anche dall’insorgenza di dolori allo stomaco.
Per tutte queste ragioni, quando non saltava il pasto, si alimentava prevalentemente di minestre e d’estate si concedeva dei gustosi gelati. Nonostante ciò Martha Freud era molto scrupolosa in cucina e pretendeva che tutto fosse curato nei minimi dettagli. La signora aveva l’accortezza di scrivere su di un quaderno tutte le ricette che riusciva a raccogliere, riportando anche quelle che Paula carpiva in casa della contessa Blome.
Terminati i pasti, Freud aveva l’abitudine di recarsi nel suo studio a riposare, mentre Paula accudiva e coccolava i suoi amati cani cedendogli gli avanzi tra il disappunto di Martha. I cani, che accompagnarono il Maestro durante la sua vita, avevano preso l’abitudine di accucciarsi ai suoi piedi durante le sedute.
C’erano poi i pranzi organizzati nelle grandi occasioni: quello domenicale vedeva tutti i suoi figli riuniti intorno al desco. Sporadicamente vi si recava da Amburgo anche il marito di Sophie, la figlia prediletta di Freud che morirà nel 1920 per una malattia. Poiché questi era un fotografo professionista, con la complicità di Paula ed il suo aiuto, visto che la donna si occupava di trasportare il treppiedi da una stanza all’altra e sorreggere le lastre, riuscì a fotografare Freud, solitamente poco disponibile a farsi ritrarre.
Concludo soffermandomi sul menù delle festività che prevedeva il tacchino o l’oca anche se la leccornia preferita da Freud era il caviale. Quando ricevette da Anny Katan, in occasione del suo ottantesimo compleanno, una scatoletta da mezza libra di caviale possiamo immaginare quanto poté apprezzare quel dono.

 

© Rossana Ceccarelli

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