Print Friendly, PDF & Email

Negli ultimi quindici anni, lo sviluppo della Teoria delle Stringhe 1 ha portato ad una rivisitazione generale della gravità einsteniana, la Relatività Generale. Tutti i fenomeni fisici accadono, per definizione, nello spazio-tempo. In particolare le forze sono descritte da campi, funzioni definite sullo spazio-tempo. La gravità è una forza molto diversa dalle altre in quanto il campo gravitazionale si identifica con lo spazio-tempo stesso: lo spazio-tempo è quindi dinamico, evolve e si modifica in funzione della distribuzione di massa-energia all’interno di se stesso. Dall’universo fisso di Newton si passa dunque all’ universo dinamico di Einstein.

Ma come unificare l’infinitamente grande, oggetto di studio della Relatività Generale, e l’infinitamente piccolo indagato invece dalla Meccanica Quantistica e formalizzato nel Modello Standard delle Particelle Elementari? Lo scopo che la Teoria delle Stringhe si propone è proprio quello di dare una risposta a tale interrogativo, estendendo e modificando appropriatamente sia la Relatività Generale che la Teoria Quantistica delle Particelle.

L’osservazione fondamentale che ci obbliga a cercare estensioni e modificazioni alle due teorie “fondamentali” sopra citate è che queste, seppur singolarmente confermate con precisione sperimentale, non sono compatibili tra di loro.
Il Modello Standard è, infatti, una teoria di campo quantistica mentre la Relatività Generale è una teoria di campo classica.Data una teoria classica è possibile renderla quantistica mediante un processo matematico chiamato quantizzazione; tuttavia l’esistenza di una teoria classica non assicura l’esistenza di una controparte quantistica. Il processo di quantizzazione è molto delicato: per quantizzare una teoria di campo occorre che tale teoria sia rinormalizzabile2
Il problema della gravità einsteniana sta nella sua non rinormalizzabilità.

Da un punto di vista fisico la rinormalizzabilità è conseguenza del fatto che la teoria in esame sta descrivendo i veri gradi di libertà microscopici e non approssimazioni macroscopiche.
Si pensi ad esempio alla relazione tra Termodinamica e Meccanica Statistica.
La Termodinamica considera grandezze collettive (quali pressione, temperatura, entropia) come se fossero grandezze fondamentali; la Meccanica Statistica, d’altra parte, deriva queste grandezze a partire dai costituenti microscopici che compongono un sistema cosicché, ad esempio, la temperatura di un gas viene a coincidere con l’agitazione termica delle molecole che lo compongono. La Termodinamica non è quantizzabile, la Meccanica Statistica sì. Da ciò impariamo che solo le teorie di costituenti elementari hanno senso a livello quantistico.

Questa analogia è particolarmente utile per quanto riguarda la gravità, in quanto suggerisce che il motivo della sua non-quantizzabilità sia dovuto al fatto che essa non è una teoria di costituenti elementari. E’ cioè possibile che i gradi di libertà gravitazionali (curvatura, energia, spazio-tempo stesso) siano in qualche modo concetti emergenti da una soggiacente dinamica microscopica a tutt’oggi sconosciuta: le osservabili geometriche sarebbero quindi sullo stesso piano di pressione, entropia e temperatura in relazione al gas di particelle: non si vedono le particelle, ma si sa cosa fanno “grossolanamente” nel loro insieme.

Ci sono varie considerazioni teoriche che spingono a pensare che la Relatività Generale non descriva le variabili microscopiche (e quindi quantistiche) della gravità. Una tra le più convincenti è il paradosso della perdita di informazione riguardante i Buchi Neri.
Un Buco Nero è una soluzione delle equazioni di Einstein che descrive una regione di spazio-tempo delimitata da una superficie chiamata Orizzonte degli Eventi. Qualunque cosa, anche la luce, non può uscire dall’orizzonte ed è quindi confinata al suo interno. All’interno dell’orizzonte degli eventi spazio e tempo si scambiano i ruoli, cosicché il centro del Buco Nero, cioè il punto in cui la coordinata radiale si annulla è adesso un punto “in cui il tempo finisce”. In questo punto (chiamato Singolarità) la curvatura spazio-temporale diventa infinita. Questo infinito va preso sul serio: niente di reale può essere infinito in quanto, per definizione, ogni cosa reale deve essere misurabile. Dunque la singolarità è un campanello d’allarme: la Relatività Generale non può essere una teoria completa, ma dovrà essere sostituita da una teoria più complessa, in grado di spiegare cosa succedevicino alla singolarità. Questa teoria viene comunemente invocata col nome di Gravità Quantistica.

Per un osservatore fuori dall’orizzonte un Buco Nero si comporta pressappoco come una stella (senza però essere visibile). Esso genera cioè un intenso campo gravitazionale che attrae gli oggetti nelle vicinanze. Appena uno di questi oggetti è attratto oltre l’orizzonte, esso viene per sempre intrappolato e cade ineluttabilmente verso la singolarità, là dove nessuno sa cosa succede.
Un Buco Nero assorbe quindi materia ed energia dallo spazio circostante e quindi “mangia” informazione. Non ci sarebbe un immediato problema se questa informazione rimanesse confinata all’interno dell’orizzonte degli eventi. Tuttavia Hawking ha dimostrato, parecchi anni or sono, che un Buco Nero “evapora” a causa delle fluttuazioni quantistiche sull’orizzonte degli eventi: coppie virtuali di particelle-antiparticelle si creano e si distruggono continuamente in qualunque regione dello spazio, in particolare anche sull’orizzonte. Tuttavia può accadere che un membro della coppia sia assorbito dal Buco Nero e che il partner non abbia più la sua controparte contro la quale annichilirsi, esso è quindi libero di propagarsi nello spazio esterno. Un osservatore a distanza vede dunque una continua emissione di particelle da parte del Buco Nero (radiazione di Hawking) che, conseguentemente, perde energia sino a dileguarsi nel niente, lasciando una porzione di spazio tempo piatta, cioè senza distribuzione di massa-energia.
Ma dove è finita tutta l’informazione contenuta in esso?
L’ ipotesi più naturale è che essa sia stata via via trasferita all’esterno dell’orizzonte dalla radiazione di Hawking. Tuttavia quest’ipotesi si dimostra essere falsa in quanto tale radiazione è completamente termica, dipende cioè solo dalla massa, dalla carica e dal momento angolare totali del Buco Nero stesso. I Buchi Neri, per usare le parole di John Wheeler, “non hanno capelli”, sono cioè indistinguibili l’uno dall’altro: le uniche osservabili sono massa, carica e momento angolare. Tutta l’informazione che cade in un Buco Nero viene ridotta a queste tre osservabili e quindi va sostanzialmente perduta.
Volendo fare un esempio estremo, un Buco Nero ottenuto dal collasso gravitazionale di un’ enciclopedia è identico ad uno ottenuto dal collasso di un qualunque altro oggetto di pari massa, carica e momento angolare, ad esempio mattoni: il Buco Nero distrugge l’informazione!
Benché questa conclusione possa risultare interessante da un punto di vista filosofico, essa è particolarmente allarmante da un punto di vista fisico: uno dei postulati fondamentali della Meccanica Quantistica è infatti l’unitarietà dell’evoluzione temporale, in altre parole l’informazione deve essere conservata in qualunque processo fisico.
I processi fisici elementari devono essere reversibili. La non reversibilità (a cui noi siamo abituati dall’esperienza giornaliera) emerge solo in seguito; essa è dovuta alla complessità che impedisce la conoscenza esatta degli stati quantici iniziali e finali, così da rendere statisticamente impossibile che un bicchiere rotto sul pavimento si ricomponga e ritorni sul tavolo, o che un pezzo di carne cotto ritorni crudo: questi processi non sono fisicamente proibiti, solo statisticamente improbabili (nel senso che occorrerebbe aspettare un tempo di molto maggiore della vita stessa dell’Universo per vedere accadere uno di questi eventi).
Tuttavia l’evaporazione di un Buco Nero è un processo intrinsecamente irreversibile, dal momento che l’informazione non viene trasformata (come nel caso del bicchiere o del pezzo di carne) ma distrutta.

Ciò che sta emergendo negli ultimi anni, grazie allo sviluppo della Teoria delle Stringhe, è che il Buco Nero, in effetti, non distrugge l’informazione. Più semplicemente il Buco Nero, così come descritto precedentemente, non esiste. Esso non è uno stato fondamentale bensì una “miscela statistica” di stati fondamentali, nessuno dei quali ha le caratteristiche di un Buco Nero. A questo “ensamble” si possono associare osservabili termodinamiche che altro non sono che le tre osservabili fondamentali: massa, carica e momento angolare. La geometria del Buco Nero emerge da una “media sugli stati” e non ha quindi un carattere fondamentale. Sembra profilarsi la seguente “proporzione” concettuale:

“Relatività Generale”: “Gravità Quantistica” = “Termodinamica” : “Meccanica Statistica”

Sebbene lo sviluppo della Teoria delle Stringhe sia oggi ancora in fieri, si è comunque in grado di definire questa “Meccanica Statistica” per alcune particolari teorie gravitazionali.

Un esempio rilevante (ma non l’unico, né il primo, di natura “stringy”) è la corrispondenza AdS/CFT, congetturata da Juan Maldacena nel 1997 (ben 10 anni fa!). La congettura afferma che una teoria gravitazionale sullo spazio AdS (Anti-de Sitter, dal nome del matematico che per primo ne studiò le proprietà) è interamente descritta da una teoria non gravitazionale definita sul bordo dello spazio AdS (CFT = Conformal Field Theory, Teoria di Campo Conforme). Quest’ultima teoria è simile alle teorie di campo del Modello Standard, nel senso che contiene particelle e non contiene gradi di libertà gravitazionali; lo spazio-tempo è cioè non dinamico.
Senza scendere in ulteriori particolari è comunque importante comprendere appieno il messaggio: la gravità (cioè la geometria) di AdS, è completamente codificata in un’altra teoria (CFT) che non possiede gradi di libertà gravitazionali.
Secondo tale ipotesi, ogni ente gravitazionale in AdS deve avere una “proiezione olografica” sul bordo, in termini di stati quantici nella teoria di campo non gravitazionale (CFT).
Il bordo è come uno “schermo” su cui si proiettano gli eventi, o come la superficie di una boccia su cui noi vediamo i pesci che sono in realtà all’interno. Si può usare questa corrispondenza in due sensi: si possono scoprire aspetti sconosciuti di CFT usando aspetti conosciuti di AdS, oppure si può usare ciò che si conosce di CFT per studiare ciò che ancora non si conosce di AdS. In particolare si può cercare di capire cosa sia la gravità quantistica in AdS, attraverso lo studio della sufficientemente nota CFT. Si può cioè comprendere la gravità senza usare la gravità!

Detto ciò, possiamo chiederci: a cosa corrisponde un Buco Nero? Qual è la sua proiezione olografica sul bordo?
L’evidenza che si sta accumulando, grazie a differenti approcci matematici, è che un Buco Nero non corrisponde a nessuno stato puro sul bordo ma, al contrario, a una miscela statistica di stati, a ciò che in Meccanica Statistica si definisce Macrostato. La descrizione che la Relatività Generale fa del Buco Nero risulta dunque incompleta: rimane valida solo fintanto che la distanza dell’osservatore è tale da non poter apprezzare le differenze tra i vari microstati. Quando però ci si avvicina all’orizzonte, tale differenza comincia ad essere avvertita e diviene via via più chiaro come all’interno dell’ orizzonte non ci sia lo spazio vuoto (come predetto dalla Relatività Generale) bensì un complesso sistema quantistico (Microstato) in interazione con se stesso e con l’esterno. Dal momento che ad ogni microstato corrisponde una geometria, ciò in cui ci si imbatte all’orizzonte degli eventi è una sovrapposizione di geometrie: è il regno della Gravità Quantistica. La Gravità Quantistica (o meglio la sua proiezione olografica) diventa quindi rilevante non solo vicino alla singolarità (come si era prima ipotizzato), ma già all’orizzonte (regione che è classicamente perfettamente regolare e non richiederebbe per sé delle correzioni quantistiche).
Il Buco Nero della Relatività Generale rappresenta in qualche modo il tentativo di descrivere classicamente qualcosa che è, invece, intrinsecamente quantistico (in un certo senso è come se si volesse descrivere un atomo con l’elettromagnetismo classico). Questo qualcosa da lontano appare come un Buco Nero, ma in realtà il Buco Nero, così come descritto dalle equazioni di Einstein, non esiste.
L’informazione contenuta dal Buco Nero è naturalmente conservata nella dinamica microscopica del microstato, che appare però talmente simile agli altri possibili microstati da rendere impossibile per un osservatore macroscopico la sua conoscenza esatta. Ecco dunque che occorre passare ad una descrizione in termini di Meccanica Statistica.
A questo punto risulta dunque chiara la necessità di riconsiderare il processo di evaporazione: le coppie di particelle virtuali non si troveranno più nel vuoto come nella descrizione ipotizzata da Hawking, ma interagiranno col microstato all’orizzonte.
Di conseguenza, la descrizione fornita dalla Relatività Generale cessa di essere valida in quanto per calcolare i processi occorre conoscere il microstato. In questo senso la perdita di informazione si riconduce alla nostra incapacità di identificare con assoluta precisione il microstato in cui il Buco Nero si trova: l’unitarietà della Meccanica Quantistica è così salva!

Si può naturalmente obiettare che queste argomentazioni siano state derivate in un setting puramente matematico che nulla ha a che vedere con la realtà in cui viviamo (ad esempio noi non viviamo nello spazio AdS). Tuttavia abbiamo parlato di Gravità. Come già sottolineato, la Gravità è una forza essenzialmente diversa dalle altre in quanto èuniversale: essa si accoppia unicamente alla massa/energia e a nient’altro. Dunque il fatto che una teoria (come la Teoria delle Stringhe) descriva la gravità implica che le predizioni riguardo a quest’ultima devono essere anch’esse universali, comuni cioè a qualunque altra immaginabile teoria di gravità quantistica. In particolare non è necessario concentrarsi troppo approfonditamente su tutti gli aspetti della Teoria delle Stringhe (gran parte dei quali non sono ancora pienamente compresi) per poter fare predizioni sulla gravità quantistica: l’universalità della gravità ci assicura che non possono esistere diverse gravità quantistiche consistenti, al massimo possono esistere diversi linguaggi matematici per descrivere una sola teoria gravitazionale.
Ciò di cui si è qui dissertato suggerisce che la Teoria delle Stringhe è probabilmente uno di questi linguaggi.

© Carlo Maccaferri

Note:

1 Il termine Teoria è probabilmente prematuro, in quanto questo modello non è ancora stato compreso al punto tale da poter fare previsioni non ambigue e quindi essere confermato o sconfermato da esperimenti. 
2 Deve cioè essere possibile assorbire tutte le quantità infinite (e quindi inaccettabili) nella definizione delle quantità fisiche misurate (questo processo prende il nome diRinormalizzazione). 

Bibliografia:

• S. W. Hawking, “Particle Creation By Black Holes,” Commun. Math. Phys. 43 (1975) 199
• S. W. Hawking, “Black hole explosions”, Nature 248 (1974)
• K. Becker, M. Becker and J. H. Schwarz, “String theory and M-theory: A modern introduction,” Cambridge Univ. Pr. (2007) 739 p
• J. M. Maldacena, “The large N limit of superconformal field theories and supergravity,” Adv. Theor. Math. Phys. 2 (1998) 231 [arXiv:hep-th/9711200].
• V. Balasubramanian, J. de Boer, V. Jejjala and J.Simon, “The library of Babel: On the origin of gravitational thermodynamics,” JHEP 0512(2005) 006 [arXiv:hep-th/0508023].

• Per saperne di più si rimanda alle voci di Wikipedia (e collegamenti lì proposti):

Buco Nero
Teoria delle Stringhe
Gravità Quantistica
AdS/CFT: The Illusion of Gravity