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Mercoledì scorso, verso sera, dopo un lungo periodo di bel tempo il cielo divenne nero di nuvole. Io stavo cercando di stampare un documento circa un’assicurazione, quando iniziò un temporale. Avevo già avviato la stampa e non interruppi. I tuoni e i lampi erano molto frequenti, comunque il foglio che stavo stampando procedeva tra un interruzione e l’altra della corrente. Una pagina completa ma mancante di alcuni dati uscì dalla stampante senza strappi o danni di altro genere.

Il problema si presentò nell’interazione tra il computer e la stampante. Quando, tornata la corrente elettrica, cercai di stampare il foglio completo, la macchina si rifiutò; sullo schermo del computer e sul lato della stampante apparve il segnale di “carta inceppata”. Tutte le procedure che potei mettere in atto le usai ma da quel momento l’informazione “carta inceppata” impedì la corretta procedura di stampa. Seguendo le istruzioni del computer e di un esperto controllai se qualche pezzo di foglio fosse rimasto nei meccanismi della macchina. Fu però inutile.
Ancora oggi non sono riuscito a risolvere il problema. Aspetto il tecnico per mercoledì.

Ho fatto però una bella esperienza di cosa sia la traccia psicoenergetica (cibernetica) di un trauma fisico. Il temporale non c’è più, il computer funziona, meno che nell’interazione con la stampante che ha conservata la traccia dell’interruzione della stampa (la mancanza di corrente elettrica dovuta al temporale) e la trasmette nel linguaggio che conosce: carta Inceppata.
Per il momento la registrazione dell’accadimento non si è degradata e il soggetto “stampante”, finché non verrà analizzato e l’informazione fissata non verrà cancellata, continuerà a credere di essere nel momento del temporale in cui venne intralciato nel suo lavoro; per la rappresentazione della “disgrazia” però si servirà del linguaggio che conosce. Quindi non dirà “non posso proseguire perché l’interruzione della corrente elettrica mi ha segnato, mi è rimasta nella memoria e mi blocca“ ma si esprimerà con una frase programmata per indicare l’interruzione del funzionamento: carta inceppata. Segnalerà così l’inceppamento che effettivamente c’è stato con l’interruzione ripetuta della corrente elettrica. Metaforicamente una sorta di es della stampante ha registrato il trauma e continua ad esprimerlo nel linguaggio dell’io che è quello insegnato alla macchina dal programmatore. È chiaro che se il computer fa una richiesta alla stampante, cioè le chiede di stampare un documento, la poveretta dirà a suo modo “non posso” finché non vengo curata; mi si tolgano “i ceppi”.
Le cariche elettriche del temporale l’hanno “inceppata” cioè le hanno messo i ceppi, l’hanno imprigionata. Hanno formato intorno alla sua funzione principale una gabbia di pali (cippus, in latino).
La stessa cosa può succedere all’essere umano. Un temporale esterno o interno, un fulmine che invece di colpire la roccia e lasciarci un segno percuote la psiche. Si formerà una traccia più o meno profonda. Un albero, un essere umano, al limite una roccia, potranno mettere in atto procedure di autoriparazione. Dall’essere umano saranno riconosciute e definite come coazione a ripetere.
La differenza tra essere umano e stampante è che la stampante (almeno la mia) in questo caso non ha gradi di libertà e quindi non può nemmeno utilizzare le altre funzioni (scanner e fotocopiatrice) che contiene poiché è colpita nell’uso fondamentale della carta. Una falsa informazione la paralizza.
Quando dico che il comportamento (di qualsiasi tipo) può essere inficiato nell’azione di elaborazione dello stimolo (induttore associativo) da parte del materiale fissato e rimosso, intendo proprio questo. E’ lampante nelle fobie o nelle inibizioni in generale. Lo specialista che cerchi nell’azione di scomposizione psicoanalitica o micropsicoanalitica di trovare il foglio di carta (o il frammento) inceppato non lo troverà mai poiché si baserà su un’informazione linguistica (“carta inceppata”) non adeguata a descrivere l’affetto (e l’effetto) del trauma. Un’informazione che serve solo a descrivere un momento esistenziale che ha cambiato il destino dell’oggetto. Grosso modo il ricercatore è a conoscenza che il soggetto non può risolvere un certo problema in modo efficace perché, per esempio, come nel caso di Emma descritto da Freud in Progetto di una Psicologia (1895): “Attualmente Emma soggiace alla coazione di non poter entrare in un negozio da sola”. (op. cit. pag. 63)
E’ chiaro che per una donna, che forse ha la conduzione di una famiglia, non poter entrare in un negozio da sola è un grave impedimento che le proibisce di portare a buon fine una larga parte delle sue incombenze fondamentali; comunque non tutte , come la stampante.
I gradi di libertà della macchina umana sono infinitamente più ampi di quelli di una stampante e se Emma non può entrare in un negozio da sola deciderà di farsi accompagnare ma… supponiamo che la coazione sia quella di non farsi penetrare (siamo alla fine del 1800 e la fecondazione artificiale non esiste) non potrà avere figli. Tutto per l’effetto di un temporale che crea una traccia “inceppante” che modifica le “realtà” successive.
In parole semplici questa storia (vera) che ho raccontato ci indica l’essenza della teoria del trauma che sta alla base della spiegazione della sindrome nevrotica. Dato che la maggior parte di noi usa un computer e una stampante penso che la comprensione del tentativo di S. Freud (e di altri) di spiegare i comportamenti inspiegabili con la teoria del trauma, sarà un poco più chiara.
Per S. Fanti l’eziopatogenesi nevrotica si risolve raramente in un unico trauma psichico ma dipende, come scrive nel suo Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi (Borla, Roma,1984), su un determinato terreno psichico, da microtraumi ripetuti durante la vita intrauterina o i primi mesi di vita. E naturalmente nella filogenesi.
Anche in questo caso, l’esempio della stampante è pertinente poiché non fu una saetta che provocò un cortocircuito, ma una serie lunga di piccole interruzioni che sia per poco permisero alla macchina di compiere il suo lavoro; il loro sommarsi tuttavia mise il sistema in condizione di dire “carta inceppata”, anche se non era vero, e di “rifiutare” di continuare il lavoro.
Quindi piuttosto di parlare di trauma dovremmo parlare di traccia traumatica con tutte le sue costellazioni di associazioni sovradeterminate.
É quando le connessioni associative si logorano o si bruciano che l’espressività esistenziale diventa incoerente, insufficiente o addirittura inibita. La limitazione dei gradi di libertà nella combinazione dell’espressività rappresentazionale delle associazioni crea il quadro nevrotico tipico. L’affettività se ne va per conto proprio e il soggetto crede di non poter agire come vorrebbe perché “la carta si è inceppata”; è l’unica esteriorizzazione che può esprimere a chi gli è vicino; non era vera neppure in passato ma erano le uniche parole che conosceva per descrivere ciò che gli era successo e che lo metteva in grado di non funzionare. Per associazione mi viene voglia di dire: un mistero come il ”peccato originale“: forse è un concetto simile a quello di “carta inceppata“, descrive un’altra cosa, comunque un trauma.

© Nicola Peluffo