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Della necessità di esplorare la dimensione incubica

Nelle rare occasioni in cui la confusione di Babele si acquieta, il linguaggio umano riacquista la propria originaria uniformità riuscendo a descrivere con un’unica vibrazione livelli di verità sempre più profondi e complessi: non sussiste più la necessità di ricorrere a interpreti ed ogni  Sapiente, tramite gli specifici oggetti di studio e i propri strumenti di osservazione e verifica, giunge a considerare molteplici aspetti della Realtà che convergono in un’unica spiegazione epistemologica. Così, nella semplice, lineare e inconfutabile affermazione che l’evoluzione umana inizia e si fonda sulla costruzione di un linguaggio,composto di simboli, allegorie e metafore, si riuniscono e si amalgamano i saperi e le esperienze di differenti discipline scientifiche. A tal punto che risulta impossibile individuare all’interno di questa affermazione espressa all’unisono, la “voce” del singolo esperto, se si tratti cioè dello Psicoanalista che definisce la Coscienza nei termini di «Un’estesa ed articolata rete associativa di rappresentazioni verbali» (Freud, 1815), del Semiologo che dimostra come « Per l’uomo parlare vuol dire anzitutto dar senso al proprio agire » (Fabbri, 2000) , dell’Etno – paleontologo che scopre come «Nelle popolazioni di Cacciatori Arcaici, l’uso del linguaggio e della comunicazione è un elemento portante degli equilibri del Clan»  (Anati, 2010) oppure dell’anatomo-fisiologo che verifica  «Come l’evoluzione della neo-corteccia abbia messo sotto controllo deliri e allucinazioni tramite il linguaggio» (Di Rosa, 2009).  In altre parole, è ormai chiaro in tutti come l’espressività sensorio – motoria originaria, basata sull’istinto e sull’insieme di reazioni elettro-biochimiche ereditate dalla filogenesi animale, si mantiene globalmente negli strati più profondi dell’inconscio e soltanto quando viene organizzata nel sistema cognitivo, assumendo una forma rappresentativa linguistica, riconoscibile e trasmissibile, si trasforma in pensiero. In quest’ottica, tutta l’evoluzione della Specie si può riassumere in un’unica traiettoria che congiunge e trasforma il movimento in parola.

Lo studio delle pittografie rupestri ha dimostrato ormai da anni come, in effetti, si possano suddividere i messaggi memorizzati nelle pietre istoriate in vari ordini e livelli d’informazioni, ognuno dei quali si distribuisce e si specifica in rapporto a determinati aspetti della vita quotidiana. Da una parte, infatti, le incisioni rupestri costituiscono un primordiale codice legislativo che prescrive le norme comportamentali da adottare ai fini della conquista di sesso, cibo e territorio (Anati). Ormai pare definitivamente accertato che le funzioni cognitive si siano costituite attraverso la graduale rinuncia all’eredità pulsionale (o istintuale) e sul progressivo riconoscimento di obbligazioni reciproche, di vincoli individuali e doveri collettivi che vengono formalizzati in prescrizioni figurative condivise e trasmissibili. A questo livello di funzionamento, la struttura del Clan si configura come un sistema adattato di elementi efficienti, congrui e coerenti con le attività razionali superiori, in quanto forma ordinata di memorie, esperienze e strategie orientate nello spazio e nel tempo e come insieme organizzato di schemi operativi, funzioni finalizzate all’adattamento e connessioni logiche e stabilizzate, volte alla salvaguardia dell’individuo e della collettività. Il Clan determina, tramite l’adesione al Totem, i vari comportamenti che riguardano la distribuzione e la limitazione dei beni commestibili, i rispettivi ruoli ricoperti all’interno della comunità, le norme per l’accoppiamento e le regole di gestione e di sfruttamento delle risorse e del territorio. Il Clan funziona pertanto come un grande sistema comune d’informazioni apprese e condivise che, mediante la sacralità, preordina un linguaggio sempre più complesso e articolato, presiede a ogni attività e stabilisce similitudini e diseguaglianze con l’entità totemica prediletta: incoraggia quindi a compiere determinate sequenze di azioni, che vengono pertanto ammesse all’interno dei costumi ed usanze del gruppo, oppure ad inibire altre serie di condotte, che in tal modo sono respinte, precluse, a seconda del loro grado di compatibilità, affinità e empatia con l’identità comune.

Parallelamente a questo livello d’informazioni, vengono gradualmente a organizzarsi serie di rappresentazioni verbali e visive che travalicano i confini del mondo reale e della percezione oggettiva degli elementi presenti nell’ambiente naturale. Nelle incisioni rupestri si manifesta così l’intero universo dei sogni, degli spiriti, delle ombre, dei defunti e degli Antenati: tramite le immagini istoriate, oggi noi sappiamo che gli esseri umani sono stati interessati al sogno sin dalla preistoria. Anzi possiamo affermare che una delle esigenze fondamentali che ha spinto i nostri progenitori arcaici a costruire sistemi sempre più complessi di linguaggio,figurativo e parlato, sia proprio stata quella di trovare il sistema per “raccontare” a se stessi e ai membri del Clan i residui mnestici della propria produzione onirica. In questo senso, molto schematicamente, possiamo dire: «che il mondo psichico è sorto in tre tempi: 1°) L’acquisizione dell’Omeotermia, ha permesso a certi animali, e quindi anche all’uomo, di sognare (gli eterotermi non sognano – vedi ricerche di M. Jouvet);2°) è arrivato un momento in cui l’essere umano ha scoperto di sognare, cioè i nostri antenati hanno iniziato a parlare delle loro avventure notturne mescolate a quelle diurne; 3°) sono riusciti a fare una distinzione tra le avventure della notte e quelle del giorno» (Peluffo, 2010a.) Infatti, mentre per il Pre-Sapiens sacro e profano risultano essere ancora fortemente commisti  nella quotidianità, per il Sapiens, mano a mano che egli progredisce, il bisogno di organizzare lo spazio tra il mondo laico e quello spirituale si fa sempre più impellente e la stessa transizione tra le due realtà viene segnalata fisicamente da passaggi nascosti, angusti, inaccessibili. Simmetricamente viene a crearsi la figura e il ruolo del “mediatore” o “sciamano”. Dopo questa innovazione, le realtà ultraterrene potranno pertanto essere contattate soltanto tramite l’intercessione dell’Intermediario autorizzato e dai rituali di iniziazione che coerentemente si instaurano. É chiaro che la conseguenza è stata di ipotizzare l’esistenza di un mondo notturno di forme senza materia solida, un mondo di ombre che tuttavia continuano ad esistere dopo il risveglio. Per esempio, già da tempo gli uomini preistorici sognavano i morti che seguitavano ad agire come da vivi, creando una notevole confusione. Quest’ultima operazione d’individuazione di due mondi paralleli e coesistenti ha contemplato uno sforzo psichico d’immane grandezza che ha richiesto millenni per essere completata: in sintesi, si può sostenere che assistiamo a uno sforzo attivo, che implica l’impiego di tempo, energie, tecnologie e materiali, compiuto dal comune Antenato preistorico al fine di operare un’incessante distinzione tra le raffigurazioni che riguardano la vita quotidiana e quelle che riguardano la vita onirica. E’ stato questo il tempo in cui sono iniziate le sepolture. Il Pre-Sapiens (da 50.000 a 100.000 a.C.) ha iniziato a seppellire (o mangiare) i suoi morti e da tali abitudini rituali, per opera del Sapiens, si sono sviluppate le molteplici usanze di sepoltura e le teorie del viaggio dopo la morte, la sopravvivenza delle anime e tutta quella filosofia mistico-religiosa che ancora oggi la maggior parte della popolazione mondiale pratica. Da questo fenomeno se n’è sviluppato un altro. La curiosità scientifica che è insita in noi ha cominciato a far sorgere domande che esigevano risposte. Per esempio, qual è il significato di questo mondo immaginifico in cui noi passiamo molte delle nostre ore notturne, a volte in circostanze molto piacevoli e altre volte impegnati in operazioni impegnative ma quasi sempre in situazioni assurde e o poco comprensibili. Il pensiero che attraverso il sogno si potesse prevedere le vicende della nostra vita futura fu uno dei primi tentativi che richiese il lavoro degli specialisti: indovini, oracoli, sciamani, etc. Tutte persone capaci attraverso i sogni loro o di altri di entrare in contatto con quel mondo di ombre, di parvenze di persone defunte o sconosciute, che potevano avere accesso alle correnti senza tempo del mondo dei Sogni e degli Spiriti, e quindi fornire informazioni su fatti non percepibili e non ancora accaduti. Si costruiva in tal modo in tal modo l’ipotesi di un‘Destino’ individuale e collettivo che poteva essere esplorato e in qualche modo preannunciato (cfr: il“Churringa”descritto da Anati 2010). Il progressivo affinarsi delle spiegazioni scientifiche in epoca moderna spinse coloro che si occupavano del problema a non accontentarsi più di spiegazioni esoteriche e a studiare il sogno in una prospettiva diversa. Lo si confrontò con altri fenomeni psicobiologici come per esempio il delirio e l’allucinazione e iniziò a farsi strada l’idea che il sogno si costruisse su un fondo di desideri inespressi e in gran parte sconosciuti. La grande scoperta di Freud, confermata e completata dalla micropsicoanalisi, è che il sogno è un tentativo di realizzazione mascherata di desideri inconsci, ancorati nel rimosso e di origine infantile, a prefigurazione uterina e filogenetica.

Si è dimostrato come durante lo sviluppo della sessualità e dell’aggressività, che si svolge in stadi successivi, insiemi di esperienze traumatiche specifiche contribuiscano a creare particolari nuclei di fissazione, che producono desideri che rimangono bloccati (rimossi) nell’inconscio e diventano elementi di tensione. Il sogno cerca continuamente di abbassare il livello di tale tensione, utilizzando elementi della vita quotidiana per trovare un via di sfogo che eluda gli ostacoli costituiti da tali blocchi.  In altri termini, l’inconscio memorizza vissuti aggressivi e sessuali di origine utero-infantile e filogenetica, li elabora e ne trasmette frammenti nel preconscio sotto forma di resti notturni. Questa informazione onirica viene quindi trattata nel preconscio secondo i processi che contaddistinguono il Sistema secondario che li trasforma in pensieri, sentimenti, emozioni e comportamenti per esprimere, in modo più o meno recondito e camuffato, una particella di memoria smarrita e la dinamica del desiderio che essa include(complesso).  É proprio in questo senso che la psicoanalisi considera il sogno come il prodotto di un intenso lavoro psichico inconscio il cui scopo è riattivare e realizzare in forma allucinatoria desideri aggressivi e sessuali rimossi, al fine di ricondurre il livello di eccitazione a uno stato di quiete.

 A questo punto si sono evidenziati due distinti ordini e livelli di Realtà che operano all’interno dell’attività psichica del comune antenato preistorico; il primo, relativo al mondo naturale e ambientale, strettamente connesso con la percezione, l’osservazione, la memoria, la logica e la coscienza, è saldamente ancorato allo spazio/tempo in cui si svolgono le azioni considerate; il secondo invece, è più intimamente connesso con le esperienze fantastiche e sovrannaturali che si compiono durante gli itinerari e le avventure oniriche, che si depositano all’interno dello spazio/tempo discontinuo ed indefinibile del mondo dei Sogni, degli Antenati e degli Spiriti. In molte incisioni rupestri tali messaggi sono contraddistinti da speciali psicogrammi che ne segnalano ed evidenziano la natura “ultraterrena”specificandone l’intangibilità diretta, quindi la sacralità delle informazioni in essi contenuti. Per ognuno di questi due ordini e livelli di Realtà, l’evoluzione viene a costruire una dualità di forme di linguaggio tipiche e peculiari. Parole e immagini ben strutturate con significati univoci ed inconfondibili per segnalare gli elementi della natura, gli animali, se stessi nella duplicità della configurazione sessuale, le abitazioni, le varie azioni di guerra e di caccia, gli strumenti atti ad operare tali azioni, ecc. per apprendere, esprimere e comunicare il Tangibile. Significanti indeterminati, semiliquidi, reversibili, talora misteriosi e prodigiosi, sovraccarichi di eccitazione superstiziosa, sensazioni mistiche ed emozioni contrastanti per rappresentare l’Immaginario, trascendente e sovraumano, connesso al sogno. Si costituisce in tal modo una duplice Semiotica, ognuna con le proprie regole grammaticali, strutture semantiche, fondamenti di sintassi per coniare rappresentazioni figurali e verbali atte a fissare e trasmettere il significato delle fluttuazioni che avvengono all’interno dei vari stati psicobiologici che contraddistinguono la Coscienza.

Tuttavia, come ognuno ha sperimentato almeno una volta durante l’infanzia, non esistono soltanto i bei sogni o i sogni d’angoscia: l’attività onirica è disseminata, con intensità e frequenza variabili, da produzioni d’immagini terrorizzanti, che provocano l’interruzione del sonno-sogno costringendo la fuga nel risveglio, spesso caratterizzato da sensazioni dolorose di natura somatica. In questo senso, il brusco destarsi dal”Pavor nocturnus” costituisce l’esatto movimento antagonista dello svenimento durante la vita di veglia: in entrambi i casi si aprono vie di evasione, che favoriscono l’improvviso transito da uno stato di coscienza all’altro, a scopo difensivo. Per costruire una Scienza generale della Comunicazione è pertanto necessario inserire un terzo ordine di funzionamento intrapsichico, quello relativo all’Incubo, che interagisce costantemente con gli altri livelli appena descritti e ne modifica la coerenza, immettendo informazioni discordanti e dissonanti e creando nessi illogici e paradossali tra significanti e significati. Nelle pittografie rupestri, oltre alle indicazioni attinenti ai tre grandi parametri Sesso- Cibo-Territorio, e ai messaggi provenienti dal fantastico sognato, sono memorizzati anche altri tipi d’informazioni, in particolar modo relative agli episodi traumatici che hanno  colpito il Clan ed i suoi appartenenti. «Nel pittogramma si fissano, si concentrano e si conservano le caratteristiche raffigurative degli eventi che hanno perturbato l’equilibrio affettivo profondo del gruppo». (Peluffo, 2010a). Le rappresentazioni visive di tali vicende, per lo più altamente drammatiche, vengono incise collateralmente, sia nella memoria profonda della specie, sia sul supporto litico dell’Arte Rupestre, creando in tal modo i parametri di un linguaggio parallelo non evidentemente esplicitato, che pervade come un “disturbo di segnale” l’intera comunicazione. Si evidenzia in tal modo come l’essere umano abbia dapprima costruito il linguaggio dell’Animale, durato per decine di millenni, poi abbia imparato a formulare discorsi sempre più complessi su se stesso, i propri sogni, le proprie fantasie e desideri, e in parallelo abbia coniato le immagini dell’orrore e le parole paradossali per illustrare l’Incubo, che ripropone il Trauma che ha lesionato l’organizzazione biopsichica del Clan. In quest’ottica, diventa indispensabile e irrinunciabile inserire la nozione e il concetto di “angoscia” all’interno del vocabolario umano.

Le parole per raccontare l’angoscia

La diagnostica differenziale tra distinti fenomeni psichici, quali la paura, l’ansia e l’angoscia è abbastanza recente, risale, infatti, alla fine del IXX secolo, e a tutt’oggi crea ancora una notevole confusione nella popolazione non specializzata in materia. In forma molto schematica, possiamo osservare come i primi due termini si riferiscano a comportamenti di provenienza specificamente animale, il primo, relativo alla paura, si basa su movimenti organizzati di fuga, difesa e attacco in presenza di un pericolo esterno reale, movimenti istintuali che sono riconducibili sotto il diretto controllo del Sistema Nervoso Centrale. La seconda manifestazione, l’ansia, è contraddistinta da intense e massicce scariche d’ordine neurovegetativo (tremori, pallori, abbassamento della vista, aumento del ritmo cardiaco, sudorazione e salivazione alterate, modifiche della densità e composizione ematica, ecc.) che possono giungere fino allo svenimento, e in alcuni casi alla morte per infarto, attivate dall’incombenza di un pericolo imminente da cui non si può sfuggire né difendersi per svariati motivi: ogni animale, anche eteroterme, se costretto a subire una minaccia da cui non può districarsi né proteggersi, perché ferito, accerchiato o fisicamente imprigionato, cortocircuita il funzionamento cerebrale e sviluppa ansia, cioè sintomi di reazioni neurovegetative prestabilite dal sistema Parasimpatico (gangli, plessi e riflessi spinali), come estrema risposta difensiva prima della morte. Questi due processi ricollegano la Specie alla sua filogenesi animale, mentre il terzo fenomeno considerato è di natura squisitamente intrapsichica, e quindi intimamente collegato con il linguaggio. In effetti, il vocabolo “angoscia” delimita un particolare stato d’animo, caratterizzato da sensazioni di costrizione e oppressione interna che si potenzia in attesa di un avvenimento catastrofico che non esiste nella realtà attuale, che si teme possa accadere, ma non si conosce. Si tratta pertanto di una minaccia priva di una qualsiasi rappresentazione oggettivabile che provoca, mantiene e alimenta uno stato di eccitazione dolorosa costante e mette a repentaglio l’intera organizzazione somatopsichica: una sorta di dannosa vibrazione che sottintende il timore di un pericolo non identificabile ma devastante nei suoi effetti. L’angoscia in apparenza assume un carattere anticipatorio e preparatorio a una sciagura ma in verità realizza un fenomeno di ripetizione automatica e involontaria di un evento sconvolgente, già accaduto ma precluso alla memoria e alla coscienza. Clinicamente, la strategia difensiva più frequentemente adottata per contrastare e attenuare gli esiti dell’angoscia (oltre al ricorso a sostanze inebrianti o stupefacenti) è costituita dal meccanismo di spostamento, all’interno del quale gruppi di rappresentazioni preconscie sono coinvolti nella costruzione di entità o situazioni più  o meno raccapriccianti , il cui unico scopo è quello di trasformare l’angoscia senza volto in sensazioni di paura riconoscibile, dalla quale ci si possa difendere tramitel’evitamento, cioè l’attivazione di condotte giudicate coerenti ed adeguate per eludere il pericolo. Ad esempio, l’eseguire i rituali propiziatori, i sacrifici, le cerimonie di scongiuro, le pratiche scaramantiche, i sortilegi o le fatture; oppure tramite il pronunciare sequenze di parole mirate al controllo del maleficio, quali le formule magiche, le litanie liturgiche o le venerabili suppliche. In questo senso, implorazioni, geremiadi, lamentazioni, frasi rituali, incantesimi, esorcismi e pianti compulsivi costituiscono la verastruttura sindromica della semeiotica incubica. In sintesi, l’apparato psichico crea, principalmente nel corso dell’attività onirica, un movimento difensivo che sposta, delocalizza e trasferisce il surplus di tensione dall’interno verso la rappresentabilità esterna dell’eccitazione, che viene in tal modo vincolata in figure e forme che, per quanto orripilanti, comunque risultano identificabili e possono in tal modo essere raccontate, trasmesse e condivise e quindi parzialmente controllate (Bolmida, 2009). Le entità spaventose così ingenerate di notte, durante le fasi NREM del sonno-sogno peculiari dell’incubo, sono inserite in relazioni figurative e verbali durante l’attività diurna, creando in tal modo un vero e proprio linguaggio dell’angoscia, che tenta di rappresentare i vari traumatismi rimossi che hanno colpito il Clan e i suoi membri: un linguaggio che compenetra in modo intersecante sia i messaggi del Reale sia quelli dell’Immaginario spirituale e costituisce un insieme di sintomi e segni che palesa profonde alterazioni delle facoltà psico-linguistiche. In questa dimensione, l’universo è veramente tripartito, poiché costituito dal mondo dei Vivi, dal mondo dei Sogni/Spiriti/Antenati e dal mondo degli Incubi, popolato da realtà pseudo – allucinatorie e creature terrificanti. Un universo che riprodurrebbe e comprenderebbe in sé i tre stati principali dell’oscillazione basale della Coscienza, ossia lo Stato di veglia-vigilanza, lo Stato crepuscolare onirico fisiologico della fase REM e lo Stato di attivazione onirica disorganizzata della fase NREM.  Il Trauma si trasmuta così in Mostro, sia nel linguaggio trascritto nella roccia sia in quello memorizzato nell’inconscio della Specie.

Lo studio dei rapporti tra descrizioni visive e vissuti traumatici

Esseri acefali, mostri con orecchie smisurate e umanoidi con una gamba sola, insieme a cinocefali, ciclopi, arpie, sirene e centauri, teriantropi, teriocefali, quadrumani alati e le più svariate e stupefacenti combinazioni chimeriche son tutti “pitoti” (pupazzi in dialetto bresciano) camuni rigorosamente repertoriati da E. Anati e i suoi collaboratori: ognuno di questi ideogrammi rappresenta una cellula semantica elementare. Come scrive l’Autore (E.Anati, 2007):  «L’arte preistorica e tribale, nel corso di millenni, rivela una massa immensa di opere che possono essere definite in termini  di “costruzione intellettuale senza rapporti con il mondo reale”, ossia che rispondono alla definizione di delirio. Sovente tali esseri immaginari sono associati in scene o composizioni, che descrivono eventi, episodi, miracoli, realtà che nella limitazione delle nostre facoltà definiamo inesistenti. Lhomo sapiens ha avuto l’esigenza di produrre e di vivere tali stati d’animo». Sono intimamente convinto che quest’ultima frase rappresenti un’ulteriore tappa verso l’unificazione  dei vernacoli scientifici e la costituzione di una Teoria Epistemologica Universale capace di superare le dissonanze di Babele. Il tentativo di spiegare il motivo per cui il Sapiens abbia avuto, continui a tutt’oggi ad avere, e sarà sicuramente costretto a mantenere in avvenire, l’esigenza di riprodurre entità pseudo – allucinatorie terrifiche e mostruose che lo costringono a rivivere in continuazione stati d’animo riconducibili all’angoscia, al panico, all’ansia e allo spavento, richiede infatti la convergenza concordante di tutte le Discipline che compongono lo scibile umano.

Il primo stadio di comprensione della relazione tra i bestiari di pietra ed esperienze traumatiche deriva dalle attuali conoscenze in materia di Ostetricia e si situa al livello della diretta osservazione della realtà ambiente, umana ma anche animale, rientra quindi nel patrimonio di conoscenze proprie del Clan. Per motivi di brevità limiterò la mia trattazione a un semplice, banale e frequentissimo fenomeno, tuttora ben presente anche nelle aree più civilizzate del mondo, anche se in via di netta diminuzione: la neurotmesi, che è una lesione di fibre nervose che provoca la paralisi e malformazione di almeno un arto, causata da un’erronea manovra di estrazione del nascituro durante il parto. La moltitudine di zoppi, storpi e sciancati che da sempre ha affollato il Pianeta, giungendo ad abitare anche i vari olimpi in svariate e lontane Regioni e in tempi molto diversi (basti pensare a immortali mutilati quali Prometeo, Osiride, Attis, Efesto, Edipo e molti altri ancora), costituisce un preciso e concreto campionario di traumi da parto che da sempre hanno caratterizzato la razza umana, in cui il tasso di abortività è, ancora oggi, uno dei più elevati tra tutte le Specie viventi che hanno popolato e popolano il Pianeta. A questo elementare esempio di amputazioni ostetriche, si devono aggiungere le conseguenze, statisticamente molto improbabili, di nati vivi prodigiosamente scampati ad alterazioni cromosomiche, anomalie genetiche, svariate forme di mosaicismi, aberrazioni causate da carenze alimentari, da una vasta gamma di malattie infettive, da incidenti meccanici quali cadute, urti o percosse, e dalle infezioni sessuali. Ognuna di queste citate patologie plasma, nelle fattezze sfigurate di ogni accidentale sopravvissuto, il proprio specifico carattere di Mostro, in grado di terrorizzare i membri del Clan ed “impressionare” la lastra litica, che ne riproduce in tal senso le deformità (pensiamo alle stigmate della sifilide che animano ancora numerosi film contemporanei). Naturalmente, sciamani e partorienti preistoriche, che per eoni di tempo furono le “levatrici” di se-stesse, quindi unico tramite tra le mostruosità e il Mistero che le aveva ingenerate (oggi si parlerebbe di senso di colpa inconscio), non possedevano le odierne nozioni di Ostetricia; pertanto, per decifrare le cause di questi  fenomeni, sembrava loro logico ricorrere a sistemi di spiegazioni magico – superstiziose alquanto elementari, quali forme di punizioni soprannaturali, infrazioni al codice totemico commesse da progenitori misconosciuti  o premonizioni di sciagure imminenti. In alcuni casi, la malformazione veniva interpretata al contrario, in forma consolatoria, cioè come segno di grande benevolenza, affezione e predilezione da parte degli Spiriti.

Il ricorso all’osservazione diretta della realtà, umana ed animale, come origine delle raffigurazioni zooantropormorfiche orripilanti rinchiuse nell’Arte Rupestre non esaurisce tuttavia la complessità del fenomeno. Per capire il significato globale delle alterazioni percettive presenti nei blocchi istoriati occorre avventurarsi in dimensioni microscopiche molto più complesse e sofisticate, che riguardano appunto l’attività onirica e il mondo dei Sogni. L’identificazione al mostro, indispensabile ai fini della sua raffigurazione pittografica, presuppone, infatti, che sì instauri l’introiezione di almeno una delle caratteristiche dell’oggetto che s’inserisce all’interno del proprio psichismo, ossia si stabilisca una relazione di affinità, somiglianza o identità tra soggetto che assimila e oggetto che viene incorporato. Ad esempio, nella creazione dello “sciapode”, essere uni giambico dal cranio umano e arti inferiori e superiori a forma di tronco d’albero (cfr.:illustrazione di Anati), vengono descritte molteplici e stratificate relazioni elementari, che si fondano su similitudini di movimenti colti e rappresentati nell’immagine rupestre: l’acquisizione e il mantenimento della statura eretta, l’affondare dei piedi nella terra, l’innalzarsi maestoso verso il cielo, la forza di resistenza alle intemperie  ma anche il vigore dell’erezione peniena e la potenza intimorente dello stormire delle chiome. In breve, la traduzione simultanea del pittogramma: “sciapode”in parole attuali corrisponderebbe pressapoco a: «io/Clan sono (posizione narcisistica)- io/Clan vorrei essere (funzione anaclitica)- io/Clan venero (relazione d’oggetto) lo spirito albero», ossia l’espressione di movimenti successivi di sviluppo psicogenetico che durante il Sonno – Sogno trascinano i desideri, condensati nell’engramma di un’unica rappresentazione, dall’interno verso l’esterno. In altri termini, si venerano entità spirituali collocate nel mondo sovrannaturale e costruite attraverso la proiezione di qualità intrapsichiche considerate particolarmente importanti e vitali. Ecco spiegato il motivo per cui lo “zoppo uni giambico” può diventare sacro, in quanto materializzazione magica e tangibile del desiderio di fondersi con lo spirito albero, oltre che realizzazione mascherata del desiderio inconscio di negare la castrazione. Lo stesso meccanismo essenziale si ripete nella creazione di figure chimeriche interspecie uomo-animale, dove la traduzione (ellenica) individua palese ed evidente l’espressione del desiderio onirico di essere potente e robusto come un toro (minotauro), efficace e feroce come un lupo (cinocefalo), correre veloce e possente come un cavallo (centauro), volare torreggiante come un rapace (cherubino), nuotare spedito come un pesce (tritone), saltare lungo come un canguro, senza omettere altri animali oggetto di gran devozione e attivazione pulsionale, quali l’orso, la renna o l’elefante. Proprio a proposito della rappresentazione di esseri chimerici, E.Anati e la sua équipe hanno dimostrato come ad Har Karkom si siano fuse le raffigurazioni arcaiche dell’uomo-luna  (leggi: «io/Clan sono-vorrei essere-venero la luna»), con le riproduzioni dell’ uomo-sole (leggi: «io/Clan sono-vorrei essere-venero il sole»), nelle celesti fattezze dei due spiriti Sin (spirito lunare)  e Hai (spirito solare) che si sono congiunti sulla “Montagna dello zafferano”, nel deserto del Negev. In numerosi casi, gli elementi nucleari, cioè il soggetto “io/Clan” e l’azione  espressa nel desiderio, vengono omessi o rimangono impliciti e di conseguenza si manifestano fantasie condensate in “frasi minime” in cui il mescolamento chimerico si effettua immediato tra parti di animali diversi, ottenendo in tal modo sintagmi che affrescano esseri “ibridi” dotati di peculiarità eccezionali, particolarmente appetibili oltre che reversibili, la cui traduzione verbale risulterebbe: « (io/ Clan vorrei che esistessero) leoni docili come capre che forniscono latte e carne »;  «(io/Clan vorrei che esistessero) cavalli arcionabili che volano come aquile» ; «(io/Clan vorrei che esistessero) bovidi rapidi e flessuosi come serpenti», ecc. Tutte queste creature inesistenti sono sovraccaricate da esaltazioni ultraterrene, credenze superstiziose , eccitazioni scoptofiliche, pulsioni parziali e spinte epistemofiliche ed appaiono prive dei caratteri tipici dell’angoscia. Al contrario, in molteplici incisioni rupestri la grafica dell’affetto risulta indubbiamente perturbata, in quanto, al posto del sogno ad occhi aperti che esprime la dinamica del pensiero onirico, si condensa un’innegabile sensazione di dolorosa inquietudine, espressa mediante i segni diretti e riconoscibili dell’aggressività primaria, soprattutto a fissazione orale (occhi minacciosi, artigli e zanne sfoderate e mimiche spaventose) ed iniziano ad apparire figure che oggi definiremmo in termini di demoni, streghe, arpie, draghi, vampiri o spiriti del male. Sono queste le raffigurazioni del Trauma che testimoniano come abbozzi germinali della presenza incubica di Lilith (e delle sue successive trasformazioni storiche) si presentino in epoche molto remote, qualche tempo dopo che il Sapiens ebbe imparato a rappresentare se stesso tramite l’impronta della propria mano sulle pietre istoriate.

La Micropsicoanalisi definisce con il termine di Trauma l’insieme di lesioni improvvise e continuate che pone l’apparato psichico nella condizione di non poter scaricare l’afflusso di eccitazioni, esterne ed interne, per cui l’omeostasi dell’intero sistema psicobiologico risulta problematico da mantenere (Peluffo, 2010b). Il tentativo di eliminare tale accumulo di tensione consiste nell’elaborare gruppi di fantasie inconsce che cercano di intervenire sulla causa della sofferenza per trasformarla e ridurre l’eccesso di tensione. In quest’ottica, come ho tentato di illustrare, il sogno è un’allucinazione che tende a permanere nello stato di veglia sotto forma di rappresentazioni grafiche di natura magica e spirituale, presenti nell’arte rupestre. Anche l’incubo tuttavia, come invasione brutale e massiccia di lacerazioni avvenute in precedenza, costituisce una forma di sogno, benché patologica, che si presenta costantemente (oggi come in epoche preistoriche) sotto una duplice sequenza di rappresentazioni. Tale duplicità implica la capacità da parte dell’unità somatopsichica di saper distinguere e localizzare sequenze di stimolazioni dolorose provenienti dall’esterno dell’organismo, da altre che si originano dall’interno dell’organizzazione stessa, fatto questo già ampiamente verificato; soprattutto presuppone che tali informazioni differenziate vengano in qualche modo sistemate e catalogate in rudimentali sistemi di memoria specifici, predisposti ad inviare messaggi ed informazioni codificate, in grado di connettersi ed interferire con la strutturazione delle varie memorie principali e capaci di esprimersi mediante immagini soggiacenti non direttamente riconducibili sotto il controllo del Sistema Percezione-Coscienza e dell’Esperienza. Processi d’interconnessione che avrebbero luogo nello spazio intra e inter sinaptico, ancor oggi ampiamente inesplorato. La prima sequenza d’immagini pertanto, raggruppa insiemi di esseri antropozoomorfi che incombono, giacciono sopra, minacciano e aggrediscono. La seconda serie di raffigurazioni assume le sembianze di mostri, femminili o bisessuati, che soffocano o mutilano. Ecco quindi, nella mia personale concettualizzazione di una semeiotica incubica, delinearsi l’ipotesi che dovrà essere confermata o inficiata dalla ricerca multidisciplinare: la prima serie di figure iconiche, relative a demoni, obbrobri, draghi e spiriti maligni, trarrebbe origine dai tentativi di elaborare vicende traumatiche di origine catastrofica esterna che hanno lesionato la struttura psicosomatica dell’organizzazione del Clan (glaciazioni, carestie, siccità, alluvioni, guerre, lutti, malattie, ecc.) e si sono incisi nella memoria inconscia individuale e collettiva. Mentre la seconda, che ingenera un’infinita progressione di streghe, arpie, megere, sfingi, vampiri e donne castratrici, costituirebbe il tentativo, totalmente inconscio, di riproporre durante l’incubo, che viene poi trascritto in linguaggio pittografico, i momenti epicritici di massima tensione che hanno caratterizzato la relazione madre/figlio, a partire dalle prime esperienze gravidiche durante la vita uterina, fino allo svezzamento. Esprimerebbe pertanto una sintomatologia traumatica interna, di natura totalmente somatopsichica, esente da sollecitazioni ambientali esterne dirette. All’interno di questa ipotesi, la proto-Lilith preistorica, cioè l’antonimia delle veneri adipose, sarebbe l’espressione grafica dell’insieme di microtraumatismi che hanno caratterizzato la gravidanza umana fin dagli albori del processo di ominizzazione. In tale ottica, i precursori preistorici dell’immagine di Lilith costituirebbero il pittogramma incubico di andamenti gravidici particolarmente perturbati da elevati rischi abortivi, che alterano la fisiologia del Sonno-Sogno, dapprima proiettati sull’animale-mostro e quindi re introiettati in un’identificazione pseudo – umana persecutoria.

Per concludere, desidero presentare un breve sunto della prima conferma a questa mia ipotesi, proveniente dagli studi di biologia moderna sugli effetti della poliabortività patologica, che si attua quando un figlio sopravvive a 2-3 aborti spontanei della madre o quando è superstite di numerosi fratelli non nati o morti nell’immediato post natale:

«…Partendo dal concetto di mescolamento di parti di animali diversi, i biologi hanno chiamato microchimerismo la presenza di cellule con patrimonio genetico diverso da quelle del resto dell’organismo che le ospita ed hanno verificato che la gravidanza può dar luogo a questi passaggi di cellule dall’ospite all’ospitato e viceversa. Alla luce delle attuali conoscenze, non si può, escludere un microchimerismo da fratelli, per le gravidanze precedenti; e, perché no, dagli aborti ripetuti specie se di gravidanze sufficientemente avanzate. Dato che la riproduzione umana ha un alto tasso di fallimenti, con frequenti aborti spontanei, questa prospettiva apre all’idea di vite prenatali in cui la relazione madre-figlio potrebbe comprendere inferenze di moltitudini di parenti. Le nonne per esempio. Infatti, dato che le donne possono ospitare diverse generazioni, provenienti sia dalla propria madre sia da uno o più dei propri figli quali possono essere le conseguenze di tali vicende microchimeriche sull’organizzazione biologica e psichica del nascituro?» (Marzi, 2008).

Presentato in data 06/09/2010 a:
Centro Internazionale di Studi Interculturali di Semiotica e Morfologia Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo Palazzo Passionei Paciotti, Via Valerio 9 – 61029-Urbino (PU)
«I segni originari dell’arte. Riflessione semiotiche a partire dall’opera di E. Anati/ Les signes originaires de l’art. Réflexion sémiotiques à partir de l’oeuvre de E. Anati/ The Originary Signs of Art. Semiotic discussion starting from the work of E. Anati/Las huellas originales del arte. Reflexiones semióticas de la obra de E. Anati.»
Coordinatori: Emmanuel Anati (Centro Camuno, Capo di Ponte) e Paolo Fabbri (LUISS, Roma)

Centro Internazionale di Studi Interculturali di Semiotica e Morfologia
© Edizioni del Centro, Capo di Ponte, 2010. Su gentile concessione dell’Editore.

© Pier Luigi Bolmida

Bibliografia:

Anati E. :
1980 – I Camuni alle radici della civiltà europea, Milano (Jaca Book), 1980.
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1995 – Il museo immaginario della preistoria. L’arte rupestre nel mondo, Milano (Jaca Book), 1995 – Les Racines de la Culture, (Editions du Centre), 1995
-La religione delle origini, Capo di Ponte (Edizioni del Centro), 1995.
1999 – Lo stile come fattore diagnostico nell’arte preistorica, (Edizioni del Centro), 1999.
2002 – La struttura elementare dell’arte, Capo di Ponte (Edizioni del Centro), 2002.
2003 – Aux Origines de l’art, Paris (Fayard), 2003.
2006 – Har Karkom, a guide to major sites,,Capo di Ponte (Edizioni del Centro),2006
2007 – L’odyssée des premiers hommes en Europe, Paris (Fayard), 2007.
2008 – Studi per la lettura dell’arte rupestre, Capo di Ponte (Edizioni del Centro), 2008
2009 – Strutture Cognitive primarie, in: L’universo della mente” 11ema edizione delle giornate siciliane di formazione micropsicoanalitica, Villa Piccolo, Capo d’Orlando
2010 – Monografia sull’Identità, Bollettino BCSP, (Edizioni del Centro) Capo di Ponte, 2010

Anati E., Mailland F., 2009 – HK/86b. Paleolithic cerimonial site at Har Karkom, holy mountain in the desert of Exodus» in: Preatti di “Produrre storia dalla preistoria: il ruolo dell’arte rupestre”, XXIII Valcamonica symposium, Capo di Ponte, 2009

Bolmida P.L., 2009 – Tracce traumatiche e bestiari di pietra in: Pre atti di “Produrre storia dalla preistoria: il ruolo dell’arte rupestre”, XXIII Valcamonica symposium, Capo di Ponte, 2009

De Rosa A., 2009 “L’universo della mente” 11ema edizione delle giornate siciliane di formazione micropsicoanalitica, Villa Piccolo, Capo d’Orlando, 2009

Fabbri P., 2000 – Elogio di Babele Meltemi Editore (seconda edizione) Roma 2003

Freud S., 1915 – Metapsicologia, . Opere, 8. Torino: Boringhieri, 1976.

Marzi G., 2008 – Effetti del microchimerismo fetale nello psichismo di soggetti adulti, in: Convegno di Capo d’Orlando 2008

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2010 – La Grafica dell’Affetto ,in: Convegno di Psicoterapia Medica, Messina, aprile 2010
2010 – La Relazione Psicobiologica Madre-Feto, Edizioni Borla, Roma, 2010