La Collana I Nuovi Tentativi (1999-2002, Tirrenia Stampatori), ideata e diretta da Daniela Gariglio come raccolta di creatività postanalitica, può leggersi, ancora oggi, come testimonianza comune di un naturale indirizzarsi verso un benessere psicobiologico, elaboratosi durante il lavoro psicoanalitico e mantenutosi, come tendenza, nella vita di realtà.

 

itinerando Daniela Gariglio, Itinerando. Odissea di una scrittura, Collana I Nuovi Tentativi, ideata e diretta da Daniela Gariglio, Torchio Orafo, Tirrenia Stampatori, Torino, 2000

Daniel Lysek: “La narrazione come via per accedere all’inconscio” (Postfazione a Itinerando, pp. 241-251)

“Si paragona spesso l’analisi a un viaggio di esplorazione il cui scopo è la scoperta di un territorio segreto, l’inconscio.
Il titolo del lavoro qui presentato ci invita ancora una volta a questo confronto, poichè Itinerando trascina il lettore in quel cammino interiore e lo conduce in modo originale a percorrere quelle terre selvagge.
Il mio intervento sarà di mettere in luce alcune caratteristiche della condotta narrativa scelta dall’Autrice.

Freud e gli psicoanalisti dopo di lui hanno descritto scientificamente l’inconscio. Detto in modo schematico, l’inconscio è una memoria di cui il soggetto ignora il contenuto e che ne influenza la vita a sua insaputa. (p. 241) (…)
Il riconoscimento dell’inconscio costituisce certamente il maggior contributo dei tempi moderni alla comprensione dell’essere umano, corollario indispensabile al gran numero delle scoperte biologiche. Esiste tutta una gamma di pubblicazioni, dalle più scientifiche alle più popolari, che hanno messo le conoscenze analitiche alla portata di tutti, tanto che in occidente esse fanno ormai parte della cultura generale. Sarebbe però ingannevole immaginare che si possano acquisire unicamente con l’intelletto.
Esiste un’altra dimensione del sapere: la comprensione per via emozionale.
Passando attraverso l’affettività, attraverso impressioni e sentimenti, essa integra la comprensione razionale, conferendole un maggior spessore umano. Purtroppo essa è stata troppo spesso esclusa dal pensiero scientifico e confinata nell’ambito artistico.
Prigionieri della loro volontà di fare opera scientifica, gli psicoanalisti hanno ampiamente collaborato a questo movimento. Tuttavia! L’analisi si fonda sulla parola e la parola è veicolo privilegiato delle emozioni e dei sentimenti. Ciò è altrettanto vero per gli scritti letterari che per la parola articolata.
D’altra parte, alcuni autori hanno reso testimonianza di un vissuto analitico tramite un racconto; alcuni sono celebri, per es. La malattia umana di F. Camon oppure Le parole per dirlo di Marie Cardinal. Questi scritti hanno il vantaggio di farci provare emotivamente gli effetti dello psichismo inconscio. Si deve perciò dispiacersi che la maggior parte degli analisti si rifugi nel saggio o nel trattato per trasmettere la propria esperienza e il proprio sapere.
Ora, è proprio questa l’originalità del lavoro perseguito da parecchi anni dalla Dott.ssa Daniela Gariglio la quale utilizza le sue predisposizioni alla scrittura letteraria e la sua espressività poetica per trasmettere le sue conoscenze analitiche e la sua esperienza professionale. Se l’indagine analitica cambia in noi qualche cosa, ciò è dovuto in larga parte alla mobilitazione della nostra affettività, al fatto che certe rappresentazioni si liberano della loro carica affettiva e che questi affetti si leghino progressivamente a rappresentazioni differenti. La carta vincente dell’operazione è di giocare precisamente su questo registro. La sua struttura narrativa e il suo stile esprimono una forza evocatrice che, nella misura in cui il lettore sia aperto a questo approccio originale, lo commuoverà (nel senso etimologico del mettere in movimento) e farà risuonare nella sua coscienza i contenuti dell’inconscio. I racconti lo renderanno sensibile alle ripetizioni cui lo condannano le rappresentazioni e gli affetti rimossi, al potenziale distruttore contenuto nei traumi infantili, ai tentativi tragici di unirsi cui spinge l’amore originario, alla fecondità creatrice consentita dalla pace con l’inconscio e con un vuoto accettato. Insomma, la narrazione crea una lega nella quale emozione, sofferenza e comprensione formano un tutto. (…) Tenterò di mettere a riscontro Itinerando con alcuni aspetti della micropsicoanalisi. In realtà ho sentito, tanto nella sua struttura narrativa che nei temi principali, una visione tipicamente micropsicoanalitica dell’esistenza. (pp. 242-243) (…)
In Itinerando, si trovano tutti gli elementi di cui ho appena sporto uno scorcio teorico: la struttura dell’inconscio, i vissuti utero-infantili e i desideri rimossi, le diverse sfaccettature dell’Edipo e del complesso di castrazione, i rapporti tra l’energia in tensione e il vuoto. Ma la forma narrativa permette di esprimerli in modo figurato e sensibile, in presa diretta con i pensieri, le azioni e gli stati d’animo della vita quotidiana. Itinerando mi dà l’impressione che Daniela Gariglio abbia l’arte di servirsi della scrittura per mettere il lettore sulla lunghezza d’onda dell’inconscio e di ciò che lo compone. Mi sembra che lo faccia in modo naturale (…). Sono convinto che questo non soltanto commuova il lettore ma che egli si faccia così un’idea del nostro terreno inconscio (…). D’altronde, se il racconto traducesse un tentativo scientemente organizzato di esprimere l’inconscio, il messaggio non passerebbe, poiché il linguaggio dell’inconscio non è logico, né ragionato.
Innanzitutto, c’è in Itinerando uno stile, una scrittura che organizza il tempo e lo spazio come l’inconscio che si manifesta attraverso i sogni, i fantasmi o i sintomi nevrotici. Per esempio, Daniela Gariglio spezza spesso il filo del racconto e ne imbroglia le carte, come per farci provare gli effetti della rimozione e della censura tra inconscio e conscio. Inserisce un gran numero di citazioni non per sostenere i suoi propositi, ma in quanto veri e propri elementi costitutivi della narrazione (…).
Infine, costella la narrazione con poesie che sono altrettanti contenuti onirici (…) il cui confronto potrebbe persino essere spinto fino al tipo di impaginazione scelto dall’Autrice; (…) i sogni ci comunicano l’inconscio tanto con la loro forma che con il contenuto; la scrittura verticale delle poesie peraltro ci conduce sempre dall’alto verso il basso e concentra il testo su una sola parte della pagina; sarei tentato di vedervi un mezzo (…) per offrire al lettore l’analisi del profondo e di renderlo sensibile alla relazione energia-vuoto (…).
Una delle qualità di questo libro è di condurci senza digressioni, ma anche senza costrizioni, a qualcosa di essenziale. I temi sviluppati nelle novelle mettono effettivamente in evidenza, in modi diversi, l’incompletezza dell’essere umano e i suoi numerosi tentativi per uscire dal malessere generato da questa incompletezza. (pp. 247-248) (…).
Nel testo che inaugura il libro, Il Compleanno, Daniela Gariglio ci ricorda questa realtà fondamentale: “desideri irrealizzabili per l’irriducibilità di zone traumatiche (…) per fedeltà a quelle esperienze che si sono congelate…”. E la prima novella Delusione di una scoperta, ne è l’illustrazione immediata (…) interpretabile come la metafora della relazione primaria. (…) Questa novella si sviluppa in modo simile alle catene associative che si costituiscono lungo le sedute lunghe. Di tema in tema essa forma una sorta di cerchio associativo. Con il commento della nonagenaria, l’Autrice ci immerge infatti in quel primo periodo della vita e dunque in certi contenuti dell’inconscio: il narcisismo, la costituzione dell’Immagine, la perdita, la mancanza, le radici della solitudine o del dongiovannismo…
Tutta l’opera, in seguito, ci trascina in un vortice fetale-infantile-adulto di legami e di rotture, di unioni più o meno riuscite, di lacerazioni con delusioni e rancori, ma anche di equilibrio profondo, di uno sviluppo tranquillo, di dolce armonia e di legami rasserenanti con elementi universali.
A questo proposito vorrei trasmettere un’ultima riflessione cui mi porta il lavoro di Daniela Gariglio (vi includo Dopo, la prima sua opera narrativa pubblicata). I suoi scritti testimoniano qualcosa di più di una sensibilità femminile. Ci inducono a una concezione specificamente micropsicoanalitica della psicologia femminile. Si rileggano per esempio, Due giorni dopo o Atto unico. Mi sembra che vi si troverà non soltanto una empatia dell’autrice verso la femminilità, ma anche uno sguardo sulla psicologia della donna che differisce alquanto dalle concezioni psicoanalitiche classiche. (…)
La micropsicoanalisi non rimette completamente in questione questa concezione che trova numerose verifiche nella clinica, ma invita a relativizzarla. (..) l’umano si costruisce partendo dal vuoto e attraverso di esso. (…). La reazione all’incompatibilità vuoto-energia può essere positiva, per esempio quando utilizza la breccia aperta per creare o ristrutturare qualche cosa. Può essere negativa, quando cerca di scongiurare l’angoscia del vuoto seminando violenza e desolazione. Nella concezione che il rapporto con il vuoto è proprio la fonte ultima dei dinamismi psichici, si potrebbe ridefinire la femminilità non più in funzione del pene mancante, ma attraverso ciò che questa assenza apporta.
Per fare questo, bisognerebbe andare a cercare al di à dell’Edipo della ragazzina, della sua invidia del pene e dei sintomi nevrotici cui danno luogo le sue proteste virili. Si scoprirebbe allora che la dimestichezza con l’assenza offre certamente alla donna alcuni vantaggi sull’uomo. (…) In una cultura che offrisse così alla femminilità nuove possibilità di espressione, probabilmente l’umanità potrebbe giungere meglio all’essenziale e gestire in modo meno conflittuale i dinamismi mortiferi e salvatori. (…)
Comunque sia, il genere narrativo scelto da Daniela Gariglio permette al lettore di provare emozione per un brandello di sogno e nello stesso tempo per una realtà profonda. Ed è proprio forse per questo che è, a un tempo, opera di donna e di micropsicoanalista: dare a ciò che si prova e al sentire emozionale il posto giusto nel sapere, porlo come complemento indispensabile alla comprensione intellettuale. Perché, meglio di quest’ultima, il “sentire emozionale” offre al lettore l’occasione di trovare in se stesso la propria rappresentazione dell’arcaico, di provarne la vibrazione affettiva e farvi combaciare elementi di comprensione personale. Un po’ come potrebbe farlo scegliendo quell’avventura straordinaria che è un’analisi.(pp. 249-251).”

Daniel Lysek


Gabriella Protto, Invito alla lettura

(in Antologia della Letteratura Italiana, Helicon, a cura di Sirio Guerrieri Giovanni Nocentini, Testi critici di Lia Bronzi, 2000, pp. 201-213)

“Schegge di vita, ripescate dall’amo della memoria e della riflessione analitica, emergono dalla superficie liscia dello stagno, in un percorso di scrittura del tutto particolare, direi quasi a ritroso all’usuale iter stilistico, che generalmente accompagna il lettore dalla freschezza giovanile degli esordi alla più intensa e tormentata rielaborazione interiore, tipica dell’approfondimento raggiunto con la maturità artistica.
Itinerando presenta infatti scritture diverse: novelle, poesie, riflessioni che, inizialmente a più livelli di libertà stilistica ed espressiva, alla fine si omogeneizzano. Nelle novelle giovanili dell’Autrice, pur fresche nella loro ingenuità e sincerità di sentimenti, l’espressione delle pulsioni è infatti come bloccata, vincolata ad una scrittura “di maniera”, con reminescenze stilistiche di tipo verghiano; negli scritti narrativi frutto della metodologia micropsicoanalitica, risuona invece chiaramente l’eco di battaglie, passioni, solitudini, sofferenze, che rimandano alle innumerevoli ore di lavoro e di riflessione analitica, ma che emanano nel contempo la freschezza della genesi letteraria, che è qui espressione della raggiunta serenità interiore, della gioia del dire per dare, per condividere il gusto della vita. È come se il vento forte delle passioni e delle emozioni, che prima non poteva liberamente soffiare, trattenuto com’era nel fondo della vallata, avesse trovato finalmente la forza di liberarsi, per risalire le cime che lo bloccavano e scendere, phon caldo ed avvolgente, lungo gli opposti pendii, per placarsi poi lentamente nelle vaste pianure.
Così ci appare il cammino di scrittura dell’Autrice, approdata ora, nella consapevolezza della maturità professionale, ad una scioltezza espressiva gioiosa e spontanea, tipicamente giovanile: e un cuore giovane ha infatti la Novantenne narrante, che ha attraversato le tempeste della vita, riuscendo via via a liberarsi dalle costrizioni dolorose per approdare non alla “ divina indifferenza”, non alla “statua della sonnolenza” del male di vivere di Montale, ma alla consapevole capacità – che è propria dei fanciulli – di incuriosirsi, di stupirsi, di gioire, di donare, di ricevere… di vivere, infine. E la scrittura si fa allora via via più leggera, pur sottesa di passioni pulsioni dolori travagli: un Ulisse affaticato, quasi travolto dai marosi e risucchiato dai gorghi, scampato a scogliere mortali, che trova alfine la salvifica corrente del flusso interiore, del libero scorrere del pensiero. E vi si abbandona, lasciandosi trasportare dolcemente verso acque tranquille e morbide spiagge. Infine è Cap Coz il posto del “tempo ritrovato”, la sintesi di un tormentato processo dialettico, luogo reale e luogo del pensiero, dove le parole scorrono leggere come nuvole, sciolte da vincoli formali e letterari, tenere pennellate di un acquarello multicolore in cui brillano i verdi e gli azzurri del mare, insieme ai rossi accesi di tramonti presaghi di speranza.
Ed è appunto nelle ultime novelle che la libera associazione lascia fluire i pensieri e le emozioni, libera associazione non assunta e mediata da modelli letterari, ma scaturita dal profondo dell’essere e vagante per luoghi e tempi remoti, eppure mai sentiti così vicini: gli ulivi di Delfi, i fichi d’india della Valle dei Templi, la neve argentea sotto la luna piena, i giochi col delfino… sono frutto della memoria e insieme dell’immaginazione, del vecchio e del nuovo, armoniosamente fusi. Divenuti, per usare le parole dell’Autrice, “una impalpabile mano invisibile entrata come un grande cucchiaio d’argento… a offrire fremiti nuovi. Gemme vitali…” (Zeuthilandhia, pag. 197). “Energia antica di una comunicazione mai interrotta tra l’uomo e l’ambiente.” (Una giornata qualunque, p. 219).”

Gabriella Protto


Rodolfo Tommasi,  (in Dizionario ragionato degli Scrittori italiani del ‘900, Helicon, pp. 178-179).

R.Tommasi, presentando l’opera di D. Gariglio, scrive “(…) psicoanalista e scrittrice, con la sua opera di diffusione nell’ambito del linguaggio, secondo le sue accezioni suggerite dalla sua profonda e appassionata valenza professionale, ha arricchito in modo costante la conoscenza della più autentica scrittura creativa (…) dove la centralità di uno scandaglio umano riflesso in molteplici effetti interpretativi sembra indicare la singolarità e la vastità d’indagine nell’essere, coerentemente sempre perseguite dall’autrice.”


Lia Bronzi, (In Testi critici, 2000, cit.)

L. Bronzi, evidenzia, nella tipologia complessiva della scrittura di Gariglio, “un vero e proprio lavoro di analisi le cui sfaccettature si costituiscono come macrosegno di un contenuto in un processo più ampio di semiosi” (p. 201): “(…) c’è coscienza del fatto che il movimento dell’essere, si chiarisce nelle dialettiche, che non sono solo un movimento interno allo spirito, ma nell’essere stesso, inteso come entità-unità psicobiologica. Dialettiche le cui concatenazioni tendono verso una risoluzione dell’antitesi, prendendo coscienza del conflitto costitutivo dell’essere umano, figlio diretto, secondo la micropsicoanalisi, del conflitto primario: vuoto-energia…”.