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From: Nicola Peluffo
Sent: Friday, August 19, 2011 11:40 AM
To: [email protected]

      Subject: Re: errata-corrige

     Carissimo Pier Luigi, grazie per l’articolo sul “Il Sogno di Michelangelo”. Il tuo lavoro mi piace moltissimo e trovo che sei riuscito a creare una vera sinergia tra la psicoanalisi e l’antropologia della preistoria. Dovresti scrivere un libro sull’argomento.

Un abbraccio affettuoso. Nicola

Lo storicizzarsi di Edipo-castrazione

La dea Ana (5.500 a.C.)

L’archeologia ci fornisce diversi indizi sull’ideologia, la religione e la composizione sociale della Vecchia Europa, il cui apice è situabile nel V millennio a.C. La principale divinità, di chiara provenienza da veneri steatopigiche paleolitiche, era un ente supremo al femminile, la Grande Madre, quintessenza creatrice che aveva dato origine all’intero universo senza bisogno d’intervento maschile, vergine inviolata e tuttavia madre di tutti gli dei  1. È apportatrice della vita, assimilabile alla terra che genera il frutto del raccolto, processo essenziale in una cultura agricola qual era quella europide. La maggioranza dei simboli sono associati alla terra umida, alle acque vivificatrici, agli organi femminili, e si basano su elementi ciclici quali la luna o il corpo della donna. È abbastanza verosimile che il nome, o uno dei nomi della Grande Dea della Vecchia Europa, per lo meno in Occidente, fosse Ana o Dana, sopravvissuto poi come epiteto di divinità femminili in diverse zone dell’Europa posteriore già indoeuropizzata (latino, messapico, celtico). Nella rappresentazione della vita, era implicata nella rigenerazione dopo la morte, a immagine del seme piantato da cui rinasce un nuovo raccolto. Perciò sono frequenti i sepolcri ovali o antropomorfici che evocano l’utero o il corpo della Grande Madre. Nelle decorazioni abbondano immagini della dea, quali labirinti, vulve, seni. Questo mondo era concepito come separato dall’aldilà mediante una barriera d’acqua che i morti attraversavano in barca: l’altro mondo per loro era a occidente e la vita dopo la morte era vista come piacevole e allegra.

La Vecchia Europa era strutturalmente matriarcale, ossia possedeva un’organizzazione intrapsichica, sociale e materiale in cui la madre occupava il ruolo di ipocentro, da cui si irradiava in profondità ogni fenomeno e oggetto, fisico o mentale. L’eredità veniva trasmessa per linea femminile, così come il nome e l’appartenenza a una discendenza. Ma tutto ciò non sembra aver comportato una sottomissione dell’uomo alla donna, in realtà la società dell’Europa neolitica sembra essere stata molto paritaria, non c’erano grandi differenze né di classe né di censo né di sesso. Sicuramente esisteva una distinzione tra funzioni maschili e occupazioni femminili ma l’uguale fasto delle sepolture lascia ipotizzare la condivisione della stessa posizione sociale tra uomini e donne. Nel sistema matriarcale dell’Europa primitiva, la donna sceglieva liberamente il marito, o meglio i mariti. Il concetto di adulterio, che in seguito obbedirà nelle società patriarcali alla necessità di garantire la purezza della successione per via paterna, in effetti non esisteva, come non esisteva neppure una punizione per reprimerlo. Neanche la verginità aveva un qualsiasi valore, non c’era manco la necessità di conoscere chi fosse il padre e naturalmente era la madre che accudiva, allevava ed educava i figli (cfr.: M. Gimbutas). Forse è in questo periodo che si può situare l’origine di un giardino delle delizie perduto, il sumero Edenu, distrutto dalla bramosia di conoscenza. Il V millennio rappresentò il momento di massimo splendore della civiltà di un’antica Europa pacifica, scarsamente popolosa ma sufficientemente nutrita (da una dieta a base di carboidrati e la capacità acquisita di metabolizzare il lattosio), egualitaria e portatrice di una spiritualità fortemente legata alla terra, durata millenni, sicuramente dal Mesolitico in avanti, fino ad influenzare la stessa Roma: durante l’epoca monarchica precedente alla repubblica, la successione dei re avveniva infatti per linea materna, proprio per influenza del sistema matrilineare etrusco. Prima dell’arrivo degli Elleni, in Grecia abitavano genti conosciute coi nomi di Pelasgi, Lelegi e Cari, tutte stirpi devote al culto della Grande Madre, che le tradizioni greche consideravano come i primitivi abitanti dell’Ellade. Nelle isole di Nasso, Coo e Lesbo sopravvissero vestigia di matriarcato e di successione materna fino in epoca romana. Senza alcun dubbio, la testimonianza storica più brillante ed evidente di ciò che fu l’affascinante civiltà della Vecchia Europa la si ritrova tuttavia a Creta, nella sua raffinata sensibilità artistica, espressa nei suoi primevi vasi litici colorati, sigilli ed amuleti, molto simili a quelli egizi. La religione minoica era incentrata su divinità femminili, con officianti femminili.

Quando gli Indoeuropei, «a partire da un unico ceppo originario (generalmente individuato nelle popolazioni ucraino caucasiche), fra la fine del V e l’inizio del III mill. a.C. intrapresero la loro lenta ma inesorabile penetrazione nella zona continentale, sviluppando una famiglia di culture estese dalla regione atlantica sino all’area iranica» 2 , l’antica cultura europide iniziò una graduale disgregazione, dando nondimeno principio a una nuova civilizzazione, in cui si fusero le antiche popolazioni autoctone di lingua semita con quelle provenienti dall’Europa centro settentrionale. È su questa silloge filologica, avvenuta in prima battuta in zona anatolica e del vicino Oriente, che si fonda tutta la cultura contemporanea occidentale. Intanto, con lentezza ma progressivamente, si andavano via via ad esprimere nelle rappresentazioni pittografiche non più riti e celebrazioni agresti ma lance, asce bipenne, spade e carri trainati da cavalli. Come scrive brillantemente U. Sansoni:

 «Con un grande sguardo d’insieme l’arte rupestre protostorica, dal Calcolitico al Ferro, mostra infatti una progressiva e cangiante attenzione sulle armi e gli armati, sulle figure circolari, su alcuni zoomorfi e su carri, arnesi e strutture; ovunque si va verso una rappresentazione proporzionata, realistica, con tono individualistico, cioè di personalizzazione. E mentre la figura (spesso itifallica) ed il ruolo maschile è a tutto campo, ovunque la figura femminile, dove riconoscibile, è progressivamente marginalizzata, confinata a pochi ambiti, come le scene di accoppiamento (topos di ruolo maschile) o di “adorazione” ed il femminile stesso sembra tutt’al più trasposto in particolari elementi simbolici. Le figure maschili non armate, particolarmente gli oranti, nel contempo hanno invece un notevole risalto rituale. Un mondo ideologicamente retto da valori virili in tutti i suoi aspetti: vediamo il guerriero, il cacciatore, il conduttore di carri e di navi, l’aratore, il ‘domesticatore’, l’artigiano nei prodotti della sua arte, il procreatore nell’atto fecondatore e l’adorante, il sacerdote o il dio che il tutto, in linea di principio, raccorda. Al fianco vediamo gli animali selvatici, nel mondo mitico del cacciatore, con un diffuso risalto sul cervo maschio, e fra i domestici, sul cavallo, d’utilizzo prettamente maschile, quindi sugli uccelli (in Occidente) che proiettano in una dimensione simbolica celeste e probabilmente psicopompa. Al vertice le figure di disco raggiato, puntato o crociato con gli esempi di stretta connessione alla figura maschile in veste uranica. E su tale quadro il carattere, fondamentalmente calcolitico, della visione frontale, verticale, ascensionale delle stele, con probabili risvolti di simbologia fallica. Con tutta la prudenza del caso, tali caratteri tematici paiono comporre un vasto set ideologico che manifesta lungo le stesse fasi e le stesse grandi regioni dell’espansione indoeuropea. Un set che ben accorda con quanto ci rivelano i costumi rituali,essenzialmente funerari, delle corrispondenti culture archeologiche.». 3

Quando finalmente fu del tutto indoeuropizzata dai greci, l’antica civiltà cretese preellenica tuttavia non scomparve completamente ma sopravvisse in modo criptico, continuando a mantenere una parte delle sue tradizioni, intimamente connesse agli aspetti matriarcali. A Creta, ma come vedremo, ovunque, si evidenziarono così due tipi di scrittura. Una, ufficiale, di tipo pittografico, utilizzata tra il 2.000 e il 1.600 a.C., che oggi, parzialmente decifrata, è usualmente chiamata scrittura geroglifica cretese. L’altra invece palesava profonde affinità con la cultura della Vecchia Europa, associabili alla proto scrittura di Vinča (le tavolette di Tǎrtǎria), una civiltà ceramico – calcolitica che si sviluppò nella penisola Balcanica e in Macedonia, sistemandosi quindi come reliquia di epoche storiche precedenti, e opponendosi pertanto allo sradicamento delle vecchie lingue da parte delle popolazioni indoeuropee (Villar, ibid.). Un idioma parallelo -quali possono essere oggi il basco, il gaelico o il mannese- che si pone come obiettivo la conservazione e la trasmissione delle antiche tradizioni, un linguaggio ipogeo che in realtà tenta di (de)negare una delle più grandi scoperte e rivoluzioni compiute dagli Indoeuropei, innovazioni in parte traumatiche che non competono né l’invenzione del carro né l’addomesticamento del cavallo e neppure la forgia del ferro, bensì la potenza vivificatrice sprigionata dallo sperma. A conferma, nel 1969 a Paspardo in Val Camonica, E. Anati scoprì, ripulì e fotografò la “Roccia del Grande Fallo”, un’incisione rupestre risalente all’età del Ferro, precedente al periodo d’influenza etrusca, riferibile attorno alla metà del primo millennio a.C. e pertanto coeva alla stesura dell’«Edipo Re» di Sofocle: «Il petrogramma rappresenta, quasi sicuramente a fini didascalici da proporre ai giovani maschi durante i riti iniziatici, un pene in erezione nell’atto di eiaculare».Vale a dire che s’ insegnava ai giovani, tramite rappresentazioni figurali e rituali, il valore, il significato e la funzione dell’emissione spermatica nell’esplicitarsi delle sue mansioni fecondative. Si rintracciano reperti simili risalenti all’inizio del III millennio a.C. 4

Occorre ben tenere presente che meno di un sesto soltanto, dei circa quarantamila anni di “storia” ben attestata e documentata dall’arte rupestre, vede la donna confinata in secondo piano, deprivata di ogni potere, “paredra del dio” e relegata all’unico, sia pur nobile, compito di procreare ed allevare i figli, allorquando sappiamo per certo che ella, fin dalle origini del Sapiens S. nel Paleolitico superiore, fu posta per almeno centomila anni al centro della Creazione, come fondamento della società e fulcro economico di accumulo, conservazione e distribuzione dei beni (cfr. anche: Tonantzin azteca, il calendario matriarcale maya,ecc.). Questa Magna Mater sembra aver tenuto nelle sue braccia l’umanità di cacciatori e raccoglitori lungo tutta la fase paleolitica. Tuttavia, già nel Sapiens arcaico, il Neanderthal del Paleolitico inferiore (150/200.000 a.C.), ed almeno in modo rudimentale, nell’Erectus , quasi sicuramente potremmo ritrovare arcaiche vestigia di isterocrazia come un molto probabile residuo filogenetico derivato dal modello sociale e dai rapporti di dominanza in uso all’interno dei gruppi di bonobo, scimmie antropomorfe appartenenti alla famiglia Ominoidea, ossia gli organismi viventi geneticamente più vicini all’australopiteco. In tali gruppi, le decisioni di qualsiasi ordine dipendono dalla “femmina alfa”, ed anche lo “status” sociale dei maschi procede da quello delle femmine, in quanto “ereditato” dalla madre.

«Se l’indoeuropizzazione è una realtà, e lo è, l’arte rupestre collocabile in quest’ambito, mutuando il metodo linguistico, individua radicali (temi), suffissi (declinazione dei temi) e morfologia (articolazioni in scene) di base, verificando concordanze e similitudini in realtà ben precise, quali la verticalità fallica delle steli, 5 nella prospettiva di un centro ideologico emanatore, calcolitico, che nell’arco di almeno tre millenni, con onde sempre più differenziate, permea, vincente, l’intero continente europeo ed il Centro Asia» (Sansoni, ibid.).

Quello indoeuropeo è un processo d’espansione plurimillenaria, soprattutto per via fonetica – lessicale, quindi squisitamente intrapsichica, che si trascina appresso i propri inevitabili sovvertimenti sociali, culturali, religiosi e le sostanziali innovazioni tecnologiche, ed in ultima analisi avrà come effetto estremo il “castrare” la Grande Madre della sua totopotenza generatrice, formalizzando ufficialmente quella che S. Freud definirà in termini di una “perpetua oscillazione” tra la posizione di disconoscimento o diniego della castrazione materna e la sua, volatile e fugace, accettazione.

In un’applicazione pratica della tanto contestata, ma in parte valida, legge di Ernst Heinrich Haeckel sull’ ontogenesi che ricapitola la filogenesi, possiamo ritrovare traccia di quanto avvenne sei millenni orsono nelle Teorie Infantili sulla Sessualità, in specifico, nella fantasia urinaria che a livello del Preconscio profondo sussiste invariata a tutt’oggi nei bambini contemporanei, permeandone la Coscienza. Fino ai tre anni infatti essi aderiscono completamente alla teoria (sadico)uretrale della fecondazione. Ossia, la madre contiene od ha contenuto dentro sé tutti figli, già nati o ancora a venire. Il padre, tramite atto accessorio, quasi di minzione, “risveglia” i figli assopiti ed essi nascono. E’ l’adesione assoluta alla Grande Madre, genesi ed esordio di tutta la vita.

La rivoluzione indoeuropea ribalta la prospettiva e stabilisce come nello spermio siano contenuti i principi vitali atti a procreare, relegando in tal modo la madre a un ruolo secondario nelle vicende del concepimento. In sintesi, è in quest’epoca che si può situare la nascita della famiglia patriarcale, in cui il maschile appare centrale e la domina è subordinata al dominus. Tale organizzazione  nei millenni gradualmente immetterà un ordinamento statico, in cui è postulato che tutti gli uomini siano virili e tutte le donne muliebri, attribuendo all’uomo i ruoli guida e la maggior parte dei privilegi della società. Viene quindi negata une delle principali bipolarità della vita psichica, quella relativa all’oscillazione tra l’orientamento femminile e quello maschile, invece ben ammessa e riconosciuta dalle civiltà neolitiche precedenti, che diventerà fondamento di tutta la spiritualità delle civiltà estremo orientali.

La teoria protostorica indoeuropea si organizza intorno a una serie di congetture, che approderanno decine di secoli dopo nel “ Preformismo“, secondo le quali l’uomo o l’animale adulto, con tutti gli organi e i caratteri ereditari preformati, si trova già in miniatura nel germe (dio padre), ossia nello spermatozoo, mentre l’ovulo avrà la sola funzione di nutrirlo, una semplice mansione secondaria, di sussistenza e approvvigionamento. Tale formulazione embriologica è ancora ben presente in Leonardo da Vinci quando, insieme alle prime e straordinarie tavole anatomiche che illustrano i processi gravidici, da convinto ‘spermatista‘ adotta la “Teoria dell’Homunculus”, rappresentando gli spermatozoi, provenienti dal midollo spinale, come bimbini piccolissimi, già completati morfologicamente, che durante il coito vengono “piantati” nel ventre materno, che li alimenta e farà sbocciare come in terra feconda, contenuta in un “debito vaso”. 6 Ricordo che lo Spermatismo fu l’ipotesi giudicata la più credibile e scientifica dall’Encyclopédie di Diderot, rigettando come non veritiera l’opposta teoria dell‘Ovismo, che sosteneva la presenza nell’ovulo del futuro essere preformato (un ulteriore ritorno alla Grande Madre). La diatriba si concluderà solo nel XIX secolo con l’affermazione definitiva della teoria cellulare, grazie al perfezionamento del microscopio.

Dal punto di vista dell’Epistemologia Genetica, tuttavia è indubbio che la trasformazione del liquido seminale, da semplice attributo necessario ma non indispensabile, in requisito imprescindibile nella procreazione, costituisca sul piano delle facoltà intellettive una forma di pensiero logico superiore astratto, cioè non basato sull’ osservazione sensoriale, capace di desumere una legge universale, intesa come costante fondamentale indipendente dalle condizioni di luogo e di tempo. Questo processo di formalizzazione cognitiva dei dati percettivi rappresenta una grande economia di energia e permette di accedere a un ragionamento concettuale , consente cioè la trasformazione dell’esperienza sensorio – motoria in rappresentazione verbale e ideativa, originando un sistema coerente di risoluzione logico-teorica del problema, anche se parzialmente inesatta. 7 Ma tutta la conoscenza scientifica procede in questo modo.

Da quanto rilevato dall’archeologia rupestre, mi pare legittimo arguire che tale passaggio a un modello di pensiero astratto -che per un lunghissimo periodo di tempo ebbe come “precursore intuitivo” un coacervo di tentativi pre-operatori scaturiti dalle esperienze empiriche personali e da quelle di vita pastorale e agreste- si sia strutturato stabilmente proprio presso gli Indoeuropei, tramite la conseguente e irreversibile dislocazione del principio vitale negli dei uranici, cioè nello spostamento dell’importanza dal dio-madre al dio-padre (Dyeus Pətēr, ossia “Padre Cielo”). L’interrogativo che si auto impone riguardo alla traslazione dalla legge materna a quella paterna compete l’evoluzione della specie: tale mutazione, abbastanza repentina in termini evolutivi, comportò reali benefici per la conservazione e l’adattamento degli individui, per la loro salute e longevità, per il loro progresso intellettuale e l’incremento delle loro capacità di apprendimento, o fu solo evento accidentale, apportatore di svantaggi e sventure?

Sicuramente occorre scindere i due livelli di funzionamento intrapsichico: quello logico-razionale, più direttamente orientato verso il principio di realtà, ne ricevette un grande impulso per lo sviluppo delle scienze, le tecniche, le arti, l’industria, l’artigianato, il commercio ma anche importante stimolo verso un’organizzazione sacerdotale-politica-militare elitaria e irreversibile. Come ineluttabile e preordinata conseguenza di tale accelerazione, tra il VII e V I secolo a.C. nel regno di Lidia si giunse a battere la prima moneta in elettro. 8 Inoltre, col susseguente accrescimento della popolazione, dello sfruttamento incrementale delle risorse naturali, la diffusione di armi tecnologicamente evolute e l’organizzarsi dei grandi imperi, andò sempre più a costituirsi e a generalizzarsi il concetto di “Rivale Storico Umano” da eliminare (generalmente, la tribù confinante), mentre tale entità era sconosciuta dalla civiltà dell’ Europa neolitica, che di preferenza coglieva nell’Animale l’ avversario da sopprimere/venerare.

Sul piano emozionale profondo invece, provocò soprattutto grandi sconvolgimenti traumatici ed ampie flottazioni affettive, in quanto andò ad interferire con vaste frange di allucinazione primaria, già sistemate in plurimillenarie credenze simboliche, magiche, spirituali e superstiziose, stabilizzate nella ritualità e condivise culturalmente. Comunque, con elevata probabilità, il risultato collaterale fu un aumento esponenziale dell’aggressività: in definitiva, con l’indoeuropizzazione, la razza umana è divenuta per certo più efficiente e raziocinante ma molto più infelice, sola e malinconica.

Benché argomento apparentemente peregrino e troppo abusato, segnalo in ultimo come quello della castrazione sia un tema mitico universalmente diffuso e rappresentato nelle guise e forme più sfaccettate, dato che si ricollega al nucleo centrale della trasmissione del potere regale. A questo tema si sono abbondantemente ispirate tutte le diverse grandi famiglie indoeuropee, sia la tradizione ittita sia quella assiro babilonese, persiana, quella vedica, l’egizia (con Osiride) sino a giungere alla mitologia greco-romana (con Urano). Personalmente, non sono in possesso di informazioni a riguardo delle mitologie dell’Estremo Oriente.

A questo punto della mia narrazione, sincretica ma per innumerevoli Autori assolutamente veridica, il Lettore più sensibile alla teorizzazione psicoanalitica avrà saputo rintracciare tutti gli elementi di rilevanza fallica che si aggregano e si strutturano all’interno del Complesso di Edipo, esattamente così come fu individuato e descritto da S. Freud. Coloro invece che sono più interessati al discorso socio-politico, avranno potuto individuare i prodromi culturali e i precursori circostanziali che in seguito avranno come effetto la nascita e la formazione del Capitalismo moderno: in definitiva, le due espressioni comportamentali sono strettamente interconnesse e si ricongiungono nel pensiero geniale di C. Castaneda, uno dei più noti antropologi al mondo, in quanto, nella sua totale adesione allo sciamanesimo sudamericano alla ricerca della verità, rifiutò ogni modello occidentale di spiegazione filosofica, scientifica o tecnologica del mondo e del reale, raggiungendo nella sua riflessione una dimensione “quasi quantistica”. I suoi studi sulle vie per il raggiungimento della conoscenza, Lophophora williamsii (peyoti) a parte, furono davvero straordinari e innovatori.

Le due isterie

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Diana Lucifera, Pergamo

S. Freud isolò due espressioni sintomatiche di isteria, quella di conversione e quella fobica, definendo in pratica due lessici distinti per trasmettere la stessa informazione o risolvere il medesimo conflitto tramite una duplice formazione di compromesso.

Dopo le sapienti dissezioni psico-anatomiche operate da J.M.Charcot, il ‘principe della Salpêtrière’, e le geniali osservazioni compiute da S .Freud e J. Breuer, risulta quasi impossibile aggiungere qualche considerazione clinica che possa approfondirne la conoscenza. Rinvio pertanto il Lettore che volesse impratichirsi dell’argomento in modo più esaustivo, agli “Studi sull’Isteria” di S. Freud. 9 In questa sede mi limiterò a prendere esclusivamente in esame una delle singolarità fondamentali dell’attacco isterico, quella relativa all’originaria bisessualità costituzionale (lezione 3ª dei citati Studi).

In una sintesi più che condensata, possiamo dire che l’isteria di conversione è definibile tramite un’ iperespressività somatica di affetti e rappresentazioni inconsce. I suoi sintomi sono manifestazioni psico-motorie, sensoriali o vegetative che realizzano appunto la trasposizione delle eccitazioni dal livello psichico a quello somatico. Due sono gli elementi patognomonici indispensabili allo stabilirsi della turbe: 1°) la forza inconscia della realizzazione plastica delle fantasie sul piano corporeo, 2°) la struttura intrapsichica complessiva della personalità isterica, in cui l’organizzazione dell’Io appare particolarmente lacunare ed instabile, favorendo in tal modo il costituirsi di stati crepuscolari semi coscienti, molto simili a quelli ipnotici, all’interno dei quali vengono a depositarsi i derivati camuffati di desideri rimossi. In ultima analisi, possiamo ricondurre la plasticità della compiacenza somatica a una sorta di tecnica, ma anche di capacità artistica, del plasmare e manipolare una sostanza duttile e flessibile, quali appunto gli organi interni del corpo, operata dalle fantasie inconsce allo scopo di dar loro una determinata forma, ossia quella allucinata. Per scientificità, bisognerebbe parlare di “una forma suggestionata dalle fantasie”, per sottolineare l’importanza che la suggestione riveste nella genesi e nella terapia dei fenomeni isterici, così come sapientemente suggerì col termine di ‘pitiatismo’ -dal greco πείϑω «persuadere» e ἰατός «guaribile»- il neuropsichiatra polacco J. Babiński (1901), che lo propose in sostituzione della più limitativa e ‘sessista’ designazione di isteria. Naturalmente, i seguaci di J.M. Charcot, assai affezionati all’ ‘etiologia ‘uterina’ del disturbo, ripudiarono sia la nuova denominazione sia il prezioso contributo.

Le unità fisiologiche così prescelte, della vista, dell’udito, dell’olfatto, della fonazione, della respirazione, della digestione, dei muscoli scheletrici, financo del Sistema Nervoso Centrale (nelle emicranie isteriche), diventano in questo modo lo scenario di una pantomima, talora drammatica, più spesso farsesca, di un’esibizione a sfondo aggressivo sessuale, in cui i protagonisti principali sono la mascolinità e la femminilità, o, più esattamente, l’attività e la passività elette a rappresentanti di una scena coitale traumatica, osservata ma oramai rimossa. Si stabilisce così una specie di ‘arco riflesso’ all’interno del quale le due componenti, maschile/attiva e femminile/passiva, possono esprimersi e riunirsi in un unico corpo totopotente, dotato di entrambi gli apparati riproduttivi interpretati nelle loro funzioni di copula, realizzando pienamente il diniego della castrazione, che in definitiva risulta il desiderio principale e più arcaico da soddisfare. In un rimbalzo difensivo, le strutture superegoiche deformeranno il tutto, trasformando la soddisfazione del desiderio in una dolorosa punizione che assume sembianze di una grave malattia, che tuttavia mai e in nessun caso recherà un vero pregiudizio al soma: la mancanza della lesione d’organo, che risulta inibito ma mai offeso, è precipuo elemento diagnostico differenziale per riconoscere un attacco isterico da un sintomo psicosomatico.

Questo per quanta riguarda il cosiddetto ‘utile primario’ del sintomo isterico, mentre il vantaggio secondario consiste nel tentativo alloplastico dell’Io di utilizzare i sintomi per modificare la situazione attuale a proprio favore, tramite le reazioni drammatizzate e la teatralità, finalizzate ad ottenere commiserazione, attenzione ed indulgenza. I benefici secondari della nevrosi isterica sono particolarmente “vischiosi”, tenaci e persistenti, per cui in molti casi rappresentano la principale resistenza inerziale ad ogni forma di cambiamento del soggetto, che si dimostra come “bloccato”, fissato alla sua sintomatologia immaginaria. In effetti, il concetto di fissazione a situazioni traumatiche risulta di primaria importanza nell’eziologia della nevrosi isterica, che classicamente risale a momenti sconvolgenti relativi alla fase fallica o all’inizio di quella genitale. Tuttavia, in molti casi di isteria, le fissazioni alla fase edipica sono esse stesse il risultato di ulteriori fissazioni pre-edipiche, soprattutto di natura orale. Il concetto di fissazione multipla a pre-determinazione orale serve a spiegare, da un punto di vista psicodinamico, le connessioni cliniche frequentemente osservate tra isteria e tossicomania, isteria e depressione e isteria e schizofrenia: quando la fissazione orale ha la prevalenza, la capacità d’integrazione dell’Io diminuisce proporzionalmente e la regressione pre-psicotica ne risulta facilitata.

Desidero inoltre sottolineare la grande importanza dei processi di identificazione nella genesi ed evoluzione dell’isteria di conversione – ma anche di quella fobica- dove tali meccanismi esprimono lo stretto rapporto della persona con i modelli posturali di persone diverse (normalmente i genitori) che vengono condensati, ricostruiti e “modellati” all’interno dello schema corporeo del soggetto malato. L’identificazione isterica è pertanto caratterizzata dal fatto che tutti i rapporti oggettuali possono regredire fino ad essere espressi nel mutamento di un organo o di una sua funzione, che viene ad assumere i caratteri specifici della relazione a cui ci si identifica. Innumerevoli condensazioni di rapporti oggettuali possono così venire espresse nell’innervazione isterica di un organo corporeo, che può riassumere in sé movimenti anche antagonisti e contrastanti, come nell’arco riflesso isterico, che, come visto, riassume – rappresenta la scena coitale nelle sue duplici componenti attive-passive.

Per riassumere,il “Disturbo somatiforme“costituisce il derivato mascherato dell’autoerotismo primario, tipico dello stadio sadico-orale, durante il quale ogni parte del corpo può essere individuata come zona erogena. Si tratta dunque di una fissazione agli stadi precoci di sviluppo psicosessuale, in cui non si è ancora compiuta la differenziazione dei sessi e, non essendosi ancora completato integralmente il processo d’individuazione dell’Io, il bambino si percepisce e si vive come una parte di un tutto materno, o, in vernacolo specialistico, come il pene della madre se-stesso. Molto di frequente, tale fissazione masturbatoria viene repentinamente rimossa in preadolescenza/inizio adolescenza, nel corso di specifici sogni d’angoscia, talora veri incubi, in cui il soggetto si trova confrontato con spaventose entità demoniache o ‘luciferine’ che lo minacciano e lo terrorizzano e da cui dovrà allontanarsi intimorito. In seguito a tale drastica azione onirica rimovente della pratica onanistica, nelle persone predisposte, maschi o femmine, viene ad installarsi il malessere isteriforme come formazione sostitutiva.

Il disturbo di conversione realizza pertanto un sintomo di compromesso, da una parte, tra le possenti spinte generate da un nucleo filogenetico rimosso, ma riattivato per eredità costituzionale, che compete il bisogno-desiderio di ricostruire la diade primigenia madre-feto, annullando la nascita/castrazione materna; e, d’altra parte, le incoercibili esigenze della realtà attuale alimentate dalle spinte di autoconservazione. Nella formazione sintomatica, tale conflitto inconscio è trasformato dalle difese nell’immagine preconscia di una madre protofallica, non castrata dall’intrusione di un aggressore esterno, a cui identificarsi totalmente, mentre, nella sistemazione religiosa, concorre ad alimentare la fantasia conscia di un’entità totopotente, vergine e madre (la Grande Madre).

Se utilizzassimo un linguaggio mediato dalla biologia o dalla botanica, potremmo definire il sintomo di conversione come il corrispettivo inconscio della fantasia-desiderio-bisogno di procreazione senza l’unione di anisogameti, ma tramite la costituzione di un isozigote (come in alcuni ceppi probiotici umani) allucinatorio, che annulli la distinzione morfologica tra cellule germinali maschili e quelle femminili. Mutuando il discorso dall’archeologia, si potrebbe definire lo stesso disturbo come una riesumazione dell’ idioma di Vinča, che criptando il messaggio, annulla la lingua indoeuropea invasiva e diniega l’evirazione della Madre Primordiale.

 

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Dea Uccello
Tardo Vinca

Nei casi in cui “la debolezza mentale innata” (J.P.Moebius) o “la ristrettezza del campo di coscienza” (P. Janet) non sussistano e pertanto non si verifichi la formazione di stati oniroidi come momenti privilegiati di costituzione del sintomo, l’organizzazione dell’Io può impedire la scissione della coscienza e la conseguente formazione di gruppi psichici separati. Nell’Isteria Fobica, così denominata da Freud dopo il caso del Piccolo Hans -definita anche Isteria d’Angoscia col termine introdotto da W. Stekel- lo stesso nucleo originario composto dai bisogni-desideri-fantasie, che nell’isteria di conversione vengono plasmati dalla compiacenza somatica in sintomi pseudo-organici, impatta invece sui meccanismi efficienti dell’Inconscio, dando così origine a rappresentazioni ed affetti in grado di “imbrigliare” o vincolare gli effetti distruttivi del trauma. 10 In effetti, i sommovimenti oscillatori traumatici possono in questo modo trovare espressioni sintomatiche diverse, più evolute ed egosintoniche, fondate sulla sintesi dinamica dello spostamentocondensazione, l’evitamento e la ripetizione.

Prima di soffermarmi concisamente su questa triade costitutiva di organizzazioni difensive intrapsichiche fondamentali, desidero esprimere la mia totale e partecipata concordanza con la tesi presentata oltre cinquant’anni fa da S. Arieti, 11 che fu il più eminente clinico psicopatologo italiano contemporaneo, psichiatra e psicoanalista, chiamato a dirigere il Bellevue Hospital di New York negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. Nel corso di un breve articolo, lo scienziato pisano avanzò la fondata, e per l’epoca rivoluzionaria, supposizione che la Nevrosi Fobica, quella reale, potesse strutturarsi soltanto intorno a paure di “grandi animali”, ossia che l’essenza fondamentale di tale conflitto fosse per propria intrinseca natura quella di una “zoofobiaa base filogenetico – ereditaria. In quest’ottica, già a partire dalle paure di piccoli animali, quali parassiti, ragni, insetti, vermi o microbi, così come i vari timori associati alle più disparate condizioni esistenziali (morte o malattie), situazionali (sostenere esami, concorsi), sociali (parlare in pubblico), spaziali (attraversare luoghi aperti o chiusi), fisiologiche (ereutofobia, rupofobia), o manifestati verso i mezzi di trasporto (il treno all’epoca di Freud, l’aereo oggi) et similia, non sarebbe più possibile contestualizzare i sintomi nei termini di nevrosi fobica, ma piuttosto classificarli come “infiltrazioni” di tipo fobico in stati morbosi diversi e molto più gravi, quali la nevrosi d’angoscia, l’ipocondria,la nevrosi ossessiva, le alterazioni psicotiche o la melanconia. Segnalo rapidamente come già nel 1961 S. Arieti facesse riferimento alla trasmissione ereditaria di traumatismi intrapsichici di origine atavica.

In sintesi, si può considerare il sintomo fobico come un meccanismo difensivo che provoca lo spostamento dell’angoscia, al fine di una sua importante riduzione, su un oggetto reale esterno: l’oggetto fobico ha dunque un valore prettamente sostitutivo, essendo un mascheramento simbolico di una realtà intrapsichica traumatica a fissazione infantile. 12  In effetti, possiamo affermare che la fobia è uno stato di ansietà normale nel corso della fanciullezza ed è, per Freud,una delle nevrosi che necessita di meno di una predisposizione particolare per manifestarsi: «Non vi è nulla di strano che fobie e angoscia infantile concordino, poiché le fobie dei bambini non sono soltanto il modello di quelle – che noi classifichiamo nell'”isteria d’angoscia” – bensì la loro diretta condizione preliminare e il loro preludio». 13

Occorre considerare che, fra i 5 e i 9 mesi, il lattante è terrorizzato da qualsiasi stimolazione troppo intensa ma soprattutto dalla sensazione di perdita del sostegno nell’accudimento e manifesta paura verso persone e situazioni estranee, non familiari. Tra i 2 e i tre anni diventa predominante la paura di animali feroci: A. Gesell ha accuratamente documentato il fatto che, se episodicamente il bambino si risveglia in stato di panico in seguito a sogni di animali che mordono, mangiano o inseguono (cani, cavalli, lupi, orsi, gatti, mucche o tori, ratti, serpenti, leoni, tigri, corvi, pipistrelli, ecc.), questo costituisca evento normale e benigno, costituzionalmente necessario allo sviluppo psico-sessuale del bambino, al fine di controllare e ridimensionare la quantità d’angoscia. Preciso che le esperienze traumatiche neonatali di “perdita di sostegno” sono quelle che con tutta probabilità in età adulta alimentano lo stato somato-psichico delle “vertigini“, specificando che il termine “accudimento” deriva dal tardo latino: “ad cudum“, al gomito, con riferimento specifico all’angolo naturale formato da braccio-avambraccio materno, che accoglie il lattante durante la fondamentale funzione di allattamento al seno. Rimando ad altra occasione un chiarimento sulla “vertigo depressiva“.

Se è dunque vero che la fobia costituisce uno stato di timorosa preoccupazione basilare nel lattante-fanciullo, occorre anche prendere atto che la medesima condizione d’ insicurezza connotò l’essere umano durante tutta la sua evoluzione, accompagnandolo per l’intero processo di ominazione e, soprattutto, come fin dalle origini tale substrato di inquietudini fosse dislocato sull’ immagine dei grandi animali più feroci, che rappresentavano un effettivo pericolo per la sua sopravvivenza. Il Progenitore infatti non temeva né gl’insetti né i batteri né l’arrossire. Così come il bambino.

L’oggetto dell’Isteria Fobica per le suddette ragioni si situa dunque all’intersezione dei momenti traumatici rimossi di natura ontogenetica con le zoofobie a derivazione filogenetico – ereditaria, dipendenti dalle esperienze paurose vissute dagli antenati preistorici (e storici).

Il nucleo originario relativo alla primigenia attività autoerotica e la consequenziale bisessualità, in base ai processi difensivi sopra descritti, viene pertanto scisso in due parti: la componente fallica, relativa alle spinte verso l’attività/mascolinità viene spostata sul grande animale prescelto, che si trasforma in tal modo in aggressore esterno, mentre i costituenti della passività/femminilità sono trattenuti all’interno dell’organizzazione intrapsichica sotto forma di identificazione all’aggredito, che esperimenta la paura. Questo inserimento dell’oggetto fobico in contesti associativi esterni più egosintonici e meno conflittuali di quelli di conversione, permette all’organizzazione dell’Io una migliore gestione dell’eccitazione traumatica, con un conseguente risparmio di energia libidica, che può essere re-investita nella costruzione di un “oggetto contro fobico” di rassicurazione, che in alcuni casi è un oggetto psicomateriale concreto, in altri una semplice condotta di conforto e consolazione, cioè una ritualità gestuale, di scongiuro o di supplica. Mediante tali pratiche, il soggetto, bambino o adulto, può coricarsi ‘sicuro’ di non dover affrontare brutti sogni o inoltrarsi in luoghi sconosciuti con minor timore d’incontrare l’animale paventato. Segnalo a questo proposito che una gran parte di tatuaggi oggi tanto in voga che effigiano bestiari in vario grado e misura orripilanti, costituiscono una condotta di rassicurazione ma devono annoverarsi appunto tra le infiltrazioni ad andamento pseudofobico in sindromi psicopatologiche molto più gravi, sino ai disordini di tipo schizoide.

Tuttavia, l’oggetto di rassicurazione contro-fobica per eccellenza, per costituzione atavico – ancestrale stessa, è rappresentato dall’animale ‘benevole’ che, affabile, fedele, protettivo e disponibile, dalla domesticazione del Canis lupus familiaris in poi accompagna il Sapiens da quasi 15.000 anni (Felis silvestris catus da meno di 5.000).Questa fondamentale sinapsi affettivo– energetica, che unisce l’uomo all’animale, è la sostanziale e unica ragione dell’esito positivo di ogni sorta e tipo di ” Pet therapy“, la sola forma di psicoterapia istintiva praticata dall’Epipaleolitico a oggi.

Esiste tuttavia una ‘complicanza’clinica, determinata dal fatto che il nevrotico fobico, afflitto da una zoofobia ben strutturata, funzionante e protettiva, provi l’esigenza ricorrente, a intervalli più o meno regolari, di ‘confrontarsi’ con il proprio oggetto fobico, e questo per ottenere una scarica abreativa più diretta e ritrovare lo stato di quiete. Ecco allora che la persona angustiata dalla paura delle mucche debba ciclicamente recarsi in Val d’Aosta o il soggetto angariato dall’ornitofobia ami soggiornare spesso a Venezia. Tale necessità di ri-esperimentare una scarica abreativa è la stessa che sostiene e alimenta attualmente tutto il mercato dei “film dell’orrore”, dove la richiesta inconscia di spaventi sempre più intensi e raccapriccianti assolve appunto funzione catartica delle spinte sadico-masochistiche ristagnanti all’interno del sistema : una sorta di ” elettuario intrapsichico“, confortativo ed evacuante.

Per concludere, è possibile sostenere che la più benigna forma teurgica che gli dei possano insufflare nell’essere umano è quella della nevrosi fobica, la meno tormentosa tra tutte le forme di conflittualità umana. E per completare il mio conciso itinerario all’interno delle componenti affettive e rappresentazionali inerenti all’Immagine filogenetica, segnalo come (quasi) tutti gli animali che compongono le più svariate zoofobie, siano raffigurati nell’arte rupestre mobiliare e immobiliare come complementi accessori della rappresentazione della Grande Madre: a partire dal serpente, al toro, il leone, il cane, il gatto, l’orso, il lupo, il cavallo, il ratto e ogni tipo d’uccello.

Psicodiagnosi al test di Rorschach

L’elemento patognomonico fondamentale dell’Isteria al Test è costituito dalla grande labilità affettiva, trasmessa numericamente dalla formula interna del T.R.I. nell’espressione: C + CF > FC. Tale formula assume tutto il suo valore diagnostico predittivo nei casi in cui si associ al Fenomeno d’Interferenza, che definisce l’alleviamento della compressione psichica e la sensazione di sollievo nell’incontrare le Tavole Pastello, sfuggendo in tal modo dall’incombenza angosciante delle Tavole Scure. Nella valutazione dell’Isteria, la formula interna rivela tutta la sua importanza diagnostica: quanto più essa risulterà equilibrata in direzione delle risposte FC –con qualità formale ovviamente positiva- , tanto minori saranno i rischi di disordini depressivi o schizoidi. Viceversa,quanto più emergeranno risposte in C puro o in FC accompagnate da qualità formale negativa (FC-) tanto maggiori saranno tali rischi, che aumenteranno in misura proporzionale. Nell’Isteria a determinazione esclusivamente nevrotica clinicamente si assiste al netto rovesciamento della Formula Complementare, composta quasi esclusivamente dalla percezione di Animali in movimento (M.an.), che costituisce un sicuro indice di possibilità di regressione a fasi di sviluppo più rassicuranti. Qualora tale indice non si verificasse -o fosse prodotto da una preponderanza di movimenti d’oggetto (M.ogg.) o movimenti di parti umane isolate dalla percezione di un corpo visto nella sua interezza (M.p.), la diagnosi si sposterebbe immediatamente verso l’ipotesi di fissazione multipla a stadi preoggettuali a determinazione orale o anale, per cui la prognosi assumerebbe un andamento completamente diverso.

Postulata la grande labilità affettiva associata al restringimento del campo percettivo che obnubila la Coscienza, ne derivano consequenzialmente sia l’impoverimento della qualità delle G -eccezion fatta per le personalità artistiche in grado di produrre G secondarizzate in senso figurativo ed estetico- sia l’estrema riluttività delle risposte in M., sempre veicolo di identificazioni potenzialmente minacciose. Resta comunque assodato che nei soggetti isterici ‘franchi’ rimane inalterata la capacità di distinguere la M. Banale in Tav. III. Risulta ridotta anche la possibilità di elaborare percezioni logico deduttive superiori in D.: la personalità isterica tenderà pertanto a fornire risposte in G primaria, almeno alle Tavole Scure, fornendo però gran quantità di risposte in D alle Tavole pastello.

Tipica dell’Isteria è anche la modalità d’espressione dello Choc Sex. in Tav. V I, che normalmente viene inibito ma con una gran produzione di reazioni affettive intense ed esagerate senza produzione di angoscia massiccia, fenomeno questo derivato dalla drammatizzazione e dalla teatralità. Si assiste inoltre alla riduzione delle risposte in F+, sia in valore percentuale che assoluto, che testimonia le difficoltà di controllo da parte delle istanze logico formali superiori. Tuttavia, nelle vere nevrosi di conversione, tale indice è sempre derivato più dal compiacimento esibizionistico e dall’esteriorizzazioni esagerate dell’affettività che non da un vero e proprio deficit intellettivo. A proposito del compiacimento esibizionistico, il testista dovrà confrontarsi con atteggiamenti seduttivi anche sproporzionati, sorretti dall’aggressività camuffata del soggetto istrionico,senza scordarsi che il nevrotico isterico mira in effetti a “irretire” l’entourage tramite una serie di comportamenti e atteggiamenti sovente difficili da amministrare. Dato che l’isteria di conversione tende a proteggere il soggetto dall’angoscia, nei casi in cui si verifichi un indicatore d’Angoscia superiore alla media, prima di avventurarsi in ipotesi diagnostiche di più grave natura, si controlli la qualità della verbalizzazione di tali risposte, che quasi sempre dipenderà dalla compiacenza esibizionistica isterica.

Per quanto detto finora, la A% si situerà sempre ai limiti superiori della media, a volte oltrepassandola; di concerto, la U% si ritroverà notevolmente abbassata.

Nel quadro sindromico isterico non dovrebbero comparire i segni di Choc al Nero, Clob puro o ClobF , in quanto le difese vengono assicurate dagli altri meccanismi tipici e l’angoscia rimane minima e non esprimibile.

Due sono gli elementi veramente patognomonici della Nevrosi Fobica al Test: il primo costituito dallo “Choc al Vuoto” alla Tav.II, il secondo dalla risposta “Maschera” alla Tavola iniziale. Dato che il conflitto nevrotico si struttura essenzialmente intorno all’angoscia di castrazione e in particolare esprime la paura inconscia di subire un’aggressione sadica e violenta da parte dell’oggetto fobico prescelto, tali soggetti manifestano un’ipersensibilità a riguardo di stimoli che possano suscitare per loro caratteristiche formali una percezione di mancanza, incompletezza o, simbolicamente, di vuoto. Molti dei segni di “Choc iniziale” sono in realtà degli Choc al vuoto, che però vengono camuffati dalle difese, che assumono la loro importanza appunto in Tav. II, ove al percetto di ‘buco’, di parte mancante, si sommano le reazioni alla stimolazione cromatica del ‘Rosso’, di solito elaborate come sangue o ferita. Attenzione: l’associazione di questi due segni, ossia Choc al Vuoto accompagnato da risposte sangue,è sufficiente per evidenziare la presenza di una sindrome fobica e condurre quindi a un’ipotesi per lo meno di nevrosi mista.

Il secondo indice è rappresentato dalla risposta a contenuto Maschera in Tav.I, in quanto diretta espressione di una condotta di evitamento ben riuscita ed adattata, mediante la quale il soggetto sfugge alla percezione angosciante tramite la sovrapposizione di un contenuto anodino e rassicurante, che viene a ricoprire la stimolazione paurosa, senza perdere il controllo logico formale della situazione (F+)e fornendo una risposta rassicurante di camuffamento delle spinte pulsionali.

Nelle fobie semplici di adulti o nei protocolli infantili, è quasi norma che venga fornito l’animale stesso che si teme, invece accompagnato da grandi reazioni disforiche e crisi acute con manifestazioni psicosomatiche nei soggetti in cui l’elemento fobico è una semplice manifestazione di nuclei prepsicotici soggiacenti. Simultaneamente, molto spesso nel fobico vero compare la percezione dell’oggetto rassicurante, o contro fobico,come ulteriore rinforzo del controllo dell’angoscia. Tutti gli altri indici, Formula Interna, T.R.I. Formula Complementare, Indicatore d’Angoscia e Sindrome d’Insicurezza  sono analoghi a quelli rintracciabili nell’Isteria di Conversione.

Protocollo esemplificativo

Enrica B., anni 19, consulto richiesto per appurare origine psicogena di alcuni disturbi somatici: cefalea

ricorrente,  ovalgia, abbassamento della pressione, tachicardia.

Tav. I: Tl: 8″:

Non saprei, è certo molto difficile, certo che non mi chiede una cosa semplice..

mah!, potrebbe essere una farfalla, una falena o un essere notturno

(?) per la forma e questo colore così scuro, il colore della sera, dell’imbrunire…impressione di solitudine..

 G, FC’, A, Ban

e poi, diciamo la testa di un gatto, un bel gattone nero, che miagola

(?) vede, qui ci sono le orecchie (D lat.), gli occhi (Dbi sup.) e in basso le zanne, i dentoni, quindi ha la bocca

aperta e se ha la bocca aperta allora miagola

Gbi, M.an.,A

Tav. II: Tl: 7″:

Credo che se lei mi aiutasse avrebbe delle noie con i suoi superiori…comunque

Direi dei bellissimi cappelli da sci, in lana rossa, caldi, morbidi, poi…

(?) (D rossi sup.) Mi sembrano quei berretti di lana che metteva mia madre per andare a sciare negli anni ’60, ora non si usano più, per il colore e per la forma schiacciata

D, CF, ornamento -> Complex

questa cosa in basso mi fa venire i brividi, mi fa pensare a una goccia di sangue

(?) (D inf.) È come se qualcuno si fosse tagliato e avesse lasciato cadere una goccia di sangue proprio in mezzo al disegno

D, C, Sangue, Choc al Rosso

e poi in mezzo due orsacchiotti che giocano

(?) (D scuro mediano) due cuccioli d’orso che stanno battendosi le zampe l’uno contro l’altro

D, M.an., A

 

Tav. III: immediato:

Certo che lei non è gentile con me…

Questa cosa non mi piace, di nuovo del sangue

(?) (D laterali rossi) come prima, qualcuno che sgocciola sangue sul foglio

D, C, Sangue Choc al Rosso

poi ci sono due buffi omini

(in posizione ortogonale, corretta e usuale)

G, M, U, Ban

Tav. IV: Tl. 7″:

Due scarponi un po’ malandati

(?) (D lat. inferiori) Sembrano scarponi da montagna, non sono certo scarpe da ballo!

D, F+, ornamento

 

Tav. V: Tl: 4″:

Una donna che danza, una gitana

(?) In tutta, ha una grande gonna che svolazza, una mantella e delle piume sopra la testa

G, M, U, -> Complex.

e poi una farfalla, un po’ meno triste dell’altra

(?) Tutta l’immagine, è sempre buia, scura, svolazza

G, M.an./C’, A, Ban

 

Tav. VI: Tl 16″:

Mah, certo che lei è ben strano a farmi vedere queste cose…

assomiglia a….

(?) La parte superiore, avrei detto il…genitale maschile

Choc Sex. -> Rifiuto

Il tutto aperto così sembra una pelliccia, come un visone

(?) (D espanso inferiore) Un po’ per la forma ma soprattutto perché è morbida, ci si può immergere le dita dentro

D, EF, Ad, ornamento

 

Tav. VII: Tl. 11″:

˅ Così direi una donna molto bella che si guarda allo specchio

(?) (Al rovescio, D lat.) Vede, ha un bellissimo cappello con le piume, gonna stretta e stivale, sta avvicinando il volto

allo specchio e il bordo del cappello sfiora lo specchio.

D, M, U, Reflex, Complex

˄ Vista così non mi piace niente

(?) È orribile, mi fa pensare al bacino femminile, al grembo di una donna

Choc Sex proseguito -> Rifiuto

Tav. VIII: Tl. 8″:

Beh! Questa è decisamente migliore, finalmente! Direi prima di tutto

Una bellissima orchidea

(D inferiore colorato) Per la forma ma soprattutto le sfumature rosa-arancione

D, CF, Nat.

poi di nuovo degli orsetti, ma molto più carini di quelli di prima, si arrampicano insieme

(D laterali) per la forma e il colore

D, M.an./FC,A, Ban

poi c’è un pino, un po’ verde e un po’ grigio, come quelli di città che soffrono lo smog

(?) (D centrale) Per la forma e questi colori tristi, malati, non è un bel verde naturale

D, FC, Nat.

Tav. IX: Tl. 3″

Questa è ancora più bella, qui abbiamo un vaso di cristallo, un vaso prezioso

(?) (In tutta la figura e D chiaro centrale) questa parte (Dbi) è l’interno del vaso e il resto sono come incrostazioni

colorate nel cristallo. Soprattutto per la sua luminosità

Gbi, C’F, ogg. ornamento

qui abbiamo la punta di due bellissimi gladioli

(?) (D laterali arancio) per il loro meraviglioso colore

D, CF, Nat.

e qui sotto un collo di pelliccia sintetica

(?) (D centrale grigio-verde) per la forma scollata ma per questo colore che mi dà l’idea del sintetico

D, CF, ornamento

e poi delle nuvole al tramonto

(?) ( D rosa inferiore) è come guardare il cielo una sera d’estate

D, C, Nat. Fenomeno d’Interferenza

Tav. X : Tl 5″:

Direi che ci sono dei fiori gialli

D, FC, Nat.

Qui due canarini

D, CF, A

la testa di un leprotto

(?) Per la forma e il colore

D, FC,Ad, Ban

in mezzo all’erba

D, CF, Nat.

e poi ci sono ancora due macchie di sangue

(?) D laterali rosa

D, C, Sangue -> Choc

Scelta + : La IX e la VIII, mi hanno messo allegria

Scelta – : La IV e la VI, mi hanno dato ansia e tristezza, anche la III non mi è piaciuta.

Interpretazione dei dati

Trattasi di un soggetto normo-nevrotico, che attiva modalità percettive logico-deduttive di tipo concreto, che tuttavia si dimostrano nel complesso ben adattate alla situazione. Si evidenziano segni di una grande mobilità affettiva, che a tratti assume un carattere labile e impulsivo, difficilmente controllabile dalle istanze logico-superiori. Appaiono con evidenza i segni patognomonici dell’Isteria di Conversione a determinazione nettamente nevrotica, dato che l’iper reattività non assume mai i caratteri di una labilità psicotica o dissociativa. Da notare a questo proposito l’azione di riequilibrio formale delle FC sulle C pure, che attenuano e controllano l’importanza dei numerosi Choc al Rosso. Le modalità espressive dello Choc Sex. si compiono in modo esibizionistico ed istrionico ma non su tonalità depressive. La regressione ai punti di fissazione risulta efficace e non si registrano segni di traumatismi precoci pre oggettuali. L’elemento diagnostico più significativo rimane pertanto associato alla capacità di percepire ed elaborare risposte cinestesiche umane, che, benché caratterizzate da elementi complessuali di tipo esibizionistico, non veicolano identificazioni e proiezioni angosciose o patologiche. Gli aspetti omosessuali risultano pertanto essere ben controllati ed integrati nella personalità. L’importante abbassamento degli Indici di controllo formali, più che a un restringimento del campo della coscienza e a un impoverimento percettivo, si inscrive in meccanismi di difesa relativi all’inibizione e alla regressione verso elementi rassicurativi, in grado di modulare il conflitto ed attenuare l’ansietà.

Diagnosi

Si evidenzia un’Isteria di Conversione franca, non accompagnata da fenomeni dissociativi di particolare rilevanza. Le capacità logico-adattative, pur invase a tratti dagli elementi pulsionali conflittuali, si dimostrano inalterate e funzionanti a livello superiore. Le difese risultano efficaci ed ego sintoniche.

Prognosi

La sintomatologia in corso testimonia alcune difficoltà legate alla risoluzione della fase adolescenziale e alla completa assunzione della sessualità genitale adulta. L’evoluzione positiva verrebbe sicuramente accelerata e rinforzata da un adeguato trattamento psicoterapeutico.

 

Note:

(1) F. Villar: «Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa»,ed. il Mulino, Bologna, 1997  torna su!
(2) U. Sansoni:«VII millennio a.C. – XIV secolo d.C. Armi ed armati nell’arte rupestre della Valcamonica»,in Brescia assediata, Brescia Oggi, 2013  torna su!
(3) U. Sansoni:  «Riflessione sull’arte rupestre europea e centro-asiatica nel quadro indoeuropeo,» XXV Simposio mondiale di Arte Rupestre, Val Camonica, 2013  torna su!
(4) P. Bolmida: «Il Sogno di Michelangelo»,in: Scienza e Psicoanalisi, rivista multimediale, Osservatorio di Psicoanalisi applicata, 2011  torna su!
(5) E. Anati: «The alpine menhir-statues and the indoeuropean problem, »in BCSP 25-26, Edizioni del Centro, Capo di Ponte, 1990  torna su!
(6) La teoria dell’Homunculus obbligherà in seguito la Dottrina Cattolica a compiere per secoli costanti distinzioni tra i vari “vasi debiti” e “vasi indebiti” ove operare il coito, al fine di procreare senza peccare.  torna su!
(7) P. Fraisse, J.Piaget: «Strutture logiche, apprendimento e sviluppo,» in: Trattato di psicologia sperimentale, P.U.F.,Paris, 1963  torna su!
(8) La tradizione greca vuole che siano stati i Lidi intorno al 530 a.C. (regno di Creso) gli inventori della moneta come strumento di commercio. I greci l’avrebbero adottata e da loro, attraverso l’impero romano, si sarebbe trasformata in un’istituzione universale. L’ultimo di una sterminata serie di tentativi d’opposizione al sistema politico- economico-militare-sacerdotale ingeneratosi con l’infiltrazione indoeuropea, fu compiuto negli anni 60 e 70 dalla cultura hippie, che si proponeva appunto di ripristinare una civiltà molto simile a quella della Vecchia Europa. Come tutti sanno, il tentativo fallì miseramente a causa specialmente dell’abuso smodato di sostanze stupefacenti.  torna su!
(9) S. Freud: «Isteria e angoscia»,ed. Boringhieri, Torino, 1974  torna su!
(10) cfr.:«La Fobia» in Atlante di Scienza e Psicoanalisi, a cura di Q. Zangrilli  torna su!
(11) S. Arieti «A re-examination of the phobic symptoms and of symbolism in psychopathology», Amer.J. Psychia.,1961,106 e sgg.  torna su!
(12) Per i Cultori della materia, classicamente, lo spostamento agisce sul quantum d’affetto, ossia permette di deviare l’intensità dell’eccitazione contenuta nella traccia mnestica traumatica verso rappresentazioni preconsce antalgiche, indifferenti e quindi suscettibili d’integrarsi a contesti associativi distinti e separati dalla situazione originaria. La condensazione da parte sua consente una concentrazione e riorganizzazione delle immagini inconsce in un’unica raffigurazione preconscia,mobilitata verso la percezione esterna, che diventa così il prototipo e il supporto visivo della paura, partecipe dell’intensità dell’eccitazione originaria ma spostata su circostanze attuali e reali. Durante questa operazione, l’energia spostata e frazionata, trova nelle sequenze ripetitive un’ ulteriore possibilità di abreazione e di scarica tensionale, al fine di ridurre l’intensità del trauma e ristabilire uno stato di quiete precedente. Tutti questi processi difensivi hanno come scopo solidale di potenziare l’evitamento dell’angoscia originaria a fissazione traumatica.  torna su!
(13) S. Freud: «Introduzione alla psicoanalisi »1915-17, OSF, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1978  torna su!