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Gli aforismi del Maestro Sigmund Freud

Antisemitismo

Aforismi Non tutti i rimproveri con cui l’antisemitismo perseguita i discendenti del popolo ebraico possono richiamarsi a una giustificazione analoga. Un fenomeno di intensità e durata come l’odio dei popoli per gli Ebrei deve avere naturalmente più di un fondamento. Si può indovinare tutta una serie di ragioni; alcune dedotte palesemente dalla realtà, che non richiedono interpretazione alcuna, altre, più profonde, derivano da fonti occulte e si potrebbe dire che sono i motivi specifici. Fra le prime, il rimprovero di essere stranieri al paese è certo il più debole, poiché in molti luoghi, dominati oggi dall’antisemitismo, gli Ebrei appartengono alle parti più antiche della popolazione o addirittura si erano insediati prima degli attuali abitanti. Questo vale per esempio per la città di Colonia, dove gli Ebrei giunsero con i Romani, prima ancora che fosse occupata dai Germani. Altre ragioni [sempre di queste prime] dell’odio per gli Ebrei sono più forti, come la circostanza che essi vivono perlopiù come minoranze tra gli altri popoli, poiché il senso comunitario delle masse abbisogna, per essere compiuto, dell’ostilità contro una minoranza estranea, e la debolezza numerica di questi esclusi invita all’opprimerli. Non ottengono assolutamente perdono però due altre particolarità degli Ebrei. Innanzitutto il fatto che per certi aspetti sono diversi dai popoli che li ospitano. Non fondamentalmente diversi, poiché non sono asiatici di razza straniera, come i nemici asseriscono, ma al più composti di resti di popoli mediterranei ed eredi della civiltà mediterranea. Eppure sono differenti, spesso indefinibilmente differenti dai popoli nordici, soprattutto, e l’intolleranza delle masse si esprime stranamente di più contro piccole distinzioni che contro differenze fondamentali.  Il secondo punto si fa sentire ancora di più, cioè il fatto che essi tengono testa a ogni oppressione, che alle più crudeli persecuzioni non è riuscito di sterminarli, e anzi che mostrano di  avere la capacità di affermarsi nel commercio e, laddove sia loro consentito, di dare validi contributi in ogni campo della civiltà.

I motivi più profondi dell’odio per gli Ebrei sono radicati nel passato più remoto, agiscono dall’inconscio dei popoli, e non c’è da stupirsi che sulle prime appaiano incredibili. Arrischio l’affermazione che la gelosia per il popolo che si è spacciato per il figlio primogenito e preferito del Padre divino ancor oggi non è stata superata dagli altri popoli, quasi avessero prestato fede a questa pretesa. Inoltre uno dei costumi per cui gli Ebrei si distinguono, quello della circoncisione, ha fatto un’impressione sgradevole e inquietante, che si spiega facilmente col suo richiamo alla temuta evirazione e, pertanto, riguarda qualcosa da dimenticare, appartenente al passato primordiale. E infine l’ultimo motivo: non dimentichiamoci che tutti questi popoli che oggi hanno il primato dell’odio per gli Ebrei sono diventati cristiani solo in epoca storica tarda, spesso spinti da sanguinosa coercizione. Si potrebbe dire che sono tutti “battezzati male” e che sotto una sottile verniciatura di cristianesimo sono rimasti quello che erano i loro antenati, che professavano un barbaro politeismo. Non hanno superato il loro rancore contro la nuova religione che è stata loro imposta, ma l’hanno spostato sulla fonte donde il cristianesimo è loro pervenuto. Il fatto che i Vangeli narrano una storia che si svolge tra Ebrei e tratta propriamente solo di Ebrei ha facilitato questo spostamento. Il loro odio per gli Ebrei è al fondo odio per i cristiani, e non vi è di che meravigliarsi se nella rivoluzione nazionalsocialista tedesca questa intima relazione tra le due religioni monoteistiche trova così chiara espressione nel trattamento ostile a entrambe.

S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica: tre saggi, 1934-38


Antisemitismo in Inghilterra

Londra N.W. 3, Maresfield Gardens 20,
16 novembre 1938

Al direttore di “Time and Tide”.

A quattro anni giunsi a Vienna da una piccola città della Moravia. Dopo settantotto anni di duro lavoro ho dovuto lasciare la mia patria, ho visto dissolta la società scientifica da me fondata, distrutti i nostri istituti, confiscata la casa editrice dagli invasori, sequestrati o mandati al macero i libri da me pubblicati, i miei figli esclusi dalle loro professioni. Non crede che dovrebbe riservare le pagine del Suo numero speciale a dichiarazioni di non ebrei che sono coinvolti meno personalmente di me?

In questa occasione mi viene in mente un vecchio proverbio francese:

Le bruit est pour le fat,
La plainte est pour le sot;
L’honnête homme trompé
S’en va et ne dit mot.

Il passo della Sua lettera, nel quale Ella costata un “certo aumento dell’antisemitismo perfino in questo paese”, mi ha colpito profondamente. Le attuali persecuzioni non dovrebbero piuttosto suscitare un’ondata di compassione in questo paese?

Con la massima considerazione
Suo Sigm. Freud

(Questa lettera, scritta in inglese, sull’antisemitismo in Inghilterra (Antisemitism in England) fu spedita da Freud il 16 novembre 1938 a Lady Rhondda, che dirigeva “Time and Tide” e che aveva chiesto a Freud un contributo per un numero speciale sull’antisemitismo. La lettera fu pubblicata su “Time and Tide”, sotto il titolo A Letter from Freud, il 26 novembre 1938, p. 1649. La traduzione italiana è di Mazzino Montinari).


Il complesso di evirazione è la più profonda radice inconscia dell’antisemitismo, giacché fin da piccolo il bambino sente dire che l’ebreo subisce un taglio al pene (un’amputazione del pene, interpreta il bambino), e ciò gli dà il diritto di disprezzarlo. Anche il senso di superiorità nei confronti della donna ha la stessa profonda radice inconscia. Il Weininger, questo giovane filosofo tanto dotato quanto sessualmente disturbato, che dopo aver scritto il notevole libro Sesso e carattere [1903] pose fine ai suoi giorni col suicidio, in un noto capitolo accomuna donne ed ebrei nella stessa avversione e li ricopre con le stesse ingiurie. Il nevrotico Weininger è completamente in balia dei complessi infantili, rispetto ai quali donne ed ebrei hanno in comune di trovarsi in relazione col complesso di evirazione.

S. Freud, Nota 431 in “Analisi della fobia di un bambino di cinque anni (Caso clinico del piccolo Hans)”