Gli aforismi del Maestro Sigmund Freud
La guerra
Ci sembra che mai un fatto storico abbia distrutto in tal misura il prezioso patrimonio comune dell’umanità, seminato confusione in tante limpide intelligenze, degradato così radicalmente tutto ciò che è elevato. Anche la scienza ha perduto la sua serena imparzialità; i suoi servitori, esacerbati nel profondo, cercano di trar da essa armi per contribuire alla lotta contro il nemico. L’antropologo è indotto a dimostrare che l’avversario è un essere inferiore e degenerato; lo psichiatra a diagnosticare in lui perturbazioni spirituali e psichiche.
La delusione della guerra, Considerazioni Attuali sulla guerra e sulla morte, 1915, Opere, Vol. 8
Quando nel 1915 scoppiò la guerra con l’Italia, potei osservare su me stesso come improvvisamente fossero sottratti alla mia memoria numerosi nomi di località italiane di cui prima potevo facilmente disporre. Al pari di tanti altri Tedeschi, avevo preso l’abitudine di passare parte delle mie vacanze in territorio italiano, e non potevo dubitare che questa dimenticanza massiccia di nomi non fosse l’espressione di una comprensibile ostilità contro l’Italia, ora subentrata alla precedente predilezione.
Psicopatologia della vita quotidiana, Dimenticanza di nomi e di sequenze di parole, 1901, Opere, Vol. 4
La psicoanalisi ci ha inoltre insegnato che il nostro intelletto è qualcosa di fragile e dipendente, gingillo e strumento delle nostre pulsioni e dei nostri affetti, e che siamo costretti ad agire ora con intelligenza ora con stoltezza a seconda del volere dei nostri intimi atteggiamenti e delle nostre intime resistenze. Ebbene, guardi cosa sta accadendo in questa guerra, guardi le crudeltà e le ingiustizie di cui si rendono responsabili le nazioni più civili, la malafede con cui si atteggiano di fronte alle proprie menzogne e iniquità a petto di quelle dei nemici; e guardi infine come tutti hanno perso la capacità di giudicare con rettitudine: dovrà ammettere che entrambe le asserzioni della psicoanalisi erano esatte.
Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Avvertenza editoriale, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
Quando parlo di delusione, ognuno comprende immediatamente ciò che intendo dire. Anche senza alcun fanatismo pietistico, e pur comprendendo la necessità biologica e psicologica della sofferenza nell’economia della vita umana, non si può non condannare la guerra, nei suoi scopi e nei suoi mezzi, e non aspirare alla cessazione delle guerre. Dicevamo sì a noi stessi che le guerre non possono scomparire fintanto che i popoli vivono in condizioni di esistenza così diverse, fintanto che il loro modo di valutare la vita individuale è così divergente e gli odi che li separano sono alimentati da forze motrici psichiche così potenti. Eravamo dunque preparati al fatto che guerre tra popoli primitivi e popoli civilizzati, tra razze divise da differenze di colore, e persino con o tra singole popolazioni europee meno progredite o civilmente in regresso avrebbero tenuto occupata l’umanità ancora per lungo tempo. Ma ci cullavamo anche in un’altra speranza. Dalle grandi nazioni di razza bianca dominatrici del mondo, nelle cui mani è affidata la guida del genere umano, che sapevamo intente a perseguire interessi estendentisi al mondo intero, e a cui erano dovuti i progressi tecnici per il dominio della natura nonché i valori della cultura, dell’arte e della scienza, da questi popoli, almeno, ci aspettavamo che giungessero a risolvere per altre vie i loro malintesi e i loro contrasti d’interesse.
Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, La delusione della guerra, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
Lo Stato in guerra ritiene per sé lecite ingiustizie e violenze che disonorerebbero l’individuo singolo. Si serve contro il nemico non solo di una legittima astuzia, ma anche della cosciente menzogna e dell’inganno intenzionale; e ciò in una misura che sembra sorpassare tutto ciò che è stato fatto nelle guerre precedenti. Lo Stato richiede ai suoi cittadini la massima obbedienza e il massimo sacrificio di sé, ma li tratta poi da minorenni, esagerando nella segretezza e sottoponendo ogni manifestazione ed espressione del pensiero a una censura che rende coloro che sono stati intellettualmente repressi indifesi di fronte a qualsiasi situazione sfavorevole che possa determinarsi e a qualsiasi voce allarmistica che possa esser propalata. Lo Stato scioglie ogni convenzione e trattato stipulato con altri Stati, e non teme di confessare la propria rapacità e volontà di potenza: e il cittadino è tenuto ad approvare tutto ciò in nome del patriottismo.
Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, La delusione della guerra, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
Anche la trasformazione pulsionale, su cui poggia la nostra attitudine alla civiltà, può esser soggetta, transitoriamente o durevolmente, a un processo involutivo dovuto alle circostanze della vita. Non c’è dubbio che gli influssi esercitati dalla guerra fan parte delle forze capaci di provocare una tale involuzione; non necessariamente dobbiamo quindi disconoscere un’attitudine alla civiltà a tutti coloro che attualmente si comportano in un modo incivile; anzi possiamo attenderci che in tempi più tranquilli le loro tendenze pulsionali torneranno a ingentilirsi.
Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, La delusione della guerra, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
È chiaro che la guerra è destinata a spazzar via questo modo convenzionale di considerare la morte. La morte non può più oggi esser rinnegata; siamo costretti a crederci. Gli uomini muoiono veramente; e non più uno alla volta, ma in gran numero, spesso a decine di migliaia in un giorno solo. Non è più qualche cosa di casuale ormai. Sì: può ancora sembrare un caso che una pallottola colpisca uno o un altro; ma quest’altro può a sua volta essere colpito da un’altra pallottola, e la frequenza pone termine all’impressione di casualità. Naturalmente la vita è ridiventata interessante e ha ritrovato tutto il suo contenuto.
Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Il nostro modo di considerare la morte, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
(La guerra) elimina le successive sedimentazioni depositate in noi dalla civiltà e lascia riapparire l’uomo primitivo. Ci costringe nuovamente ad essere eroi, incapaci di credere alla nostra morte; ci addita gli stranieri come nemici, a cui siamo costretti a recare o ad augurare la morte; e ci invita a sopportare con serenità la morte di persone care. Ma essa, la guerra, non si lascia sopprimere; fintanto che le condizioni di vita dei popoli saranno tanto diverse, e l’astio fra essi tanto profondo, dovranno pur esservi guerre. Il problema che allora si impone è questo: non faremmo meglio a cedere, ad adattarci alla guerra? a riconoscere che col modo nostro, di uomini civili, di trattare la morte abbiamo vissuto al di là delle nostre possibilità psicologiche e che perciò ci conviene abbandonarlo e piegarci alla verità? Non sarebbe preferibile restituire alla morte, nella realtà e nel nostro pensiero, il posto che le compete, dando un rilievo un po’ maggiore a quel nostro atteggiamento inconscio di fronte alla morte che ci siamo fino ad ora sforzati di reprimere con cura? Non vi è qui nulla di più elevato, anzi per certi aspetti questo ha l’aria di un passo indietro, di una regressione; ci offre tuttavia il vantaggio di consentire una maggiore sincerità e di rendere nuovamente la vita più sopportabile. Sopportare la vita: questo è pur sempre il primo dovere d’ogni vivente. L’illusione perde ogni valore se c’intralcia in questo compito.
Ricordiamo il vecchio adagio: Si vis pacem, para bellum. Se vuoi conservare la pace, preparati alla guerra.
Sarebbe tempo di modificarlo così: Si vis vitam, para mortem. Se vuoi poter sopportare la vita, disponiti ad accettare la morte
Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, Il nostro modo di considerare la morte, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
La mia conversazione col poeta era avvenuta nell’estate prima della guerra. Un anno dopo la guerra scoppiò e depredò il mondo delle sue bellezze. E non distrusse soltanto la bellezza dei luoghi in cui passò e le opere d’arte che incontrò sul suo cammino; infranse anche il nostro orgoglio per le conquiste della nostra civiltà, il nostro rispetto per moltissimi pensatori e artisti, le nostre speranze in un definitivo superamento delle differenze tra popoli e razze. Insozzò la sublime imparzialità della nostra scienza, mise brutalmente a nudo la nostra vita pulsionale, scatenò gli spiriti malvagi che albergano in noi e che credevamo di aver debellato per sempre grazie all’educazione che i nostri spiriti più eletti ci hanno impartito nel corso dei secoli. Rifece piccola la nostra patria e di nuovo lontano e remoto il resto della terra. Ci depredò di tante cose che avevamo amato e ci mostrò quanto siano effimere molte altre cose che consideravamo durevoli.
Caducità,, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
C’è da sperare che le cose non vadano diversamente per le perdite provocate da questa guerra. Una volta superato il lutto si scoprirà che la nostra alta considerazione dei beni della civiltà non ha sofferto per l’esperienza della loro precarietà. Torneremo a ricostruire tutto ciò che la guerra ha distrutto, forse su un fondamento più solido e duraturo di prima.
Caducità,, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8
E ora, prescindendo dagli aspetti individuali, volgete lo sguardo alla grande guerra che continua a devastare l’Europa; pensate all’eccesso di brutalità, di crudeltà e di falsità che dilaga attualmente nel mondo civile. Credete veramente che un pugno di arrivisti e di corruttori senza coscienza sarebbe riuscito a scatenare tutti questi spiriti maligni, se milioni di uomini al loro seguito non avessero anch’essi la loro parte di colpa? Osate anche in queste circostanze spezzare una lancia in favore dell’esclusione del male dalla costituzione psichica dell’uomo?
La censura onirica, Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti, 1915, Opere, Vol. 8