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Il Congresso Internazionale del 1910 fu organizzato da Jung che condivideva l’esigenza di Freud di poter far convergere i sostenitori della scienza psicoanalitica in “un gruppo più ampio, che potesse lavorare per un ideale pratico”.1
Il Congresso Internazionale di Psicoanalisi ebbe luogo a Norimberga il 30 e 31 marzo 1910, Freud espose il suo punto di vista su “Le prospettive future della teoria psicoanalitica“; l’amico Löwenfeld lesse una comunicazione, e degni di nota furono i contributi di Jung e Honegger. Ferenczi volle cogliere l’occasione per trattare con i presenti, del problema della futura organizzazione degli analisti e del loro lavoro. Egli denigrò nel suo discorso gli analisti viennesi rivolgendo invece i suoi apprezzamenti nei confronti di quelli svizzeri. In più propose di formare un’ Associazione Internazionale, con società presenti in altri paesi, i cui analisti avrebbero avuto l’obbligatorietà di consegnare articoli o scritti all’approvazione del presidente dell’Associazione, il quale avrebbe avuto potere di censura. Le proteste furono tali che la discussione dovette essere rimandata al giorno seguente. I viennesi, specialmente Adler e Stekel, non vollero accettare la nomina degli analisti svizzeri alle cariche di presidente e di segretario, ed organizzarono una riunione di protesta nella camera di Stekel per discutere sull’accaduto. Freud, venutone a conoscenza, prese parte alla riunione nella quale resa nota la sua rinuncia alla presidenza della Società di Vienna. Venne sostituito da Adler. Il Maestro dette quindi il consenso alla fondazione di un nuovo periodico mensile lo “Zentralblatt für Psychoanalyse“ redatto da Adler e Stekel, che avrebbe affiancato lo “Jahrbuch” redatto da Jung. I viennesi accettarono tali condizioni e Freud venne nominato Direttore del nuovo periodico e Jung presidente della Società. Jung nominò Riklin suo segretario e redattore del nuovo organo ufficiale che decisero di fondare, il “Correspondenzblatt der Internationalen Psychoanalytischen Vereinigung” che avrebbe notificato a tutti i membri le notizie di maggiore interesse, le pubblicazioni, le riunioni ecc. Il primo numero del Bollettino uscì il 10 luglio 1910; ne seguirono altri cinque poiché, a partire dal Congresso di Weimar del settembre 1911, esso si fuse con lo “Zentralblatt “. Le scelte fatte per le cariche ufficiali non ebbero il successo sperato, poiché Adler si dimise dopo cinque mesi, Stekel dopo un paio di anni e Raklin trascurò a tal punto i suoi compiti, che gli affari amministrativi precipitarono nel caos.
Trascorsi pochi mesi Freud si pentì di aver voluto il nuovo ordinamento della Società e soprattutto di aver voluto Jung alla testa del movimento, decisione che era stata dettata dall’esigenza di veder diminuire le proprie responsabilità. Tra l’altro Deuticke, che era stato l’editore preferito da Freud, si rifiutò di varare lo “Zentralblatt“ , per cui si rivolsero a Bergmann di Wiesbaden ed il primo numero uscì nell’ottobre del 1910.
Dopo il Congresso di Norimberga i gruppi psicoanalitici già esistenti confluirono nella Società Internazionale come Società affiliate, ed accanto a loro se ne formarono altre. La prima adesione fu quella di Berlino ed Abraham ne fu il presidente, la seconda adesione fu quella del gruppo dei viennesi e oltre ad Adler come neopresidente, vi furono trentun membri. Gli psicoanalisti di Zurigo diedero la loro adesione in giugno con diciannove membri, con Binswanger come presidente, ed Ewald Jung come segretario. Bleuler e pochi altri si dimisero dalla Società poiché non condividevano la necessità di dover formare una Società Internazionale. Freud tentò di conservare il consenso di Bleuler, ma i suoi tentativi risultarono vani perché si aggiunsero anche gli attriti mai smussati tra Bleuler e Jung. Di fatto nonostante le promesse di Bleuler di aderire alla Società Internazionale, non fu possibile definire un accordo duraturo, tanto che i suoi interessi si spostarono verso altre direzioni.
E’ interessante volgere lo sguardo sugli sviluppi di altri gruppi psicoanalitici: a Vienna per esempio, dove la Società, che si era formata da otto anni, vide, nella riunione del 12 ottobre 1910, eleggere Adler presidente, Stekel vicepresidente, Steiner tesoriere e Rank segretario. Freud fu nominato presidente scientifico e si convenne che i tre presidenti fungessero a turno, da presidenti di seduta, durante le riunioni scientifiche. I membri ben presto risultarono trentasei.
A Berlino lo sviluppo della Società fu molto più lento: Abraham la fondò il 27 agosto 1908 insieme ad altri quattro membri.
La “ Società Freudiana “ di Zurigo esisteva fin dal 1907 e la sua prima riunione si tenne il 27 settembre dello stesso anno. Al suo debutto contava venti membri medici, e nel 1910 si iscrissero alcuni membri non svizzeri, per esempio Assagioli che proveniva da Firenze, Trigant Burrow di Baltimore, Leonhard Seif di Monaco, e Stockmayer di Tubinga.
Con la pubblicazione Negli Stati Uniti da parte di Putnam, del resoconto delle conferenze di Freud e Jung a Worcester, la situazione fu ben diversa poiché si manifestò immediatamente un riscontro favorevole. Poiché Jones riteneva che i tempi non fossero ancora maturi perché si potesse procedere alla formazione di una società esclusivamente dedicata alla psicoanalisi, propose a Putnam di formarne una più generica. Decisero di tenere la loro riunione dopo l’assemblea annuale della Società Americana di Neurologia, e così il 2 maggio del 1910 prese vita nell’Hotel Willard di Washington, la Società Americana di Psicopatologia, ed alla cui riunione furono presenti quaranta persone. Organo ufficiale dell’associazione divenne il “Journal of Abnormal Psychology “.
Segni di interesse si manifestarono anche in Russia. M. E. Ossipow insieme ad alcuni colleghi stava traducendo e commentando i lavori di Freud: nel giugno del 1910 si recò da Freud che affermò di averlo trovato “ un tipo meraviglioso “. Nel 1909 fu fondato a Mosca un periodico, “Psychotherapia“ nel quale apparvero una serie di articoli e recensioni di psicoanalisi.
In Italia il primo lavoro fu pubblicato da Baroncini nel 1908: intraprese la traduzione dei “Tre saggi sulla teoria della sessualità “ e nel 1910 volle recarsi da Ferenczi. Assagioli, di Firenze, lesse nel novembre del 1910, una relazione sulla sublimazione al Congresso Italiano di Sessuologia.
L’avvenimento più significativo del 1911 fu il Congresso di Weimar che ebbe luogo il 21 e 22 settembre e vide la presenza di Putnam e di altri americani: T. H. Ames, A. A. Brill e Beatrice Hinkle. Abraham presentò uno studio sulla psicosi maniaco-depressiva, Ferenczi un lavoro sulla conoscenza dell’omosessualità, Bleuler sull’ “Autismo “, Jung sul “Simbolismo “ nelle psicosi e nella mitologia. Putnam si congratulò con Freud per la professionalità dei suoi collaboratori ma questi rispose seccamente:” Hanno imparato a sopportare un pò meglio la realtà”.2 Putnam aprì il Congresso con una comunicazione dal titolo “Importanza della filosofia per l’ulteriore sviluppo della psicoanalisi” che darà corpo a numerose polemiche che troveranno espressione attraverso lo “ Zentralblatt”. Quella di Putnam fu una appassionata apologia dell’introduzione della filosofia, nello specifico quella hegeliana, nella psicoanalisi, che però non trovò consensi, soprattutto perché gli psicoanalisti non ritenevano necessario dover adottare un sistema diverso da quello psicoanalitico. Freud fu molto corretto, ma in seguito, rivolgendosi a Jones, disse:” La filosofia di Putnam mi ricorda certi centri ornamentali da tavola: tutti li ammirano ma nessuno li tocca”.3
Il secondo giorno dei lavori venne aperto da Freud con una relazione che definì, con assoluta modestia, una “postilla” al suo famoso caso Schreber: fu la prima occasione in cui trattò le tendenze miticizzanti dell’uomo, parlò del totemismo ed enunciò il principio per cui l’inconscio non contiene solo materiale infantile ma anche residui dell’uomo primitivo.
Nella relazione amministrativa Jung precisò che i membri della Società Internazionale erano centosei.
E’ interessante soffermarsi sulla configurazione che presero le Società che fino ad allora si erano formate all’interno e al di fuori dell’Europa. Quella di Vienna, per esempio, era stata caratterizzata da gelosie e dissapori. Dopo le dimissioni di Adler, furono Stekel, Sadger e Tausk a creare molti problemi a Freud.
Al principio del 1911, Leonard Seif aveva fondato a Monaco un piccolo gruppo di sei membri, che però non ebbe lunga vita poiché passò dalla parte di Jung. La tradizione freudiana fu mantenuta viva da Hans von Hattingberg.
Per quanto attiene l’America, Freud sollecitò Jones perché creasse una Società affiliata a quella Internazionale. Jones ne discusse con Brill e Putnam, il quale accettò la carica di presidente purché Jones accettasse quella di segretario. L’intento di Jones era quello di creare una Società che comprendesse tutti gli analisti d’America, offrendo la possibilità a tutte le Sezioni locali, che si fossero costituite successivamentele, di diventare così una sezione dell’Associazione madre. Ci vollero venti anni perché quel progetto venisse condiviso ed approvato, in quanto allora Brill voleva che la Società, che aveva intenzione di fondare a New York, fosse una ramificazione diretta della Società Internazionale. Egli, quindi, fondò la Società di New York il 12 febbraio 1911, con venti membri.
Nel 1912 la separazione da Adler divenne definitiva ed i rapporti con Jung cominciarono ad incrinarsi. La rottura definitiva si concretizzò nel settembre del 1913 durante il Congresso di Monaco. Le dimissioni di Jung da redattore dello “Jahrbuch“ e da presidente della Società Internazionale si concretizzarono nel 1914, e videro la quasi totalità degli svizzeri seguirlo nella sua decisione.
Nel frattempo altri due gruppi erano stati fondati ed accettati come Società affiliate dell’Associazione Internazionale: il primo si formò a Budapest il 19 maggio 1913 e l’altro a Londra il 30 ottobre 1913.
Non mancarono dei duri attacchi alla psicoanalisi. Quando nel 1907 uscì il libro di Jung su “La psicologia della demenza”, Isserlin di Monaco si mostrò molto duro tanto da negare l’esistenza della dissociazione mentale: ”l’unità della coscienza è un principio fondamentale”4
Nel 1908 Moll, il sessuologo berlinese, pubblicò un libro intitolato “La vita sessuale dei bambini “ dove negava l’esistenza della sessualità infantile. Freud in una lettera scrisse: “Molti passi del libro giustificherebbero una querela per diffamazione, ma la miglior risposta è il silenzio “5
Nel novembre del 1909 Abraham, lesse alla Società di Psichiatria una comunicazione sugli “ Stati del sogno “ che venne accolta con freddezza, tanto che Ziehen, che presiedeva la seduta, ne vietò la discussione esprimendo la sua opinione con un’esplosione di collera.
In America durante la riunione annuale della Società Americana di Neurologia, tenutasi a Washington nel maggio del 1910, un neurologo di New York, Joseph Collins si espresse in modo volgare nei confronti di Putnam, rimproverando alla Società di aver lasciato leggere a Putnam una comunicazione contenente “racconti pornografici intorno a pure vergini“ (Jones non tralascerà un aspetto interessante: Collins era notoriamente un appassionato di barzellette oscene ) aggiungendo: ” E’ tempo che la Società metta un freno al culto del trascendente e del soprannaturale, e metta definitivamente al bando la “Christian Science “, le teorie di Freud e tutte le fandonie, assurdità e panzane del genere.“6
L’atteggiamento di Freud nei confronti degli attacchi che dovette subire fu quello di fornire altre prove a sostegno delle sue teorie, ed infatti, molti anni dopo, nella sua Autobiografia, avrebbe scritto: “Ritengo che quando sarà giunto il momento di scrivere la storia del periodo che abbiamo attraversato, la scienza tedesca non avrà motivo di sentirsi orgogliosa di coloro che la rappresentarono ufficialmente. Non alludo al fatto che essi abbiano avversato la psicoanalisi o al modo con cui lo hanno fatto – fatti comprensibili e largamente prevedibili, e che comunque non possono gettare alcun discredito sugli avversari di una teoria. Quello che invece non si può perdonare è l’arroganza che essi mostrarono, l’incoscienza con cui passarono sopra alla logica, ed il cattivo gusto delle loro accuse. Si potrà pensare che sia puerile, da parte mia, dare sfogo a questi sentimenti a quindici anni di distanza dall’accaduto, e ne farei volentieri a meno, ma devo aggiungere un’altra cosa. Vari anni dopo, durante la guerra mondiale, quando un coro di voci nemiche mosse alla nazione tedesca le colpe da me elencate più sopra, fui profondamente amareggiato nel constatare che la mia esperienza non mi consentiva di smentirle.”7
Un’ accusa alla quale Freud si mostrò molto sensibile fu l’affermazione che egli avesse tratto le sue conclusioni prevalentemente dalla sua esperienza autoanalitica personale, e della questione tratterà in modo esplicito in una lettera che scrisse a Pfister: ” e solo riuscissimo a far capire ai nostri avversari che tutte le nostre conclusioni le abbiamo tratte dall’esperienza – esperienza che, per mio conto, chiunque può tentare di interpretare diversamente – e che non le abbiamo succhiate dal dito, né le abbiamo messe insieme a tavolino! E’ proprio quel che tutti pensano e, in via proiettiva, questo ci illumina sul loro modo di lavorare.” 8
Il consiglio che Freud elargiva ai suoi collaboratori rispetto all’atteggiamento da avere nei confronti degli scettici, è ben descritto nella lettera, con la quale concluderò questo lavoro, indirizzata a Stärcke: ” Il Suo compito al Congresso olandese non sarà certo facile. Mi permetta di dirLe che secondo me esso potrebbe essere svolto in maniera migliore di quanto Lei si propone. La Sua idea di convincere i soci, o di persuaderli per mezzo della suggestione, presenta due inconvenienti. In primo luogo essa mira all’impossibile, e secondariamente si allontana dal prototipo del trattamento psicoanalitico. I medici vanno trattati esattamente come facciamo con i pazienti, cioè non con la suggestione ma mettendo in evidenza le loro resistenze ed il conflitto. All’infuori di questo non si conclude nient’altro. Colui che riesce a superare il primo “no” della repressione, ed il secondo, e il terzo, arriverà finalmente a stabilire un vero rapporto con le questioni della psicoanalisi. Gli altri rimarranno impantanati nelle loro resistenze finché la pressione indiretta della pubblica opinione non li porti a cambiare idea. Penso quindi che ci si debba accontentare di affermare il proprio punto di vista e di riferire le proprie esperienze nel modo più chiaro e sicuro possibile, senza preoccuparsi eccessivamente delle reazioni del pubblico. Compilare statistiche, come Lei propone, è per ora impossibile, e non può rendersene conto. Tanto per cominciare, lavoriamo con un numero di pazienti molto minore rispetto agli altri medici, che dedicano tanto minor tempo ai singoli malati. Poi manca quella uniformità che è la base principale di ogni statista. Com’è possibile sommare alle mele le pere e alle noci? Che cos’è per noi un caso grave? Io stesso non riesco a considerare come paragonabili tra loro i risultati che ho avuto negli ultimi venti anni, perché nel frattempo la mia tecnica è sostanzialmente cambiata… E’ come considerare i tanti casi che sono stati analizzati solo parzialmente, e quelli in cui il trattamento è stato forzatamente discontinuo a causa di ragioni esterne?
Il punto di vista terapeutico, comunque, non è certo il solo dal quale dipenda l’interesse della psicoanalisi, né il più importante, perciò si può dire molto sull’argomento anche senza mettere la terapia in primo piano.”9

© Rosssana Ceccarelli

Note:

1 Ernest Jones, Vita e opere di Freud, il Saggiatore, Milano, 1962.
2 Ernest Jones, op.cit. 
3 Ernest Jones, op.cit. 
4 Ernest Jones, op.cit. 
5 Ernest Jones, op.cit. 
6 Ernest Jones, op.cit. 
7 Ernest Jones, op.cit. 
8 Ernest Jones, op.cit. 
9 Ernest Jones, op.cit.