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Nell’ I.C.D. 10 (decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali), l’anoressia mentale è individuata, oltre che da indici somatici (peso corporeo, amenorrea, disfunzioni endocrine, ecc.) e comportamentali, da uno squisitamente psichico: l’anoressia mentale è caratterizzata da una distorsione patologica dell’immagine corporea.

Cos’è l’immagine corporea e come si struttura?
In un interessante articolo Manuela Tartari la definisce, riprendendo Dolto, la sintesi vivente delle nostre esperienze emotive, pulsioni, inconsce. Utilizzando il paradigma micropsicoanalitico, essa è un insieme di rappresentazioni ed affetti contenente le tracce delle esperienze avute sia con il proprio corpo che con quello delle figure primarie. I moti pulsionali, che fin dall’inizio della vita (compresa la vita intauterina) hanno investito il nostro corpo, o le sue parti, così come i corpi dei genitori o alcune loro parti, lasciano delle tracce nell’inconscio, fissazioni: l’insieme di queste tracce diventa il nucleo inconscio dell’immagine corporea. Questo nucleo inconscio struttura l’immagine preconscia e conscia, influenzandola per tutto il corso della vita.
Citando M. Tartari: “Ciò che vediamo quando ci guardiamo allo specchio è un infinito e cangiante caleidoscopio, costituito mediante le successive e talvolta contraddittorie identificazioni e proiezioni, attraverso le quali abbiamo cercato di fare nostre le figure dell’infanzia, di risolvere i conflitti, come l’Edipo, di dar voce al narcisismo.”1
L’immagine inconscia del corpo si costituisce sulle prime sensazioni sensoriali, vestibolari e cinestesiche del feto, sensazioni che l’organismo riceve e cerca di elaborare per dominare lo stimolo. Queste prime tracce vengono riattivate, rielaborate ed arricchite nei primi anni di vita.
Inizialmente, nel lattante, la rappresentazione è frammentata: prendendo a prestito la metafora di “isole dell’io” si può pensare a rappresentazioni-affetti isolate, non collegate fra loro. Queste tracce non riguardano solo in proprio corpo ma anche quello materno, fuso e confuso con il proprio. Ad esempio: il seno materno ed il suo latte, che entrando nella bocca e nello stomaco, dona sollievo e piacere, il calore e la morbidezza del corpo materno e le sensazioni tattili derivate dal contatto della propria pelle con quella materna, al contempo, il seno “soffocante ed invasivo”, il seno assente nel momento del bisogno-desiderio, il dolore e le sensazioni tattili sgradevoli dovute ad eruzioni cutanee ed ad arrossamenti. Sensazioni di piacere e di godimento, sensazioni di tensione, angosce e frustrazioni contribuiscono nella stessa misura alla costruzione dell’immagine corporea.
Crescendo, queste isole si strutturano in un arcipelago sempre più organizzato. Il proprio corpo viene differenziato dall’altro, si veda l’oppositività del bambino nella fase anale, permangono però nell’immagine inconscia nuclei fusionali più arcaici.
Nel periodo edipico, l’utilizzo difensivo dei processi di identificazione e proiezione permette di sedare il conflitto edipico. Secondo Freud la rinuncia del genitore del sesso opposto passa attraverso l’identificazione al genitore dello stesso sesso, identificazione che coinvolge anche l’immagine corporea.
Durante il periodo di latenza, la costruzione del romanzo familiare 2  e l’angoscia che ne scaturisce spinge alla ricerca di ulteriori identificazioni a livello preconscio–conscio, ciò si può notare nel desiderio più volte espresso dal bambino di fare da grande il lavoro dei genitori, nell’interesse verso i loro hobby, ma anche nella ricerca di corrispondenze somatiche: il bambino si chiede “a chi assomiglia” e cerca nei genitori o nella famiglia allargata un “simile”.
Blos individua nella latenza una fase evolutiva caratterizzata da un rafforzamento e stabilizzazione dell’Io. Il consolidamento delle identificazioni con gli oggetti primari e, per traslazione, la creazione di nuove identificazioni con personaggi significativi (ad esempio gli insegnanti), permettono un relativo acquietarsi dei moti pulsionali ed una sedazione parziale dei conflitti. Secondo me, anche a livello di Io-corpo vi è una parallela stabilizzazione con la solidificazione di identificazioni riguardanti parti del proprio corpo con il corpo dell’uno e dell’altro genitore.
Con l’arrivo della pubertà la spinta pulsionale si ripresenta con tutto il suo vigore, i nodi conflittuali si riattivano sotto forma di violenti ritorni del rimosso. Il corpo sessuato esige l’abbandono definitivo delle fantasie edipiche, l’angoscia verso l’incesto non è più tenuta a bada dall’immaturità fisica.
Si assiste quindi ad un brusco distacco dalle figure parentali e dalle loro immagini interne. Questo processo coinvolge anche le precedenti identificazioni con tentativi di rigetto. Molti autori parlano di emorragia dell’Io che porta ad un suo temporaneo indebolimento, il rifiuto interessa anche le identificazioni riguardanti il corpo.
Nel contempo il corpo si modifica velocemente: compaiono il seno, i fianchi nelle donne. Nei ragazzi vi sono importanti modificazioni nell’apparato muscolare e genitale. Tutti questi cambiamenti sono alieni all’immagine corporea del bambino.
Queste parti del corpo devono entrare a far parte della propria immagine corporea, essere quindi investiti di libido narcisistica, ma proprio questo investimento narcisistico richiama gli investimenti più arcaici della prima infanzia, gli investimenti operati sul corpo dell’uno o dell’altro genitore o su alcune delle sue parti. Investimenti, in questo momento, connotati da forte ambivalenza e forieri di angosce persecutorie. L’investimento sul proprio seno, ad esempio, può riattivare le dinamiche ambivalenti (seno buono che dà nutrimento, seno cattivo che soffoca o affama) relative al periodo orale.
M. Tartari mette in luce le difficoltà di accettazione di un corpo sessuato: “ Il conflitto con i genitori, così come è organizzato nella fase edipica, il cui fulcro è l’angoscia di castrazione, si disloca sulle zone e sulle funzioni somatiche che stanno assumendo un connotato genitale: caratteri sessuali secondari, menarca, eiaculazione, diventano territori su cui si ripresentano i desideri inconsci e le angosce correlate alla dinamica edipica. Prendere il posto del padre o della madre nella genitalità significa anche possedere i loro stessi attributi somatici e dunque comporta l’accettazione del desiderio infantile di derubare il genitore della sua potenza sessuale. Un desiderio che l’adolescente mette in scena proprio sul suo corpo che cambia e che ha per corollario l’angoscia di castrazione. Esso si esprimerà allora vincolandosi su certe parti e funzioni somatiche che il giovane trasformerà in luoghi del conflitto.” 3
In un precedente articolo sull’anoressia avevo scritto che la giovane anoressica trova nel corpo il luogo del conflitto: il corpo diventa un vero terreno di battaglia dove investimenti libidici–aggressivi sono violentemente osteggiati da meccanismi difensivi primari quali la negazione e la scissione. Il corpo diventa un persecutore da controllare. Spesso solo una parte del corpo viene eletta a teatro di questa lotta. Il conflitto viene circoscritto, il corpo è apparentemente accettato, ma viene vissuto come deturpato da questa parte “orribile” ed inaccettabile. Questa parte del corpo diventa il persecutore.
La sempre maggior richiesta da parte di giovani e giovanissimi di interventi di chirurgia estetica rende evidente la diffusione di questo fenomeno.
Quanto ho scritto prima deve mettere in guardia dalla facile accettazione della richiesta di questi giovani. Il vincolamento su una parte de corpo del conflitto è un’operazione difensiva. Spesso rimuovere il “persecutore” o meglio, asportare chirurgicamente la parte del corpo che incarna l’immagine del persecutore, scardina la difesa, le angosce persecutorie, non più vincolate debordano, con grave rischio per la salute psichica.
L’ideale sarebbe far precedere ogni intervento di questo tipo da un lavoro psicoterapeutico che affronti i nodi conflittuali.

© Daniela Marenco

Note:

1   Manuela Tartari, “ L’immagine del corpo in adolescenza”in Le incognite dello sviluppo, Atti del Convegno interdisciplinare sull’adolescenza, Aosta 2001, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, Tirrenia Stampatori, Torino, 2001/2002, pag. 74. 
2  Con romanzo familiare si designa un insieme di fantasmi con cui il soggetto modifica in modo immaginario i suoi legami con i genitori ( immaginandosi ad esempio di essere stato adottato). Questi fantasmi si sviluppano come difesa dal conflitto edipico, il tentativo può essere quello di aggirare la barriera del incesto, sminuire i genitori e nel contempo esaltarli. 
3  M. Tartari, idem.