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Henri Ey nel suo manuale di psichiatria distingue le psicosi puerperali ad insorgenza tra i due e i venti giorni caratterizzate da stato confusionale, da quelle tardive (le psicosi di lallazione). Le seconde sarebbero molto rare mentre invece frequenti in questo periodo sono le reazioni depressive.
Mentre le psicosi post-partum sono caratterizzate da stati confuso-onirici con tonalità ansiosa e lo stato confusionale può andare dal semplice obnubilamento del pensiero allo stupore catatonico, le depressioni sono connotate da uno stato d’ansia più o meno intenso, con disinteresse verso il bambino. Spesso questo disinteresse è associato a sentimenti di insufficienza ed incapacità.
Queste donne spesso lamentano uno stato di astenia con ansia, rallentamento intellettivo, dismnesia, dimagrimento, disturbi del sonno e dell’appetito.
Il quadro dato da Ey si accorda bene al tipo di personalità materna che può produrre la situazione di falsa presenza descritta da Silvio Fanti. Per falsa presenza si intende una presenza fisica della madre non accompagnata da quella psichica, ossia vi è l’incapacità da parte della donna di capire, e quindi soddisfare ed esaudire, i bisogni ed i desideri del figlio lattante, un’indifferenza ed una freddezza emotiva nei suoi confronti, un’incapacità di immedesimarsi nei bisogni del bambino.
Spesso la madre vive da un lato il rapporto con il bambino ed il suo accudimento come un lavoro sfinente, dall’altro si vive come inadeguata ed incapace.
Sottostante a ciò, si individuano forti spinte aggressive inconsce nei confronti del lattante.L’atteggiamento anaffettivo nasce come difesa e blocco inibitorio: ogni affetto è bloccato, compresa l’aggressività, il bambino è vissuto come un estraneo.
L’impossibilità di immedesimazione, l’inibizione a qualsiasi investimento emotivo fan si che non si sviluppi quella capacità empatica che permette alla madre di comprendere i bisogni del suo piccolo, ecco che spesso questi non sono capiti, vengono confusi ed il bambino diventa un essere incomprensibile.
Marcella Dassano in un articolo ipotizza che la madre “falsa presenza” già in gravidanza sia stata incapace a vivere obbiettivamente i processi che avvenivano dentro di lei. Queste madri o esasperano ed enfatizzano i mutamenti fisici della gravidanza o li negano. Mentre alcune drammatizzano i vari sintomi gravidici vivendoli come intollerabili ed invalidanti, altre tendono a negare la gravidanza: essa non cambia nulla della loro vita (neanche certe abitudini alimentari o sportive che sarebbero sconsigliabili), psicologicamente non si sentono coinvolte, tendono a non rendersi conto di essere incinte finché i mutamenti fisici si autoimpongono.
La situazione di falsa presenza così come i disturbi psichici del puerperio hanno profonde radici nei processi psichici consci e soprattutto inconsci che accompagnano la gravidanza ed il parto. È opportuno quindi analizzarli brevemente.
Molti autori hanno sottolineato come le capacità empatiche della madre derivino da una regressione fisiologica della puerpera che ha come scopo l’immedesimazione della donna con il suo nuovo nato e con i suoi bisogni, la gravidanza stessa è caratterizzata da una regressione psichica: una rielaborazione e riedizione dei vissuti e dei conflitti relativi alle immagini genitoriali interiorizzate.
Freud trattando dell’Edipo femminile sottolinea come il momento decisivo per il superamento dell’angoscia di castrazione nella bambina e la conseguente ferita narcisistica sia la strutturazione della fantasia edipica di avere un bambino dal padre.
M. Klein sottolinea come questo desiderio trascini con sé fantasie più arcaiche basate sull’identificazione con l’imago materna della posizione depressiva: una madre fantasmaticamente vissuta come perennemente feconda, ricca di latte e di bambini. L’identificazione con questa immagine primitiva permette una riparazione degli oggetti interni precedentemente introiettati e vissuti come lesi dai precedenti attacchi aggressivi distruttivi.
Col tramonto dell’Edipo il padre viene progressivamente sostituito da altre figure maschili ma non la sua immagine incoscia né il desiderio inconscio del figlio incestuoso, il loro potere di attrazione rimane latente per anni ed il fantasma si riattiva in occasione della gravidanza.
Nicola Peluffo studiando le dinamiche psichiche incosce del processo di gestazione viste nella loro funzione di appoggio alle interazioni somatiche tra l’organismo madre e l’embrione – feto, fa un’interessante ipotesi sulla funzionalità del processo regressivo in gravidanza.
Nel suo libro “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione” analizza le complesse reazioni immunitarie che si sviluppano negli scambi tra madre ed embrione- feto cercando di capire come si realizzi questa unica eccezione in natura alla regola dell’istocompatibilità.
Nel corredo genetico del nascituro vi sono geni di origine paterna, incompatibili con l’organismo materno. Come mai non si assiste ad un’azione di rigetto che sarebbe certa nel caso di trapianto di tessuto o di organo?
In caso di gravidanza il rigetto viene bloccato o meglio controbilanciato da una reazione immunitaria opposta: la reazione di facilitazione.
Secondo Peluffo questo movimenti somatici, reazioni e controreazioni, equilibri e rotture di equilibri, a livello inconscio vengono elaborati in rappresentazioni psichiche che hanno anche lo scopo di aiutare la stabilizzazione dello stato di equilibrio e quindi il procedere della gravidanza.
Nell’inconscio la dinamica di rigetto – facilitazione viene elaborata in vissuti onirici e fantasmatici: i vissuti di invasione corrispondono al polo del rigetto. L’investimento narcisistico sul bambino basato sul fantasma inconscio del figlio incestuoso che ripara la ferita narcisistica corrisponde al polo della facilitazione.
L’investimento narcisistico sul bambino – pene, negante i vissuti di castrazione perdita, avrebbe una sua finalità nel facilitare il mantenimento dello stato di equilibrio, un tentativo di elaborazione psichica del conflitto somatico finalizzato alla prosecuzione della gravidanza.
Il parto è il momento in cui si riattiva inconsciamente la ferita narcisistica, il bambino – pene esce dalla madre, non è più parte di sé, l’investimento narcisistico deve man mano declinare e fare posto ad un investimento oggettuale: il figlio deve essere percepito come esterno da sé, altro da sé.
La puerpera deve elaborare questa perdita narcisistica, spostare l’investimento libidico da bambino – pene- sé stessa al bimbo esterno e reale.
Spesso è difficile, è possibile che spinte aggressive inconsce vengano rivolte verso il neonato reale visto come colui che ha soppiantato il bambino ideale: elaborazione preconscia e conscia del fantasma inconscio del figlio incestuoso narcisisticamente risanante.
Se lo spostamento libidico non avviene ecco che il processo empatico non si attiva, l’immedesimazione è bloccata: la madre è presente fisicamente, cura ed accudisce il suo bambino ma è emotivamente assente.
Il puerperio è un momento di elaborazione del lutto, se per vari motivi ciò non avviene, se la perdita del bambino ideale non è soppiantata dall’attaccamento al bambino reale i toni dell’umore depressivi si potranno cronicizzare in stati depressivi.

© Daniela Marenco

Bibliografia

M. Dassano, La falsa presenza in Bollettino dell’istituto italiano di micropsicoanalisi, n° 5, 1987.
S. Fanti, Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi, Borla, Roma, 1989.
L. Bal Filoramo, L’adozione difficile, Borla, Roma, 1993.
H. Ey, Manuale di psichiatria, Masson, Milano, 1983.
N. Peluffo, Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione, Book’Store, Torino, 1976.
Q. Zangrilli, Vita fetale e destino psicobiologico, “Scienza e Psicoanalisi”, 2001.