Dopo le numerose lettere ricevute in seguito al “new intellectual framework for psychiatry” pubblicato nel 1998 sull’American Journal of Psychiatry, Kandel scrive nel 1999 un secondo articolo intitolato “Biology and the future of psychoanalysis: a new intellectual framework for psychiatry revisited”. Le meditate riflessioni del grande neuroscienziato, sui progressi e sulle aperture concettuali permesse dallo sviluppo delle neuroscienze, tentano anche una riunificazione di vari modelli della storia della psicologia. L’Autore parte dal condizionamento classico di Pavlov fino ad arrivare alla teoria dello stress di Selye. Si tratta di una sorta di riflessione a fine secolo sulle nuove basi culturali su cui rifondare la nuova psichiatria, assegnando alla psicoanalisi un ruolo di componente fondamentale.

I problemi attuali della psicoanalisi, secondo L’Autore, riguardano la sua mancata evoluzione scientifica: “Cosa più importante, e più criticabile, è che la psicoanalisi non si è evoluta scientificamente. Specificamente, non ha sviluppato metodi oggettivi per dimostrare le eccellenti idee formulate all’inizio. Come risultato, la psicoanalisi entra nel ventunesimo secolo con la sua influenza in declino. Questo declino è da rimpiangere, dal momento che la psicoanalisi rappresenta ancora la visione della mente più coerente e soddisfacente dal punto di vista intellettuale… Il mio proposito in questo articolo è di suggerire un modo in cui la psicoanalisi potrebbe ri-energizzarsi, cioè sviluppando una più stretta relazione con la biologia in generale e con le neuroscienze cognitive in particolare.” 1
Non si tratta quindi di uno dei tanti funerali della psicoanalisi, quanto una precisa collocazione del pensiero psicoanalitico come potenziale e indispensabile alleato nel compito di fornire un soddisfacente modello della mente.
Il discorso di Kandel traccia gli ambiti possibili in cui la biologia e la psicoanalisi potrebbero convergere, terreni in cui discipline e metodologie diverse devono incontrarsi proprio a sottolineare costantemente la necessità di integrazione interdisciplinare, in cui il ruolo della biologia è di mettersi al servizio della psicoanalisi.
Nonostante i notevoli progressi fatti negli ultimi 50 anni dalla biologia, non esiste ancora un modello biologico soddisfacente della comprensione dei processi mentali complessi. La convinzione di molti biologi che hanno focalizzato i loro sforzi sul rapporto mente-cervello è che la mente sarà per la biologia del XXI secolo quello che è stato il gene per la biologia del XX secolo. Kandel a questo proposito cita François Jacob: “Il secolo che sta per finire si è preoccupato di acidi nucleici e proteine. Il prossimo si concentrerà sulla memoria e sul desiderio. Sarà in grado di rispondere alle domande poste?” 2
La biologia di oggi, sostiene l’Autore, è in una posizione migliore per fornire le risposte ai problemi sollevati dalla memoria e desiderio, ma le risposte saranno più significative se create da una sinergia tra biologia e psicoanalisi.
Nel suo articolo Kandel traccia otto aree in cui questa sinergia potrebbe fornire notevoli contributi:
1. la natura dei processi mentali inconsci; 2. la natura della causalità psicologica; 3. la causalità psicologica e psicopatologia; 4. le esperienze precoci e la predisposizione alla malattia mentale; 5. il preconscio, l’inconscio e la corteccia prefrontale; 6. l’orientamento sessuale; 7. la psicoterapia e le modifiche strutturali del cervello; 8. la psicofarmacologia come complemento alla psicoanalisi.

1. La natura dei processi mentali inconsci

Elaborazione grafica e localizzazione italiana  a cura di A. Mura  di un originale di Kandel

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a cura di A. Mura
di un originale di Kandel

Nel tracciare la prima convergenza tra psicoanalisi e neuroscienze, Kandel parte dalla memoria e dalle prime scoperte di Brenda Milner (1954) sulla funzione del lobo temporale mediale e dell’ippocampo. Kandel utilizza il termine “inconscio procedurale” per indicare la qualità inconscia di quel processo oggi chiamato dai neuroscienziati memoria procedurale.
Due entità vengono per così dire tagliate fuori: il preconscio e l’inconscio della rimozione. L’Autore cita a questo proposito le posizioni teoriche di Sandler, Stern e del Boston Process of Change Study Group, in cui viene sottolineata l’importanza terapeutica dei “momenti di significato — momenti nell’interazione tra paziente e terapeuta — che rappresentano il raggiungimento di una nuova serie di memorie implicite che permettono alla relazione terapeutica di progredire ad un nuovo livello. Questa progressione non dipende da intuizioni consce; non richiede che l’inconscio diventi conscio. Piuttosto, i momenti di significato sono pensieri che portano a cambiamenti nel comportamento i quali aumentano la gamma di strategie procedurali del paziente per fare ed essere“. 3 
Kandel propone un confronto teorico in cui l’attenzione degli studiosi è indirizzata alla necessità di mantenere vivi i fondamenti della teoria psicoanalitica, e le ricerche sperimentali scelte come riferimento sono state effettuate da ricercatori all’interno della psicoanalisi ufficiale. Inoltre l’Autore si chiede se le moderne tecniche di visualizzazione oggi a disposizione della ricerca neuroscientifica, saranno in grado di permettere delle descrizioni più accurate dei meccanismi cerebrali (ed il loro substrato molecolare) di quei sistemi che mediano le altre forme di memoria inconscia, l’inconscio dinamico e il preconscio-conscio.

2. La natura del determinismo psicologico

Elaborazione grafica e localizzazione italiana  a cura di A. Mura di un originale di Kandel

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Il secondo punto di convergenza riguarda il tema del determinismo psichico (lapsus, pensieri apparentemente non collegati, scherzi, sogni). La metodologia di base del pensiero psicoanalitico – le libere associazioni – deriva dal concetto di determinismo psichico. Kandel fornisce un parallelismo tra i lavori di Freud appartenenti alla fine del secolo scorso, e le ricerche di Pavlov sull’apprendimento per associazioni, oggi chiamato conoscenza procedurale.
Le acquisizioni sperimentali di vari Autori (Kamin, Thompson, Clark, Squire e lo stesso Kandel) partono tutte dal modello del condizionamento classico convenzionale ottenuto in una forma chiamata condizionamento differito. Una variazione di questo modello sperimentale, chiamata condizionamento di tracce, converte il condizionamento implicito in memoria esplicita. I soggetti normali diventano consapevoli dell’intervallo temporale che intercorre tra lo stimolo condizionato e lo stimolo incondizionato. L’interessante considerazione fatta da Kandel è quindi che: “una piccola variazione nella sequenza temporale modifica un’istanza del determinismo psichico dall’essere inconscio a conscio… in accordo con l’idea che i due sistemi di memoria, procedurale e dichiarativa, sono spesso reclutati insieme da un compito comune e codificano differenti aspetti del pattern sensoriale di stimoli (o del mondo esterno) presenti nel soggetto.” 4
Abbiano quindi le due prospettive: quella psicoanalitica, che affronta i processi di scambio tra inconscio e conscio, e la ricerca neurobiologica, che cerca di specificare le aree e i circuiti coinvolti nei diversi tipi di apprendimento.

3. La causalità psicologica e psicopatologia

Il terzo punto di convergenza esaminato mette inizialmente a confronto il condizionamento alla paura pavloviano e il concetto di ansia-segnale freudiano. Secondo Kandel, i due Autori giunsero indipendentemente l’uno dall’altro alla scoperta dell’importanza adattativa del riconoscimento dei segnali di pericolo. La segnalazione anticipatrice del pericolo permette all’individuo di prepararsi all’attacco o alla fuga. A questo proposito Kandel prende in considerazione le ricerche di LeDoux sull’amigdala. Questa importante struttura è ritenuta responsabile del coordinamento del flusso di informazioni tra differenti aree cerebrali coinvolte nell’espressione della paura. Secondo LeDoux la stimolazione dell’amigdala comporta negli esseri umani la comparsa di sensazioni di paura e di pericolo imminente e che senza amigdala non c’è percezione della paura. Lo stress può bloccare l’attività dell’ippocampo provocando una mancanza di consapevolezza.

4. Le esperienze precoci e la predisposizione psicopatologia

Si arriva così al problema della presenza di fattori predisponenti alla malattia mentale e delle esperienze precoci dell’infanzia. Le importanti ricerche di Anna Freud e Spitz sugli effetti traumatici della separazione, verranno riproposte in chiave etologica da Harlow che scopre l’esistenza di periodi critici per lo sviluppo delle relazioni sociali sia nelle scimmie che negli esseri umani. La teoria dell’attaccamento di Bowby rappresenta un’estensione di questa tradizione di ricerca. Viene accennato al meccanismo di amnesia infantile non causato dalla rimozione quanto piuttosto dal lento sviluppo del sistema di memoria dichiarativa. Alcune ricerche condotte sui roditori (Levine et al., Ader e Grota, Hofer) confermano l’esistenza di un sistema simile. Levine in particolare (prendendo come modello teorico la risposta allo stress di Selye), analizza a livello molecolare le conseguenze che la separazione precoce produce nel bambino. L’attivazione lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) dovuta allo stress (la separazione dalla madre in questo caso), produce un innalzamento del livello ematico di ormoni glucocorticoidi. Tale risposta, che rimarrà come traccia per tutta la vita, rappresenta un esempio biologico di influenza dovuta ad esperienze precoci avvenute nella primissima infanzia. Altri studi successivi su modelli animali (Nemeroff e Plotsky), forniscono prove dell’aumento dell’espressione genica di quei fattori (ormone corticotropo, CFR) coinvolti nella risposta allo stress nel caso di cuccioli separati dalla madre durante le prime settimane di vita. La condizione prolungata di stress può anche portare ad atrofia neuronale nell’ippocampo, come risulta da ulteriori studi (McEwen e Sapolsky). L’ipotesi suggerita da Kandel è che il meccanismo di rimozione sia invece una effettiva amnesia, cioè un danno permanente al sistema di memoria mediato dal lobo temporale mediale cerebrale. Una separazione precoce dalla madre produce nel bambino una risposta allo stress che verrà immagazzinata dal sistema di memoria procedurale, l’unico sistema già differenziato durante le prime fasi di vita. Tuttavia questi processi porteranno a danni permanenti a carico dell’ippocampo e di conseguenza a modifiche persistenti nel sistema di memoria dichiarativa. Queste ricerche su modelli animali sono di rilevanza clinica notevole come evidenziato nel disturbo postraumatico allo stress (Bremner e coll.) in cui ci sono evidenti danni nella memoria dichiarativa, e anche nella depressione (Nemeroff e coll.), in cui si assiste ad una marcata ipersecrezione di CRF.

5. Il preconscio, l’inconscio e la corteccia prefrontale

Kandel ritiene che la corteccia associativa prefrontale possa mediare alcuni aspetti del sistema preconscio-conscio. La corteccia prefrontale assolve due funzioni principali: integrazione di informazioni sensoriali e pianificazione di movimenti. Lesioni in questa area della corteccia, producono deficit nella memoria operativa, una componente a breve termine della memoria esplicita. Tra le diverse funzioni attribuite alla corteccia prefrontale, questa scoperta indica anche la funzione di mantenimento a breve termine delle informazioni immagazzinate o richiamate dalla memoria dichiarativa. Baddeley utilizza il concetto di memoria esecutiva per indicare il processo di integrazione e combinazione delle informazioni attuali con quelle avvenute nel passato (esperienze, azioni, conoscenze). La valutazione realistica di conoscenze esplicite da richiamare, potrebbe corrispondere, come suggerisce Solms, ad alcune funzioni che la psicoanalisi attribuisce all’io (esecutive) e al super-io. Secondo Kandel il coinvolgimento della corteccia prefrontale è da interpretarsi proprio in questo senso.

6. L’orientamento sessuale e la biologia delle pulsioni

La prima parte del paragrafo è interamente dedicata alle fasi dello sviluppo psicosessuale, richiamando la concezione psicoanalitica classica dell’omosessualità maschile e femminile. Esaminando poi gli studi che suggeriscono un contributo genetico all’orientamento sessuale, Kandel ricorre ad una classificazione in termini più specifici. Il genere genotipico (determinato dai geni) è diverso da quello fenotipico (definito dallo sviluppo dei genitali esterni). Più complessa è l’identificazione di genere in cui ci si riferisce alla percezione soggettiva del sesso personale. La preferenza per un partner sessuale definisce infine l’orientamento sessuale e Kandel fornisce esempi di ricerche sperimentali che studiano alcune caratteristiche comuni di comportamento esistenti nei mammiferi. Il dimorfismo sessuale, legato alla presenza di fattori ormonali durante lo sviluppo, si estende al cervello, e di conseguenza anche al comportamento. In seguito alla scoperta delle basi biologiche del genotipo e del fenotipo di genere l’Autore pone la domanda: qual è la base biologica dell’orientamento sessuale? Segue a questo punto una ricca serie di ricerche attuali sul tema della biologia del comportamento. Alcuni dati sperimentali riguardano il livello di testosterone quale funzione modulatrice del comportamento. Siccome le differenze sessuali nel comportamento mostrano alcune differenze nelle funzioni cerebrali, esse saranno probabilmente dovute in parte anche a differenze strutturali del sistema nervoso centrale. Il dibattito sulla componente ereditaria dell’orientamento sessuale si aggiunge alle altre questioni indicate dall’Autore quali possibili fonti di influenza per il pensiero psicoanalitico riguardanti le dinamiche dell’orientamento sessuale.

7. La psicoterapia e le modifiche strutturali del cervello

Un esperimento effettuato su musicisti che suonano strumenti ad arco (Taub e coll.), ha dimostrato l’esistenza di differenze nella rappresentazione corticale delle dita della mano sinistra, la mano più importante per suonare quella famiglia di strumenti. Tali modificazioni sono più accentuate se il soggetto inizia a suonare nei primi anni di vita. Altri lavori sperimentali con modelli animali sulla memoria a lungo termine indicano la presenza di alterazioni nell’espressione genica e modificazioni anatomiche (e quindi anche funzionali) cerebrali. Le caratteristiche e le abilità di un individuo probabilmente vengono modificate per tutta la vita, perciò Kandel si chiede se anche la psicoterapia è in grado di produrre tali modificazioni: “È affascinante pensare al successo della psicoanalisi nel produrre modificazioni persistenti delle attitudini, abitudini, e comportamenti consci e inconsci, producendo alterazioni nell’espressione genica che portano a modificazioni strutturali nel cervello“. 5
L’autore collega il meccanismo di alterazione dei processi di memoria a lungo termine con il concetto di cambiamento in quanto prodotto del lavoro psicoterapeutico, un concetto centrale nel pensiero psicoanalitico.

8. La psicofarmacologia come complemento alla psicoanalisi

L’ultimo tema esaminato riguarda l’uso degli psicofarmaci nel corso di una psicoanalisi. Kandel mette a confronto le indicazioni di Ostow che 40 anni fa sosteneva l’importanza cruciale dell’affetto quale determinante del comportamento e della psicopatologia, addirittura più importante della presa di coscienza. Ostow riteneva l’intervento farmacologico uno strumento investigativo importante delle funzioni affettive. Questa posizione è condivisa da studiosi come Sandler, Stern e il gruppo di Boston, secondo i quali il progresso terapeutico avviene grazie a modificazioni (moments of meaning) che coinvolgono le conoscenze procedurali inconsce, senza un necessario collegamento all’insight cosciente.
Concludendo questo lungo contributo, Kandel afferma nuovamente la necessità di una revisione metodologica all’interno del pensiero psicoanalitico. Non volendo ridurre i concetti psicoanalitici a quelli puramente neurobiologici, l’autore tuttavia ricorda quanto avvenuto nel campo della genetica molecolare che ha saputo fondere insieme la genetica classica mendeliana con la biologia, evitando la scomparsa delle discipline centrali. Molti sono i gruppi e i ricercatori che secondo Kandel stanno compiendo degli sforzi per una psicoanalisi concettualmente e sperimentalmente più rigorosa: Ostow, Olds e Cooper, agli inizi, Kaplan-Solms e Solms, Shevrin in tempi recenti. Infine, riprendendo il tema della necessità di importanti cambiamenti istituzionali, Kandel ripropone un “rapporto Flexner” per gli istituti di formazione psicoanalitica, come avvenne agli inizi del 1900 per la medicina a seguito del rapporto preparato da Abrahm Flexner. In tal modo, per avere un futuro la psicoanalisi dovrebbe stabilire un dialogo con la nuova biologia, auspicandosi: “..che una disciplina unificata di neurobiologia, psicologia cognitiva e psicoanalisi dovrebbe creare una nuova e più profonda comprensione della mente.” 6

© Alessandro Mura

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Note:

– E. R. Kandel, A new intellectual framework for psychiatry. American Journal of Psychiatry, 1998 Apr;155(4):457-69.
– Eric R. Kandel, Biology and the future of psychoanalysis: a new intellectual framework for psychiatry revisited. American Journal of Psychiatry, 1999 Apr; 156(4):505-24.

1  Eric R. Kandel, Op. cit. p. 505. 
2  Eric R. Kandel, Op. cit. p. 508. 
3 Eric R. Kandel, Op. cit. p. 509. 
4 Eric R. Kandel, Op. cit. p. 512. 
5 Eric R. Kandel, Op. cit. p. 519. 
6 Eric R. Kandel, Op. cit. p. 522.