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Prima parte

             Osservando la dinamica sinergica, in particolare nella “seduta lunga” propria del metodo micropsicoanalitico (cfr. Lysek, 2007, pp.37-83), con cui ho approfondito l’indagine analitica e che utilizzo nella pratica clinica quando è possibile, facendone sempre ad ogni buon conto naturale riferimento nell’attività di ‘ascolto’ e nella rappresentazione, la prima riflessione che ne ho fatta riguarda appunto l’analista. L’analista, intendo, diventato consapevole di tale dinamica, talvolta già nell’iter formativo dove potrebbe aver vissuto la sua personale trasformazione anche creativa, diventandone cosciente. Allora, quando l’analista è consapevole dell’interazione tra le spinte conflittuali e quelle adattative verso il benessere, in osmosi continua, riesce a percepire tale viraggio sinergico e ad averne subito coscienza nel campo analitico. Come ho accennato nella prima parte, ciò comporta un naturale attutimento della drammaticità addebitata al conflitto, tipica dell’analisi classica. Così, a partire dalla nostra ipotesi sulla ‘creatività in analisi’, ho ripuntualizzato (Memoria SIM, 2008, in parte prima) la “seduta lunga” come possibile sorgente inconscia di originalità e campo transferale/controtransferale di ricombinazioni creative preconsce”, spiegandola anche come “una possibilità di coniugare affettività e scienza, prerequisito quindi di un’interazione analista/analizzato, capace di rigenerare il contatto con informazioni di benessere latenti, atte a creare nuove forme nella realtà dove si situa la nascita del proprio originale postanalitico”. Ne ho anche accennato come apporto di benessere in generale, in occasione di alcune riflessioni (2008), in merito a un libro di Nicola Peluffo (2008) che racconta la scoperta, nell’archivio di famiglia, di un affettuoso rapporto epistolare tra due giovani cugini. E, naturalmente, l’ho considerato anche in analisi, nel doppio movimento intrapsichico e interpersonale in un gioco di alleanze profonde, riferendomi all’integrazione rappresentazionale-affettiva degli aspetti conflittuali e di benessere, ontogenetici e filogenetici – “Non dovremmo neppure dimenticare gli influssi filogenetici…”(Freud,1938, ed.it. p.627) – in primis, nell’analista che ne è consapevole e, da ultimo, nella relazione. E’ da tutto ciò che, alla fine, potrà vedersi spuntare quell’originale postanalitico, diventato un nuovo imprinting (Gariglio, 1992/1997, 2009 in parte prima), frutto dell’elaborazione ricombinativa tra sfaccettature conflittuali traumatiche e di benessere. A ciò aggiungo che ogni ‘originale’, tessutosi in una relazione, nasce solo quando questa è feconda, nella vita, come in analisi. Così, mentre leggevo l’idea di Kohut che l’analisi possa anche essere “un’esperienza emotiva correttiva”(1984, trad.it. p.109) come una sfaccettatura della guarigione psicoanalitica, pensavo che la nostra seduta lunga può ben essere una possibilità in più di ritrovarvi, ricostruirvi e riattualizzare sacche di empatia, latenti nello psichismo come tracce di benessere, oltrepassata la difficoltà di “descrivere stati d’animo e condizioni emotive e affettive che siano positive e non conflittuali” (khan, op. cit. p.198 in parte prima). Questo rimanda al tema delbenessere e alla sua memoria e, di qui, al fatto che l’Immagine possa anche essere vista come l’espressione “di aspetti non conflittuali” (Gariglio, Lysek, 2009, IIM, in parte prima). Ne ho appena trovato una rappresentazione scolpita, all’ingresso del Teatro di Leptis Magna (Libia) dove inserita in una scritta latina, campeggiano due mani che si congiungono, come simbolo di pace fenicia-romana, ma anche in Siria avevo trovato delle scritte in tal senso(Gariglio, 2009, pp.36-38), oppure ancora in alcune pitture rupestri, individuate col collega Lysek, come ipotesi di “memoria inconscia di benessere”(2009), riattivabile nello psichismo di ciascuno in quanto essenze energetiche, eternamente feconde… Simili reperti sono davvero ovunque avendo la spinta ad incontrarli. Si tratta di attività di elaborazione che porta a trasformazione dapprima nello psichismo, poi nei fatti della vita. In questo senso, nel lavoro appena accennato (2009, IIM), abbiamo tentato di discutere come persino la distruttività della pulsione di morte-di vita, possa trasformarsi in creatività, in un gioco di alternanza di sfaccettature da quelle più legate alla ripetizione coatta a quelle più legate alla naturale ripetizione di temi o motivi familiari che si rimettono in moto nell’attuale, attraverso dei tentativi insoliti per la persona che possono accorpare anche echi inoffensivi del precedente surplus tensionale che ha spinto la persona, ad esempio, in analisi. Avevo già scritto (1997, p. 16), che i tentativi creatisi “se individuati, accolti e portati avanti usufruendo della nuova spinta energetica, possono dare anzitutto un indirizzo diverso alle abitudini e, in seguito nel gioco dell’eredità psichica, porsi come nuovi motivi familiari che altri parenti, nel presente, o altre generazioni, nel futuro, potranno ancora proseguire”. In merito al “tentativo”, “realtà sperimentale (…) frutto delle sedute lunghe” (Silvio Fanti, 1983, ed. it. pp. 53-60) per cui, “dalla nascita alla morte, ognuno passa il proprio tempo a tentare qualcosa” (Fanti, 1981, ed. it. p. 23), vorrei evidenziare ancora che nella casualità relativa del suo farsi c’è, spesso, anche la possibilità che si portino a termine esperienze interrotte che chiedono di essere completate. E forse, tanti tentativi che crediamo nuovi, appartengono a qualcosa ancora energetico, già esperito in altre generazioni, così come viene talvolta dimostrato dalla ricerca genealogica i cui dati concreti rendono oggettivo il parlarne, senza nulla togliere alla metapsicologia, quale indagine privilegiata sulla vita psichica. Per quanto riguarda la ricerca genealogica, non si tratta di aggiungere ‘dati’ in più ma di risintonizzarsi con la vibrazione affettiva per vincolarne informazioni di varia natura.

Tornando al ‘viraggio sinergico’ che può palesarsi nel campo analitico dalla disattivazione di conflitti, ciò si manifesta dapprima nel sogno e precisamente nei materiali delle serie oniriche di diversa qualità e contenuto, poi nei materiali associativi di rievocazione costruzione/ricostruzione interpretazione. In Creatività benessere, ne diamo molti esempi. Infine, questo tendere alla sinergia può anche palesarsi nella vita di realtà, attraverso qualche manifestazione creativa, talvolta analizzata in sedute successive alla sedimentazione analitica, per un momento di approfondimento del lavoro personale o di formazione. Ovviamente, qui siamo usciti dall’ambito della psicopatologia ed entrati in una situazione esperienziale/esistenziale che può riguardare tutti: persone comuni, scienziati ed artisti, analizzati o meno, chiunque sia cioè portatore, in modo naturale o per il suo lavoro, di una possibilità di creare nel benessere. E’ proprio questo che ho accuratamente osservato e continuo a verificare dopo che il lavoro analitico disattiva i principali conflitti, cominciando a riflettervi anche nell’elaborazione ‘artistica’ del lutto in occasione di un lavoro comune (Arte e Psicologia, 2010). Ciò che resta, in sintesi, è la rappresentazione di un cammino creativo e vitale che vede protagonista una maggiore armonia di mente-corpo-ambiente, snodandosi dallo scongelamento di materiale rimosso al contatto con la vibrazione di benessere latente che finalmente può riguadagnare la luce, emancipandosi dal materiale di sofferenza che l’inibiva o l’agglutinava con il suo protagonismo di alta vibrazione. Lo esemplifico, appoggiandomi ad un momento di rielaborazione sintetica ed ‘evoluta’ di una nuova ricostruzione in merito ad una coazione all’obbligo di “faticare, correre, lavorare sempre”, inspiegabile per molto tempo fino a che, con l’ennesima rievocazione della madre incinta, questa non viene sentita diversamente dal figlio. “Povera donna! Con già un bimbo di pochi mesi e il suo lavoro che non ammetteva soste. Ciò che ho respirato da mia madre in gravidanza, dice la persona, è oggi sostituito da momenti di serenità, bellezza e rilassamento nel rapporto, come quelli tessutisi qui, con cui mi sono sia risarcito di ciò che non ho potuto godere nella mia gravidanza, sia ricongiunto a certi bei ricordi di me e mio nonno che mi raccontava, quietamente, certe sue cose di gioventù” (memorie di benessere, riattualizzatesi in analisi). Un dato anche importante che mi preme evidenziare è il ‘mantenimento’ di questo nuovo modo di vivere: ”dormo molto e accetto di fermarmi dal lavoro. Questa sensazione di rallentamento è oggi chiara e stabile anche nei rapporti con le persone, nei contatti telefonici… fino a permettere alle emozioni ed ai sentimenti di farsi sentire.”

Freud, che mi viene ora naturale rileggere alla luce di quanto sopra, riferendosi al materiale rimosso scrive, nel 1937 in “Costruzione nell’analisi”: “L’intento del lavoro analitico è notoriamente quello di far sì che il paziente rinunci alle rimozioni – nel più ampio senso intese – che risalgono al suo antico sviluppo e le sostituisca con reazioni tali da (ed. it. p.541) poter corrispondere a uno stato di maturità psichica. A tal fine egli deve ripristinare il ricordo di determinati episodi, nonché dei moti affettivi da essi suscitati, che al momento risultino in lui dimenticati.”. Amplificando quello “stato di maturità psichica”, com’era prevedibile, mi sono trovata a pensare anche alla “memoria del benessere”. E’ avvenuto spontaneamente. “Ciò che ci interessa, continua Freud, nell’esposizione del suo pensiero sulla rimozione, è un quadro, attendibile e completo in tutti i suoi elementi essenziali, degli anni dimenticati della vita del paziente” (1937, ed. it. p.542). (…) L’analista deve scoprire, o per essere più esatti, costruire il materiale dimenticato a partire dalle tracce che di esso sono rimaste” (p.543). A rigor di logica se, come prima dicevo, ci si allarga dalla psicopatologia all’espressione creativa in generale, questo lavoro di “costruzione o, se si preferisce di ricostruzione” (p.543)  potrebbe riguardare sia il materiale rimosso conflittuale e traumatico, come classicamente si intende, sia quello di benessere di più bassa vibrazione, materiale che tuttavia, nella nostra modellistica, abbiamo chiamato, volutamente, solo “latente”, definendolo meglio come “potenzialità creatrice”. ‘Latente’, quindi, non rimosso. E questo, sia per la diversa carica tensionale sia per non immettere, nell’accezione comune della rimozione, questa nuova categoria di tracce psicobiologiche (rimando gli eventuali interessati aCreatività benessere, pp.70-76). E Freud stesso, ovviamente  sempre riferendosi al rimosso, anticipa:“Se riusciremo o meno a portare compiutamente alla luce il materiale nascosto, è soltanto un problema di tecnica analitica”(1937, ed. it. p.544). A me sembra che le nuove possibilità dateci dall’uso della seduta lunga in psicoanalisi secondo l’evidenziazione che ne ha fatto in particolare la micropsicoanalisi classica, ulteriori approfondimenti ad opera degli Istituti SIM, la “psicoanalisi intensiva” esplicitata da Quirino Zangrilli, o amplificazioni di aspetti meno indagati, come questo in corso con l’attenzione anche alla memoria del benessere nel campo analitico, possano andare in questo senso. Quest’ultimo, ancora pionieristico è tuttavia già  interessante nei suoi risultati. Varrebbe la pena osservarlo su più vasta scala in tanti altri campi transferali/controtransferali in cui vi sia l’attenzione a tali dinamiche trasformative, vitali e creative.

    Finestra clinica

Come ho già detto, nei momenti di “elaborazione ricombinativa” (Gariglio, Lysek, 2007, pp.48-52, in parte prima),  con analista consapevole del percorso dell’atto creatore, abituato cioè a considerare la doppia azione delle tracce onto-filogenetiche, rimosse e latenti, vale a dire conflittuali/traumatiche e di benessere, la caratteristica dell’ascolto analitico e degli interventi interpretativi e ricostruttivi sono consequenziali perché tengono conto sia della psicopatologia sia dei movimenti esperenziali della persona e del suo terreno, movimenti che dal campo analitico si generalizzano poi alla  realtà. In ultima analisi, ciò significa, passando dalle dinamiche di transfert/controtransfert, l’avviarsi della possibilità di dialogo tra le due categorie di tracce che si sono rese più omogenee come vibrazione. Come esemplificazione del possibile percorso dell’atto creatore anche nella situazione clinica, si possono considerare tutti quei materiali di seduta che evidenziano un continuum conflittuale-adattativo alla ricerca della distensione come raggiungimento, appunto, di un benessere che contiene già la spinta naturale a sperimentare la propria creatività nella vita, diminuendone poco alla volta i tempi di stasi. Lo focalizzerò, inserendomi in quell’area specifica della micropsicoanalisi che ha già dedicato una particolare attenzione alla situazione di gravidanza (Silvio Fanti e coll. 1983, Nicola Peluffo, 1976 in parte prima e altri micropsicoanalisti). Allo scopo, ho raggruppato diverse analisi accomunate da una traccia iniziatica, ‘pesantemente’ conflittuale/traumatica: lutti della gestante, con varie risposte (vomito, depressione,  acuirsi della normale dinamica trattenere-espellere…), incidenti e violenze, subite dalla gestante stessa o da qualche familiare, con risposte di svenimenti, rischio d’aborto… Queste gravidanze hanno avuto in comune anche una difficoltà di nascita, in coerenza con i dati evidenziati da Relier (1993, trad.it. 1994), primario di neonatologia, che mette “in relazione la difficoltà di parto e le gravidanze con uno stress d’intensità molto forte” (p.117). Si può ancora dire, in merito a queste sacche energetiche incistate di sofferenza che tali disturbi si assommano a quelli normali della “guerra uterina” (Fanti, p.151), testimoniabili in ogni analisi (per tutti, cfr. Quirino Zangrilli 2007, Bruna Marzi, 2008…). Com’è noto, ciò che ha fatto molto male si fissa e tende malignamente a “riprodursi” (Freud, 1912, ed.it. p.531) in riattualizzazioni di vita e, finalmente, di seduta dove possono risolversi. E’ stata a sufficienza dimostrata la possibilità di disattivazione di rivissuti quali il disagio, la persecuzione, l’invasione, l’incapacità, l’invisibilità, la mancata comprensione, l’ansia/paura/fobia di completare un percorso iniziato e quant’altro. Poi, con il raggiungimento della capacità di relativizzare persino l’inevitabilità del ritorno del rimosso o di certi suoi “echi/residui” (in modellistica Gariglio, Lysek, 2007), sapendone ora riconoscere almeno il fenomeno e di qui, talvolta, fermarlo, finisce anche l’analisi e con essa iniziano dei nuovi tentativi di vita, come si legge in diverse relazioni cliniche. E’ qui, come dicevo, che è cominciata tanto tempo fa questa osservazione sul fenomeno della creatività, dapprima postanalitica, in seguito analitica.   

Dunque, l’analizzato alla mercè delle sue stesse resistenze, in quanto riattualizzatore di quel feto traumatizzato e decurtato di quel certo appagamento che si distribuisce qui e là nella dinamica del trattenere-espellere, ad un certo punto, ricerca il benessere in seduta. Quando lo fa è già ‘sano’ perché sta tentando di auto risarcirsi. In effetti, come analista che gestisce una futura nascita psichica, mi sono sentita sincronizzata con Relier che,battendosi per i “diritti del feto”(p.152) e presentandoci persino “l’aptonomia, una tecnica molto evoluta che consiste nell’entrare in contatto con il proprio feto attraverso il tatto, praticabile da entrambi i genitori”(p.88)suggerisce anche la “prevenzione” alle gestanti: “tempo e attenzione, scrive, sono i segni di un amore generoso”(op.cit. p.158). Ho riconosciuto tale atteggiamento nella seduta lunga, senza nulla togliere, ovviamente, alle possibilità insite nel metodo classico. Ciò che conta è che, “nello spazio transizionale, inventato da Freud, si verifichino degli ‘incontri’ (…), permettendo di tanto in tanto la condivisione dei propri Sé nascosti” (M.Masud R. Khan,1983, trad. it.  p.11, in parte prima). Così, secondo la mia esperienza, solo quando nel campo analitico viene tessuto questo desiderio inconscio di benessere che poco alla volta, quindi, si soddisfa, può costruirsene quella rappresentazione che nei nostri casi era deficitaria ontogeneticamente ma certamente agente filogeneticamente. Qui prende corpo il desiderio di parlare e di comprendere, più evoluto della difesa motoria. A tal proposito, è proprio possibile evidenziare la difficoltà di ‘consapevolizzare’ tale pulsione verso la ricerca della distensione quindi del benessere, per la fissazione al codice senso-motorio in cui prevale il movimento come difesa dal disturbo. Va da sé che recuperare un linguaggio idoneo a comunicare ciò che si sente, indipendentemente dalla risposta, in questi casi, è complesso per l’arcaicità del punto di fissazione. Ho riscontrato molta sofferenza dentro l’attesa passiva del ‘miracolo’ di essere capiti comunque, con la proiezione di aggressività nei sogni e in lunghi momenti di vuoto associativo e letargia, come opposizione/resistenza a qualche intervento dell’analista. Ma intanto il movimento ha già aperto alla creatività per la messa in moto della “pulsione viatorica” (Peluffo, 2009) verso la ricerca di distensione, verificabile dalle variazioni di postura nel divano di analisi, così come prima quel feto si spostava qui e là nel ventre materno per trovarvi, di volta in volta, la postura soddisfacente. E’ risaputo, il movimento è il preludio della creatività anzi vi è in essa implicito, come testimoniano già “i processi evolutivi dell’uomo primitivo” (Ambrogio Zaia, 2007).Quindi, paradossalmente, si possono vedere gli adattamenti senso-motori ai disturbi in gravidanza come preziosi imprinting di creatività. Ma anche l’analisi è, al contempo, un uso creativo della pulsione viatorica, ancora “un viaggio: un viaggio a ritroso nel tempo verso le origini e la loro ricostruzione, verso ciò che è stato dimenticato (…) o un viaggio verso l’ignoto…”(Luca Trabucco, 2009). Un viaggio, per restare nei nostri esempi, anche verso la consapevolezza dei desideri sottostanti il codice espressivo limitato, ‘parlando’ allora per spiegarsi e spiegare ciò che sta risuccedendo. Arriva così il momento in cui le tracce che riguardano il rimosso sono  considerate ‘solo’ un inciampo di percorso. Un intermezzo spiacevole tra rievocazioni iniziali e finali di gravidanze che “sono andate comunque nel senso della vita”. Alcune, perché desiderate a priori ma, comunque, tutte giunte a termine per le capacità adattative insite nella stessa situazione conflittuale. Una rivoluzione copernicana: un ribaltamento di vedute sui protagonismi! Così, nelle mie osservazioni, quando nel campo analitico è maturato l’interesse per ciò che può subentrare dalla ‘disattivazione del conflitto, uscendo quindi dall’ottica solo psicopatologica, ciò che viene “riprodotto” e in seguito anche consapevolizzato è la sequenza completa: disturbo-risposta difensiva, adattativo-creativa. Ciò che, in altre parole, nei casi cui mi sto riferendo, ha permesso a quei feti di nascere diventando persone e, per estensione, al tal analizzato, ex feto molto disturbato, di nascere psichicamente, arricchendo la sua vita con l’espressione del benessere come trasformazione naturale. E, come abbiamo appena visto, ciò inizia con la riproduzione, anche nella dinamica di seduta, dei primi tentativi di adattamento come risposta difensiva, inizialmente, ancora senso-motoria, quindi non consapevolizzata anche cognitivamente. Con la disattivazione di tale fissazione, le capacità vitali e creative ritrovate nella rievocazione della situazione di gravidanza e rimesse in circolo nelle dinamiche di transfert/controtransfert, vengono parallelamente anche evidenziate nella “ricerca transgenerazionale” (Cfr. Anne Ancelin Schutznberger, 1993, trad. it. 2004, Haydée Faimberg, trad. it. 2006,  Daniela Marenco, 2006 e altri scritti di micropsicoanalisti sulla ricerca genealogica, cfr. Editoria IIM) di cui ora vengono presi in esame, appunto, tali nuovi aspetti. Ciò significa che, della tal gravidanza così “sconquassante” ora interessano di più gli schemi e sistemi difensivi adattativi, predisposti nella specificità psicobiologica che “in utero si confronta con la trasmissione transgenerazionale” (Manuela Tartari, 2006). Così, la riscoperta in analisi della capacità di resilienza, viene ritrovata anche nella vita, osservandone le manifestazioni nel terreno, attraverso le tracce lasciate da qualche familiare recente o personaggio di generazioni precedenti che, dopo vicissitudini, ha saputo reinventarsi.
Un esempio, per tutti: in un’analizzata, un nuovo contatto con le due nonne negli aspetti vitali e creativi prima non considerati nella ricerca genealogica, la portano a sentirsi, citando le sue stesse parole,“una foemina colta e al contempo ricca di affetto ed accogliente”. Ciò la facilita ad uscire da vissuti di inferiorità e insicurezza, dovuti all’identificazione con certi disagi esperiti da uomini della sua famiglia. E qui, riferendomi alla possibilità di certe sincronicità contemporanee agenti come desideri inconsci nel campo analitico (di cui ho un po’ parlato), evidenzio una riflessione controtransferale, personale e analitica in quel contesto, ma sempre per me in corso, a proposito della ‘peculiarità femminile’. Da un punto di vista sinergico, ritengo la donna ‘avvantaggiata’ rispetto all’uomo, per la dimestichezza che il corpo femminile ha con l’esperienza del continuum che va dalla perdita (es. ciclo mestruale, gravidanza, post partum, allattamento e menopausa) al vuoto, alla riconversione energetica e quindi alla ricostruzione creativa. La sua psiche ne è ovviamente correlata come è stato ben evidenziato in un intervento psichiatrico e psicologico (Giorgio Maccaferri, 2009) sulla donna, in occasione di una giornata di psicosomatica per ginecologi ed ostetrici, fornendo un’occasione di proficua collaborazione tra i sessi. In questo senso e sempre a proposito della sinergia, ho evidenziato in un lavoro specifico (Antigone, 2010) la qualità intrapsichica ed interpersonale dell’incontro armonioso del maschile col femminile, quando nell’uomo e nella donna se ne siano elaborati entrambi gli aspetti. E mentre mi chiedo se, nel campo analitico, possa essere proprio (o anche) questo desiderio contemporaneo di incontri sinergici inconsci in cui il maschile e il femminile possono relazionarsi alla pari, a contenere la spinta che darà energia alle future tessiture di benessere, rilevo, intanto, la coerenza con cui avevo raccolto certe parole di Gandhi (1947): “Fate battere i vostri cuori all’unisono con le mie parole”.  Punti comuni da cui partire.

Rientrando nella clinica, con il ritrovamento del piacere di stare bene insieme agli altri, oltre che con se stessi, viene dissipato poco alla volta l’antico senso di solitudine con la disattivazione della tendenza all’isolamento. Si comincia anche a sentire empatia verso se stessi e la propria madre, fino a ieri sentita come “falsa presenza, castrante ed espulsiva”. L’immagine della madre è ora ricca di valenze affettive, una madre sufficientemente buona, direbbe Winnicott. Sono momenti di lavoro molto intensi di emozione sana, costruttiva. Una vera sinergia, dunque, tra tracce di benessere recuperate grazie alla perdita e al vuoto creatosi e nuovi tentativi da sperimentare nel benessere di una fluidità psichica che, generalizzandosi dal campo transferale controtransferale come “luogo/tempo di tessiture originali”, andrà verso il quotidiano personale, nel senso della vita.

In sintesi, quando l’elaborazione ricombinativa si naturalizza, viene ritessuta la tendenza a partire dalla costruzione di situazioni di benessere che, tuttavia, nel percorso, incontreranno certi periodi di stasi, che valgono sia come residui degli aspetti aggressivi sia come sana oasi di “ozio” (Khan, p.204, in parte prima) prolifico e rigenerante. Quando viene raggiunto quel punto di non ritorno che avevo narrato, per celebrarne l’aspetto vitale e creativo(2000, in parte prima, pp.66-67, 129-130, 136-137…), i passaggi dentro il lutto, la perdita e l’orrore del vuoto che se ne crea non fan più paura per la consapevolezza di potervi, ogni volta, andare oltre fino a ripescare tracce antiche depositate nell’inconscio come vibrazioni di benessere e possibilità di relazione. Quindi, quando il percorso dell’atto creatore si snoda completamente, si assiste all’intera ricostruzione del doppio movimento conflittuale/traumatico e di benessere, adattamento, relazione, distensione. Anche questa parte di metabolizzazione analitica continua nella vita per molto tempo. Nelle verifiche che ne ho fatte, ho scoperto ulteriori capacità individuali di costruire situazioni appaganti, con la ricerca e la creazione di cose nuove e stimolanti. E, insieme, una sufficiente neutralità quando residui di aggressività distruttiva si rimettono in pista come automatismi inconsci che, però, non fagocitano più. Nell’ambito del processo creatore complessivo, avviene dunque un sufficiente decremento della parte distruttiva della pulsione di morte-di vita con l’emergere, di volta in volta, di una creatività appagante, apportatrice di benessere.

Daniela Gariglio ©

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