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Chi di noi non ha trascorso nell’infanzia o nell’adolescenza quella tipica serata, sovente estiva, in cui, magari attorno ad un labile fuoco, si ascoltano le descrizioni terrifiche di storie di fantasmi o vampiri o di zombies? Pian piano lo stato emotivo dei presenti muta, dallo scherzo si passa ad un’atmosfera tetra, le ombre si animano, e gli astanti vengono invasi da sensazioni perturbanti che li riempiono di paura.
E’ questo uno degli esempi più frequenti e banali di suggestione.
Nicola Peluffo, in un magistrale studio che definisce in profondità gli aspetti più diversi della tecnica psicoanalitica e micropsicoanalitica (N. Peluffo, considerazioni pratiche sulla tecnica micropsicoanalitica, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n° 26, Tirrenia Stampatori, Torino, 1999) richiama la definizione di suggestionabilità che H. Bernheim, professore di clinica medica all’università di Nancy, diede nel libro De la suggestion, pubblicato a Parigi nel 1916.
“La suggestionabilità, è l’attitudine del cervello a ricevere o evocare idee e la sua tendenza a realizzarle, a trasformarle in atti”. 1
Bernheim ritiene che ogni idea suggerita tenda a diventare un atto seguendo la legge dell’ideodinamismo.
Peluffo precisa che “…la suggestione si trasforma in associazione, l’associazione in idea e l’idea in atto e così via. Qualora l’atto non esaurisca l’energia il processo gira su se stesso, si sposta, si condensa finché non trova uno sbocco compromissorio che può essere il sintomo nevrotico (…) E’ anche evidente che l’idea diventa emozione per mezzo delle catene associative. Basta vedere il viso degli spettatori di fronte alle vicende più o meno drammatiche che si svolgono sullo schermo. L’idea, tramite le catene associative, anche organiche, diventa atto organico”. 2
E’ noto a tutti come il rapporto medico-paziente sia il luogo privilegiato di profondi fenomeni transferali (proiezione sullo schermo costituito dalla persona del medico dei vissuti personali inconsci e preconsci) e come tale relazione sia profondamente influenzata da fenomeni suggestivi.
L’esistenza del fenomeno placebo ne é uno dei fenomeni più eclatanti.
Alcuni studi, tra cui uno dell’US Office of Technology Assessment, ipotizzano che solo il 20 per cento circa dei moderni rimedi medici di uso comune abbia un’efficacia scientificamente dimostrata; negli altri casi è probabile che il beneficio venga dall’effetto placebo: il solo fatto di essere sotto trattamento aiuta il paziente a guarire.
Alla fine degli anni cinquanta, alcuni ricercatori guidati da Eddmunds G. Dimond del Medical Center dell’Università del Kansas stavano conducendo studi sull’efficacia di un intervento chirurgico allora abituale nel trattamento dell’angina pectoris. I medici eseguirono la procedura chirurgica (consistente nella legatura di alcune arterie) su un insieme di 13 pazienti, mentre su un secondo gruppo di cinque pazienti fecero solo un’incisione cutanea al petto senza effettuare realmente l’intervento chirurgico. Il 76 per cento dei pazienti su cui era stata realmente effettuata l’operazione chirurgica mostrarono segni di miglioramento. Ma i ricercatori furono sbalorditi nel verificare che il miglioramento riscontrato nei pazienti del gruppo placebo fu del 100 per cento! 3
Potenza della suggestione, dunque.
Una potenza che fino ad un ventennio fa, quando ancora esisteva un rapporto empatico tra malato e medico di fiducia, veniva volontariamente o meno, dispiegata. Oggigiorno la moderna trasformazione della medicina da arte medica in medicina tecnologica ha ridotto ad un tenue filo il rapporto conscio tra medico e paziente (quello preconscio ed inconscio sussistono e faranno comunque sentire gli effetti del loro dinamismo). I pazienti sono visti sempre più alla stregua di una sorta di macchina biologica predeterminata, statica, fatta di componenti la cui minima alterazione viene considerata una anomalia di funzionamento rispetto all’espletamento di un programma dato, considerato come immutabile.
L’impostazione rigidamente organicistica degli studi di medicina concorre a strutturare una visione fenomenologica limitata a quel mondo, già notevolmente strutturato, che risulta essere governato dalle leggi della chimica e della fisica. Un mondo organizzato in unità di misura e parametri ottimali, così piacevolmente rassicurante per il malato ed il medico! Un mondo così rigidamente strutturato da permettere la progressiva adozione dei cosiddetti protocolli diagnostici e terapeutici. Tali protocolli consistono in un tipo di indagine diagnostica che si fonda sull’ipotesi di un modello rigido di stato di salute che funge da riferimento. Conduce ad un tipo di indagine certamente meticolosa, che si espande a raggiera dal compartimento d’origine ai vari organi o apparati o funzioni eventualmente coinvolti dall’anomalia riscontrata.
La nosografia medica, come qualsiasi studio descrittivo, impiega delle forme o dei modelli riconoscibili. Ma l’essere umano, a dispetto della visione meccanicistica della medicina tecnologica, attraversa incessantemente innumerevoli metastati di non equilibrio che lo conducono a stati transitori di equilibrio. L’essere umano è fondamentalmente una struttura energetica, la cui forma ha dei margini di plasticità da individuo ad individuo, alla perenne ricerca di modalità di vincolamento del surplus tensionale che lo anima. Quando nell’individuo si determini una situazione di squilibrio energetico per sollecitazioni interne od esterne, si attiveranno, inizialmente a caso, quelle modalità di vincolamento dell’energia che egli ha inscritte nel suo terreno costituzionale. In altre parole la sovraccarica tensionale innescherà la nascita di tentativi di adattamento che hanno come scopo l’abbassamento della tensione all’interno dell’unità psicobiologica.
Poniamo il caso che uno o più di questi tentativi acquisiscano una forma che, attraverso gli strumenti descrittivi della diagnostica medica, possa essere definita come dolore addominale, stipsi, etc. All’inizio la collocazione di tali tentativi di riequilibrio sarà ancora relativamente instabile. Ma, come si è soliti procedere negli ultimi anni, qualsiasi minima situazione di squilibrio riscontrata, innescherà, attraverso l’utilizzo dei protocolli diagnostici, la ricerca minuziosa di altri segni previsti nel protocollo diagnostico. Ove tali segni venissero riscontrati, concorrerebbero alla determinazione di un’insieme corrispondente ad un determinato stato morboso; si comprenderà come tale modo di procedere, da una parte determini un’investimento suppletivo su determinati tentativi di vincolamento del conflitto e dall’altra produca il reclutamento coatto di ulteriori tentativi che, assemblati, condurranno alla realizzazione di una forma sufficientemente stabile per il vincolamento del surplus energetico, altrimenti indicabile con il termine di malattia.
In altri termini, la ricerca precoce, a fini di profilassi, di qualsiasi minima situazione di squilibrio, determinerebbe di fatto un iperinvestimento energetico sull’immagine di malattia che contribuirebbe alla strutturazione dei vari tentativi in una forma stabile. Intendo dire che questo tipo d’approccio, se tranquillizza la coscienza del medico (e sembra, negli Stati Uniti, anche quella dei suoi legali), al tempo stesso è un contributo importante per la fissazione di una dinamica originariamente reversibile. E’ ovvio che l’intero discorso si riferisce a situazioni che non abbiano le caratteristiche della cronicità.
E che dire della consolidata abitudine di certi medici di descrivere minuziosamente al paziente le manifestazioni cliniche a cui la malattia diagnosticata dovrebbe condurlo? C’è da chiedersi quanta parte abbia tale modalità di suggestione negativa nella produzione dei sintomi successivi.
Sarebbe auspicabile che accanto alla scomparsa della suggestione positiva il medico consideri la possibilità di vigilare sui suoi atti al fine di ridurre al minimo possibile quella negativa.

Written by: Quirino Zangrilli © Copyright

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NOTE:

1 – H. Bernheim, De la suggestion, Parigi, 1916. up!
2 – N. Peluffo, Considerazioni pratiche sulla tecnica micropsicoanalitica, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n° 26, Tirrenia Stampatori, Torino, 1999. up!
3 – Walter A. Brown, L’effetto placebo, http://www.yepa.com/ki/iside/placebo.html up!