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Uno studio psicologico ha mostrato che, almeno nel breve termine, i titoli azionari con nomi facili da pronunciare hanno rendimenti migliori di quelli con nomi più complessi. I ricercatori, Adam Alter e Daniel Oppenheimer della Princeton University (NJ, USA) hanno avanzato la spiegazione che le persone, quando cercano di trattare informazioni complesse, tendono a concentrare l’attenzione sulle parti più semplici. Questo comporterebbe che si favoriscano naturalmente gli oggetti i cui nomi sono più facili. Nella prima fase dello studio, un gruppo di studenti è stato invitato a predire il comportamento di una serie di titoli immaginari, e le risposte hanno favorito quelli con nomi semplici. Nell’ipotesi che questo studio simulasse comunque il lancio di nuovi titoli sul mercato azionario, è stato quindi analizzato il rendimento di 89 titoli realmente scambiati per la prima volta sulla borsa di New York tra il 1990 e il 2004. E’ emerso che i titoli con nomi semplici hanno reso più degli altri nel primo giorno e nel periodo successivo; la correlazione cessava nell’arco di circa 6 mesi. Comunque, in una simulazione di investimento, è risultato che nell’arco di un anno 1000 dollari investiti sui titoli dal nome semplice avrebbero reso 333 dollari più che se fossero stati investiti sui titoli dal nome più complesso. Un’altra fase dello studio è servita ad eliminare il sospetto che le aziende migliori disponessero di strategie di marketing più efficaci rispetto alla scelta del nome. In questa fase è emerso che non c’è correlazione tra il tipo e la grandezza dell’azienda e le prestazioni del titolo. Per un’ulteriore verifica, l’analisi della seconda fase è stata ripetuta usando la sigla di tre lettere che identifica il titolo in borsa, sigla che non è scelta dall’azienda. Anche qui, le sigle più facili da pronunciare hanno mostrato un rendimento migliore, anche se la differenza di 333 dollari della fase precedente si è ridotta a soli 20 dollari. Lo studio sarà pubblicato nei Proceedings of the National Academy of Sciences.

© Federico Spanò

Fonte: http://www.nature.com/news/2006/060529/full/060529-2.html