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Quando l’11 marzo del 1938 i nazisti invasero l’Austria, Ernest Jones decise di partire per Vienna per persuadere Freud affinché decidesse di lasciare la città. Per prima cosa fece visita ai locali della Verlag con lo scopo di cercare di contenere l’intrusione nazista. Purtroppo trovò Martin Freud in stato di arresto: ed anch’egli subì la stessa sorte e fu solo dopo un’ora che venne rilasciato. Tra le molte titubanze del Maestro, Jones cominciò ad occuparsi di reperire tutte le autorizzazioni necessarie perché egli potesse ottenere il permesso di soggiorno in Inghilterra. L’ambasciatore americano in Francia, W.C. Bullitt, telegrafò al presidente Roosevelt che tempestivamente inviò istruzioni al suo incaricato a Vienna, Mr. Wiley, perché si occupasse del caso. Inoltre l’ambasciatore contattò il conte Welczeck, nonché ambasciatore di Francia, per chiarirgli l’enorme pubblicità negativa che avrebbero ottenuto i nazisti se avessero negato l’espatrio di Freud. Intanto a Vienna il 13 marzo 1938, si tenne una riunione del consiglio della Società dove venne ribadita la necessità per tutti gli analisti di espatriare, ponendo come indicazione che la sede della destinazione, dovesse essere quella del paese dove si sarebbe stabilito Freud. Quest’ultimo commentò: ”Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme compiuta da Tito, Rabbi Jochanan ben Sakkai, chiese il permesso di aprire una scuola a Jabneh per lo studio della Torah. Noi faremo lo stesso. La nostra storia, la tradizione e per alcuni l’esperienza personale, ci hanno ormai abituati alle persecuzioni “. 1
Jones fece ritorno a Londra per occuparsi del reperimento dei documenti necessari. Si rivolse al Ministero degli Interni dove ottenne, grazie a Sir Samuel Hoare, i permessi per Freud, la famiglia, i domestici, i medici personali e un certo numero di allievi con le loro famiglie. L’ostacolo più periglioso fu quello di ottenere il permesso di uscita dai nazisti. Freud incaricò un avvocato suo amico, il Dr. Indra, perché si occupasse degli aspetti burocratici. Il caso volle che il commissario incaricato dai nazisti di supervisionare le pratiche avesse studiato chimica all’università con il Prof. Herzig, grande amico del Maestro, per il quale nutriva un sincero legame.
Quando lesse sul testamento di Freud che questi possedeva del denaro all’estero, occultò il documento consentendo al Maestro di partire e ricevere tutti i suoi beni senza che gli venissero confiscati.
Intanto la situazione per la famiglia Freud diveniva sempre più delicata: Martin Freud dovette recarsi presso gli uffici della Gestapo per essere interrogato, mentre Anna Freud venne arrestata. Il solo commento riportato da Freud, nel suo diario in data 22 marzo 1938 fu: ”Anna bei Gestapo”. 2
Il 12 maggio del 1938 Freud scrisse al figlio Ernest che viveva a Londra: ”In questi giorni oscuri vi sono due prospettive che ci tengono su: raggiungere voi tutti e morire in libertà. 3 Talvolta mi paragono al vecchio Giacobbe che in tarda età i figli portarono in Egitto. E’ auspicabile che il risultato sia diverso, sia cioè un esodo dall’Egitto. E’ tempo che Ahasverus  4 riposi in qualche luogo. Rimane da vedere fino a che punto noi vecchi riusciremo ad adattarci alle difficoltà di una nuova patria. Tu ci aiuterai in questo. Nulla conta in confronto alla liberazione. Per Anna sarà sicuramente facile e questo è decisivo, perché tutta l’impresa non avrebbe avuto senso se compiuta per quei tre di noi che contano dai 73 agli 83 anni. Se arrivassi da uomo ricco ricomincerei a costituirmi una nuova collezione. Così come stanno le cose, dovrò accontentarmi dei due piccoli pezzi che la principessa ha portato in salvo alla sua prima visita e di quelli che ha comprato durante il suo soggiorno ad Atene e che conserva per me a Parigi. E’ del tutto incerto quanta parte della mia collezione riuscirò a far spedire. Mi rammenta la storia di quello che salvava dall’incendio la gabbia dell’uccellino”. 5
Il primo membro della famiglia che ottenne il permesso di partire per Londra fu Minna Bernays, che partì da Vienna il 5 maggio accompagnata da Dorothy Burlingham. Il figlio maggiore di Freud, Martin con la famiglia raggiunsero la capitale inglese il 16 maggio, mentre la sorella Mathilde vi arrivò il 26.
A Freud venne richiesto, perché potesse ottenere il visto d’uscita, di firmare, ob torto collo, la seguente dichiarazione: ”Io prof. Freud qui dichiaro che dopo l’annessione dell’Austria al Reich tedesco sono stato trattato dalle autorità tedesche e in particolare dalla Gestapo con tutto il rispetto e la considerazione dovuti alla mia fama di scienziato, che ho potuto vivere e lavorare in piena libertà, che ho potuto continuare a svolgere le mie attività nel modo che più desideravo, che da questo punto di vista ho trovato pieno appoggio delle persone interessate e che non ho il minimo motivo di lamentarmi.”
Egli acconsentì purché fosse aggiunta la frase: ”Posso vivamente raccomandare la Gestapo a chicchessia”. 6
Dopo questo lungo e penoso travaglio il 4 giugno Freud e la moglie, la figlia e la domestica Paula Fichtl lasciarono Vienna.
Il 6 maggio del 1954 l’Organizzazione Mondiale per la Salute Mentale volle porre al numero 19 della Bergasse la seguente iscrizione:

Qui ha vissuto e lavorato dal 1891 al 1938
il professor Sigmund Freud
creatore e fondatore della psicoanalisi.

Quando raggiunsero Parigi vennero accolti da Marie Bonaparte, l’ambasciatore Bullitt, Harry Freud che viveva nella capitale francese e da Ernest Freud che era nella capitale francese per accompagnarli nell’ultima parte del viaggio.
Furono ospitati in casa della Bonaparte che informò Freud di essere riuscita, attraverso l’ambasciata greca di Vienna, a far spedire i risparmi del Maestro al re di Grecia che poco dopo li aveva fatti trasferire presso l’ambasciata greca di Londra. Freud in una lettera che scrisse alla Bonaparte le disse: ”La giornata trascorsa in casa Sua a Parigi ha ristabilito il nostro buon umore e il nostro senso di dignità: dopo essere stati circondati d’affetto per dodici ore, ci siamo sentiti orgogliosi e ricchi sotto la protezione di Atena”. 7
Il viaggio prevedeva l’attraversamento della Manica ed il successivo spostamento in treno fino alla Victoria Station, presso un binario isolato che potesse garantire a Freud la possibilità di eludere i giornalisti. Giunsero presso il numero 39 di Elsworthy Road, dove Ernest Freud aveva preso in affitto una casa per poi trovare loro una nuova e definitiva sistemazione. Per alcuni giorni i giornali si occuparono dell’arrivo di Freud, “The British Medical Journal” scriveva: ”La classe medica della Gran Bretagna si sentirà orgogliosa che il suo paese abbia offerto asilo al prof. Freud, e che egli l’abbia scelto come sua nuova patria”.8
Non avendo Freud le risorse economiche per mantenere a Londra le sue quattro anziane sorelle, dovette lasciarle a Vienna dove subirono la sorte di tanti altri ebrei che morirono nei campi di concentramento, ma di questo Freud non venne mai a conoscenza.
Intanto a metà di agosto venne individuata un’area sospetta nella vecchia cicatrice, quindi gli venne consigliato un altro intervento chirurgico che eseguì il fidato Pichler che si spostò da Vienna. Freud rimase molto provato e il recupero fu molto lento. La signora Freud e la loro cameriera Paula si trasferirono, il 16 settembre, nella loro nuova casa al numero 20 di Maresfield Gardens, mentre Freud le poté raggiungere il 27 dello stesso mese. L’abitazione aveva anche un giardino dove venne sistemata una poltrona a dondolo con baldacchino dove Freud trascorreva gran parte del suo tempo. In casa, il figlio Ernest, grazie all’aiuto di Paula, riuscì a ricollocare gli oggetti amati dal padre in modo quanto più fedele nel tentativo di ricreare un’atmosfera a lui familiare.
Il fatto che i nazisti avessero distrutto il Verlag amareggiò e rattristò molto Freud che tentò di ricostituirlo. Per fortuna l’incontro con l’editore John Rodker fu proficuo: venne fondata la Imago Publishing Company che cominciò la sua attività pubblicando le opere di Freud.
Il 1 agosto si tenne a Parigi il primo Congresso Internazionale di Psicoanalisi, in quella occasione emersero delle divergenze tra gli psicoanalisti europei e quelli americani sulla questione legata all’analisi praticata dai non medici. Si costituirono due comitati: quello europeo ricevette anche i consigli di Freud ma, poco dopo, sopraggiunse la guerra e successivamente non vi furono sequele e le divergenze vennero stemperate.
All’inizio di febbraio del 1939 i medici rilevarono la presenza di una metastasi maligna impossibile da aggredire chirurgicamente e quindi optarono per una radioterapia. Il 2 giugno Marie Bonaparte si recò a Londra per un paio di giorni, successivamente ricevette l’ultima lettera da Freud dove egli esprimeva la piena consapevolezza per le proprie condizioni di salute: ”Ieri l’altro stavo per scriverLe una lunga lettera di condoglianze per la morte del nostro vecchio Tatoun  9 e per dirLe che in occasione della Sua prossima visita sarò pronto ad ascoltare ciò che lei avrà da dirmi sui Suoi recenti scritti e ad aggiungere una parola là dove mi sentirò di farlo. Le due notti scorse hanno di nuovo crudelmente distrutto le mie speranze. Il radium ha ricominciato a corrodere internamente con conseguente dolore ed effetti tossici, e il mio mondo è di nuovo quello di prima: una piccola isola di dolore galleggiante su di un mare di indifferenza.
Finzi continua ad assicurarmi di essere soddisfatto. Alle mie ultime lamentele ha risposto: – Alla fine sarà soddisfatto anche Lei – Egli quindi mi induce, in parte contro il mio volere, a continuare a sperare e nel frattempo a continuare a soffrire” 
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Marie Bonaparte si recherà da Freud in due altre occasioni il 29 giugno e, per l’ultima volta, dal 31 luglio al 6 agosto.
Intanto Freud incalzò Jones perché desiderava, prima di morire, di vedere la pubblicazione in inglese del libro su Mosè. La moglie di Jones che si occupava personalmente e diligentemente della traduzione, permise che il testo potesse essere pubblicato in marzo, procurando in Freud una grande soddisfazione.
Ricevette numerose lettere di stima e tra queste ci fu anche quella di Einstein che si congratulò con il Maestro dopo aver ricevuto il libro:

“4 maggio 1939
Sehr geehrter Herr Freud
La ringrazio sentitamente per avermi inviato il Suo nuovo libro, che mi ha molto interessato. Avevo già letto i Suoi saggi su “Imago”, che mi aveva portato il dr. Klopstock, un medico mio amico. La Sua tesi che Mosè fosse un distinto egiziano membro della casta sacerdotale ha molti punti a suo favore, ed anche ciò che Lei afferma sul rito della circoncisione. Ammiro in modo particolare la Sua realizzazione, come del resto tutti i Suoi scritti, da un punto di vista letterario. Non conosco alcun contemporaneo che abbia presentato il suo argomento in lingua tedesca in modo così magistrale. Ho sempre rimpianto il fatto che per un profano che non ha esperienza di pazienti sia quasi impossibile farsi un giudizio sulla finalità delle conclusioni dei Suoi scritti. Ma dopo tutto questo accade con tutte le conquiste scientifiche. Si può esser contenti se si è riusciti ad afferrare la struttura dei pensieri esposti.
Con sincera ammirazione e cordiali auguri

Suo
Einstein
 “
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Anche in Inghilterra Freud aveva potuto contare sulla presenza del suo medico personale il dr. Schur, con il quale aveva stabilito un rapporto di grande fiducia. Quando Schur riuscì ad ottenere l’opportunità di trasferirsi in America insieme alla sua famiglia, Freud venne preso in carico prima dal dr. Samet e poi dal Dr. Harmer ma Schur fu poi sempre presente durante le situazioni critiche.

Freud: l'epilogo

Le condizioni di salute del Maestro cominciarono a precipitare nel mese di agosto: trascorreva gran parte del suo tempo su una sedia a sdraio posta nel suo studio, dalla quale osservava i suoi fiori oppure leggeva il giornale.
Jones si recò presso il suo capezzale il 19 settembre e chiamandolo per nome, poiché si era assopito, ottenne da Freud un saluto con una mano. il 21 settembre al suo affezionato medico, il Dr. Schur, pronunciò le parole: ”Mio caro Schur, Lei ricorda il nostro primo colloquio: allora mi promise di aiutarmi quando non ce l’avrei più fatta. Adesso non è che tortura e non ha più senso”. 12
Freud lo ringraziò quando il collega gli promise che lo avrebbe aiutato aggiungendo: ”Dica ad Anna del nostro colloquio”. 13 
Schur la mattina successiva gli somministrò della morfina che consentì a Freud di sprofondare in un sonno tranquillo. Morì il giorno successivo, il 23 settembre prima della mezzanotte. La salma fu cremata al Golder’s Green la mattina del 26 settembre in presenza di numerose persone tra cui Marie Bonaparte e Lampls venuti dall’estero. Le ceneri vennero deposte nell’urna greca preferita da Freud. Su richiesta della famiglia del Maestro fu chiesto a Jones di fare l’orazione funebre.
Riporterò la parte finale del suo sentito discorso: ”… Un grande spirito ha abbandonato il mondo: Quale senso può conservare la vita per coloro per i quali egli costituiva il centro dell’esistenza? Eppure noi non la consideriamo una vera e propria separazione, perché Freud ci ha talmente ispirati con la sua personalità, con il suo carattere e le sue idee, che non potremo mai separarci veramente da lui se non quando ci separeremo infine da noi stessi in cui egli ancora vive. Il suo spirito creativo era così forte che si è trasfuso negli altri. Se mai si può dire che un uomo ha vinto la morte stessa e continua a vivere malgrado il Re dei Terrori che per lui non ne riservava alcuno, quello è Freud.
E con questo ci congediamo da un uomo di cui non rivedremo più l’eguale. Dal profondo del cuore lo ringraziamo da aver vissuto, di aver agito, di aver amato”. 
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© Rossana Ceccarelli

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Note:

1 Ernest Jones “Vita e opere di Freud, Il Saggiatore
2 Ibidem.
3 Queste ultime parole erano scritte in inglese.
4 L’Ebreo errante.
5 Ibidem.
6 Ibidem.
7 Ibidem. Atena era una statuetta che Freud teneva sulla scrivania e che Marie Bonaparte era riuscita a trafugare a Parigi, dove gliela aveva riconsegnata.
8 Ibidem. 
9 Uno dei suoi cani. 
10 Ibidem. 
11 Ibidem. 
12 Ibidem. 
13 Ibidem. 
14 Ibidem.