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Lettere e cartoline da Angelo Barile
al cugino Giovanni Peluffo (1906-1912)
Marco Sabatelli Editore, 2008, pp. 141

Riflessioni di lettura di  Daniela Gariglio

“A proposito delle ‘informazioni di benessere’: espressione di tracce lasciate da esperienze di adattamento o di relazioni gratificanti, oggettivamente evidenziabili.”   

 “Riordinando l’archivio di Giovanni Peluffo, mio padre (…) trovai un  carteggio con il cugino Angelo Barile…” (p.9), così inizia il libro scritto da Nicola Peluffo, “una quarantina di documenti (…) una testimonianza dei tentativi di due giovani vite che si aprivano al futuro (…) . Due giovani che dal ‘paesello’ cercavano vie di uscita esistenziali e culturali. “(p.11). “Giovanni, per Angelo era il compagno emancipato (…). Angelo, per Giovanni, era il  maestro di lettere e di intima sensibilità, la guida culturale e spirituale”. (p.13).Il milieu, descritto nel libro, è colto e intellettualmente stimolante, con riferimenti al “clima internazionale della Svizzera  romanda e a Pontinvrea, nell’Appennino Ligure, un luogo interessante sia dal punto di vista storico-geografico che da quello dell’ambiente sociale e culturale” con la sua “atmosfera resa ‘nutriente’ dalla presenza di famiglie interessanti“ (p.11).Un ambientericco di talenti e potenzialità che offrono opportunità: “l’amicizia  si sviluppò entro i confini di una cultura che stava tra i classici greco-latini e quelli italiani recenti, i francesi facevano la parte del leone (…). Senza escludere i grandi russi”. (p.13). Belle anche certe descrizioni di ambienti svizzeri,  come Montreux, Veytaux Chillon, le lac de Chavonnes, “tutto pieno di poesia (p.36). Qui, in riva al lago c’è forse troppa armonia di colori e cose, troppa eleganza: ma basta che tu salga (…) e allora sei nella terra delle montagne bizzarre, delle selve nerissime di abeti, dei ghiacciai risplendenti…”.(p. 38).

Ho letto questo libro con piacere e interesse assecondando l’incontro con qualche personale tema di ricerca che, nell’avanzare della lettura, ha trovato risonanza. ‘Piacere estetico’, inizialmente, perché l’Autore ha il talento di usare una scrittura sobria ed elegante per descrivere la scoperta di un evento familiare che gli rivela “un modo di essere sia di Giovanni che di Angelo” che gli era  “quasi sconosciuto” e ‘interesse professionale’, subito dopo, per un’immagine di affettuosità che traspare dal carteggio e che dà al milieu culturale lo spessore dell’anima: “I due giovani non hanno nessuna reticenza a parlare di anima, nel senso di psiche, di personalità psichica, e non pensano alla critica che loro rivolgerebbe un intellettuale positivista o un filosofo seguace del materialismo storico la cui preoccupazione è quella di non sembrare superstizioso. Loro semplicemente non se ne preoccupano, sono inconsapevolmente superstiziosi, conoscono il linguaggio dei fiori, i segni delle nuvole, e giocano al lotto i numeri ricavati dai sogni o da fatti insoliti, ‘meravigliosi’ “ (p. 49).  E’ proprio questa traccia di uno scambio prolifico (“Parleremo fra noi (…) di noi stessi. Vuoi? (p. 27)… Io pure amo gli individui originali, ma quando non lo sono troppo, con sincerità e con discrezione e con gentilezza…”(p. 47)) ad aver destato il mio interesse, perché mi sono imbattuta in un fatto di sinergia, aspetto di cui mi sono a lungo occupata nel lavoro analitico avanzato e in quello post-analitico e che ha poi prodotto un tentativo di modellizzazione, a quattro mani (Gariglio, Lysek, 2007), del “percorso dell’atto creatore”, osservato nelle sedute lunghe micropsicoanalitiche. In breve, la disattivazione di certi nuclei conflittuali/traumatici, rimossi, permette l’affioramento di qualche vissuto di benessere latente che, con la sua rievocazione, può rimettersi in circolo come “informazione di benessere” attraverso un meccanismo di “elaborazione ricombinativa” che, nel preconscio, accorpa tali informazioni con i residuati dei rimossi disattivati, facendone un “oggetto psichico ricombinato”. Ciò può servire sia da input di creazione sia da scolmatore della parte distruttiva dell’aggressività. La tessitura graduale, dallo psichismo alla realtà, di ciò che chiamo il ‘proprio originale postanalitico’[1], talvolta, permette di arrivare a manifestazioni creative anche molto piacevoli e, comunque, distensive. Questo percorso, osservato in analisi, può avvenire comunemente, laddove vi sia un buon grado di “fluidità psichica”, indipendentemente quindi dall’analisi stessa che, se mai, serve a sbloccarne la resistenza. Chiunque, con energia libera, può allora ripescare dal profondo del suo inconscio qualcosa di gradevole su cui appoggiarsi nell’attuale, qualcosa da far diventare protagonista di una creatività appagante, niente affatto difensiva come, ad esempio, quest’opera di Nicola Peluffo, testimonianza, secondo questa lettura, del farsi spontaneo di un continuum tra un movimento di ricerca con uno spirito genealogico, la scoperta di un carteggio familiare letto e rivissuto con “intensa partecipazione affettiva” (p.11) e la creazione, infine, di un libro apposito, da far circolare nell’attuale. Di qui, il movimento passa ai fruitori dell’opera…

Entrando un po’ nei contenuti del carteggio, vi sono tutti gli ingredienti della commedia/tragedia umana: “un piccolo capolavoro di microstoria” (p.21), come scrive l’Autore. Così i  buoni incontri e propositi si mescolano ad eventi luttuosi che possono cambiare un percorso in atto, colpendo più persone di una stessa famiglia, fino a tessere  una nuova interpretazione della vita: “la morte del padre di Angelo inizia a sciogliere il legame tra i due. (…). Inizia un periodo buio di responsabilità e di lutto. (p. 97). Giovanni (..) lascia perdere la letteratura che tanto ama (…) e Angelo deve lavorare ma rimane nell’azienda di famiglia quindi nel campo della ceramica e delle arti dove(…) lascia che la sua musica si trasformi in parole e poesia…” (p. 14),per non parlare che delle prime battute di questo nuovo destino da scoprire nei suoi successivi risvolti, proseguendo la lettura fino alla fine.

A proposito di destini ‘non scontati’, in analisi, dopo la rielaborazione di qualche lutto importante e osservando attentamene il fenomeno della ricombinazione energetica, capita spesso di assistere all’emergere di una nuova dinamica associativa con desideri, sogni, rivissuti e comportamenti di qualità più serena, dovuta all’emergere di certo materiale inconscio di benessere che si sta facendo strada nel preconscio. Qui si situa anche la possibilità di riuscire a vedere qualche altra verità (quei segreti non necessariamente solo odiosi!) la cui scoperta può alleggerire o addirittura cambiare un destino di coazione, persino familiare. Il contatto con qualche traccia di benessere, come potrebbe essere questo ”concentrato divertente di gioventù e di buon umore e fatti anche tragici descritti in maniera costruttiva e vitale” (p. 21), può allora davvero avviare una ricombinazione che potrebbe portare ad un cambio di destino o ad uno stile di pensiero più naturale: “parla con delle persone semplici, di cose semplici. Quando avrai fatto questo bagno d’innocenza e di forza, scrivimi per comunicarmi i benefici effetti”. (p.101).Così, la rievocazione di un vissuto di benessere può tornare a vibrare da protagonista nello psichismo come imprinting di adattamento o di complicità affettiva. Ciò dà la possibilità a qualcuno di modellarvisi, inizialmente, “incamminandosi ancora insieme” (p.18), per introdurvi, successivamente, delle personali variabili creative, nel rispetto “di valori essenziali, universali di coloro che sono persone”, secondo l’equilibrata puntualizzazione di Davide Lopez(2008, p. 247), uno psicoanalista che, a leggerlo, sembrerebbe, anche lui, interessato al tema del benessere. “Scopo ultimo dell’analisi, scrive infatti, è quello di pervenire a un continuo, perdurante, sentimento di contentezza di sé. Questa non è megalomania (…) E’ semplicemente lietezza e levità. Dio è un concetto megalomane, ma gli dei sono realizzabili” (p. 252). Così, parlando del “modello della  genitalità e della persona”, Lopez scrive: “ciò che, soprattutto, mi interessa è che tale modello sia compreso nel suo significato primiero di offrire, a coloro che sono pensosi e anelanti a realizzare la pienezza e la ricchezza della vita, la speranza e la fiducia  di realizzarlo”. (p. 249).  E quindi, disattivati certi conflitti e traumi ed elaboratone i lutti, marcato il percorso esistenziale della   soddisfazione di un’espressione personale, creativa e vitale, il destino può essere variato ancora una volta, essendosene messo in moto uno originale. “Bisogna dire – scrive Peluffo, sistematizzando tutto ciò – che esistono i mediatori di armonie e di disarmonie, vale a dire esseri con un terreno psicobiologico e un patrimonio filogenetico di tracce psichiche tali che favoriscono l’insorgere di rapporti vitali e costruttivi ed altri che li impediscono e li distruggono. I due cugini si intendono bene e la loro relazione è feconda per entrambi”. (p 41). A proposito di “mediazione”personalmente, penso l’analista proprio come un mediatore di conflitti e sinergie, oltre che un osservatore-registratore di tentativi nuovi che si tessono via via, dapprima nel campo analitico, in seguito, nella realtà individuale di ciascuno, nel senso che ogni analisi porta trasformazione in entrambi, non solo nello psichismo e nella vita dell’analizzato.

Il libro su questo carteggio mi ha richiamato un altro aspetto di cui mi sto occupando, la possibilità di coniugare scienza/arte-creatività/affettività con la rappresentazione dell’evento, cioè, ben integrata al corrispondente affettivo. Questo, per dire che una cultura, anche la più approfondita, se innestata in una struttura di personalità carente di tendenza creativa e capacità affettiva, smorza nell’essere umano la condizione di ‘persona’ contrassegnata cioè dall’impasto della “pulsione di vita con quella creativa con spinte verso la relazione”(G.&L. p.148). Al di là delle possibilità più o meno artistiche, a me interessa che la sinergia espressiva tra il tentativo scientifico e quello creativo (in senso lato) abbia reso possibile la coniugazione di cui sopra con il risultato di uno spaccato scientifico che si appoggia sulla consapevolezza dell’anima/psiche, che può esprimersi anche in un linguaggio poetico: “Scelgo quest’ora  per mandare a spasso i miei pensieri più strani e la mia fantasia vagabonda…” (p. 46). “Dimmi se sono un buono o noioso psicologo”(p. 48). Il sentire emozionale-creativo/artistico  – “molte volte ci si mostra indifferenti per paura di essere troppo espansivi…”(p. 48), “Da quel ‘piccolo poeta nervoso’ che sono” (p. 27) – base del  pensiero mitologico che esprime il sentire globale dell’Essere, diventa dunque la pietra miliare su cui si possono costruire i successivi tentativi di spiegazione come certe annotazioni micropsicoanalitiche dell’Autore. Si tratta di veri e propri inserti scientifici che catturano l’attenzione per la capacità di sintesi e la neutralità di stesura, tipica dell’uomo di scienza. Così, ad esempio, si incontra la notazione  “del conflitto di sempre tra l’indifferenziato incomprensibile e il differenziato, limitato ma comprensibile” (p.15) e dell’“esistenza del parallelismo delle ripetizioni (p.49)  con la presenza concreta delle tracce dell’esperienza ancestrale impresse nell’Immagine filogenetica, che si materializzano quando, ad ogni generazione, il ‘nome’ e il ‘sangue’ la riprecipitano nel teatro del mondo perché se ne possa di nuovo andare” (p. 18), oppure, la constatazione, ben nota agli analisti che lavorano col metodo micropsicoanalitico che, a volte, legami attuali, in realtà, possono provenire da tracce familiari rimaste attive fino a che qualcuno, nel presente, non ne svincoli l’energia, concludendo il tentativo: “In fondo era ‘un ritorno’, scrive Peluffo, la conclusione di una storia iniziata e non finita dal suo beneamato cugino…” (p. 83). Oppure ancora “è il tema del vuoto (…) che, quando se ne affronti l’obiettività dell’esistenza, permette di scoprire  le sinapsi che origina e rendersi conto che è proprio in esse che passano e spesso nascono le idee” (p.137), per citarne solo qualcuna e non togliere al lettore la curiosità di trovarne altre.

Se mi si consente di trasferire nel campo transferale/controtransferale questa filosofia operandi di coniugazione creatività/arte-affettività-scienza, riferendosi al lavoro dell’analista, mi piace vedervi anche qui la possibilità di una sinergia. Un continuum cioè tra iniziali vibrazioni controtransferali, di tipo intuitivo-creativo decodificabili come risposte empatiche, proprie della persona e la successiva capacità di spiegarsi, operando come analisti, ciò che è successo nella propria psiche, collegabile inconsciamente all’altro. Se poi questo viene anche scritto per soddisfare una spinta a socializzare, ne possono nascere opere scientifiche certamente, ma con la possibilità di presentarsi, qualche volta, come dei veri prodotti artistici che, esteticamente appaganti, possono aumentare il  livello di  comprensione del fenomeno teorico descritto. Pensiamo all’operato di Jung, analista così sfaccettato anche artisticamente, ma anche già a Freud e allo straordinario suo stile di scrittura nella costruzione dell’impresa teorica, a Bion e alla sua trilogia, Memoria del futuro, dallo stesso definita “narrazione fantastica della psicoanalisi” che ci ha consegnato la  necessità di far crescere la “saggezza” non solo “l’intelligenza”, ma anche a tanti altri analisti che, sempre più numerosi, oggi si cimentano, come scelta vera e propria, con linguaggi espressivo/artistici, oltre che scientifici. Forse è l’isolamento nella Torre d’avorio con la sua verticalità comunicativa, ad attrarre di meno… Alla fine, penso che chi riesce ad agire in termini anche sinergici, lascia certamente una traccia in più, oltre a quella del conflitto, ormai assodata scientificamente, traccia che può diventare un esempio per le successive generazioni, siano essi figli e/o allievi. Anche a questo, servono i Maestri! E il professor Peluffo è certamente un maestro dei nostri tempi testimoniato, una volta di più, da questo suo ultimo scritto. E non è, penso, affatto un caso se, proprio questo maestro ci ha trasmesso in uno dei suoi, per me, più begli scritti, riferendosi alla dinamica transferale/controtransferale, la nozione di “contemporaneità del desiderio inconscio”, esplicitando ulteriormente i concetti di empatia e “sincronicità” (C.G. Jung e W. Pauli, 1952: in D.Santarcangelo, 2004, pp.13-20), dimostrati dalla fisica quantistica (fenomeno del “non localismo” quantistico, ossia “delle influenze a distanza”:  nel 1982, viene dimostrato che le “azioni a distanza”avvengono in ”tempo reale”: in T. Cantalupi, 2004, pp.109-112) e oggi anche dalle neuroscienze (M. Iacoboni, 2008, I neuroni specchio).

Questa nozione, punto di incontro di base, comune a tutti, può fornire una rappresentazione del campo analitico come un luogo/tempo in cui analista e analizzato, hanno la possibilità di riconoscersi prima di tutto come ‘anima affettiva’ (e intendo al di là dei ruoli e competenza tecnica), sintonizzandovisi, in quanto persone portatrici oltre che di rappresentazioni, anche di affetti. Desideri che si incontrano nel profondo, quelli del campo analitico, e comportamenti veri e propri, questi d i“Angelo e Giovanni”, emersi nell’epistolario: “Alla tua tristezza preferisco ed antepongo il tuo fare canzonatorio… (p. 28). Approfitto del complimento. Anche tu cerca di imitarmi e di accontentarmi.”(p. 47). Tu che ridi volentieri (p.51) … Mi pareva di essere con te… Con tutta la confidenza del mio cuore.” (p. 53)… Caro Giovanni, continua sempre così a parlarmi con tanta confidenza  semplice e fervida.” (p. 65)… grazie del quadrifoglio ch’è pieno di taciti auguri e tante speranze, e grazie specialmente delle buone parole che mi dici nella tua lettera così bella  e sincera!” (p. 69).

La traccia di ‘interazione armoniosa’, impressa nel carteggio reso pubblico da Peluffo, me ne ha ricordata, per analogia, un’altra, apparsa nella rivista americana Pnas  (Proceedings of the National Academy of Sciences) e situabile anch’essa, secondo questo modo di vedere, nella categoria delle informazioni di benessere.  Si tratta di un recente (2005) ritrovamento che risale a 4600 anni fa, a Eulau in Sassonia dove, in una tomba, un team di scienziati, guidato da Wolfgang Haak (Università di Adelaide, Australia), ha ritrovato i resti di un uomo e una donna di circa 30 anni che abbracciano insieme  due figli di 4 e 9 anni. L’analisi successiva del loro DNA ne ha accertata l’origine di famiglia, o meglio, come scrive lo stesso Haak,“un’organizzazione sociale basata sulla famiglia nucleare (padre-madre-figli), piuttosto che su famiglie allargate o altri modelli”, a documentare come, nel Neolitico, non ci fossero soltanto tribù poligame. Ciò che mi ha attratto, in questa fase di osservazione e riflessione su vissuti non conflittuali, depositatisi nello psichismo, è la possibilità di un’altra testimonianza che, riferendosi all’Immagine e alle sue sfaccettature, potrebbe avvalorare il perdurare – e quindi il suo riprodursi – dell’immagine  di un “tema caro al nostro Poeta, quello dell’Odisseo, vale a dire il ritorno al continuum familiare” (p.17) di cui ci ha parlato anche Nicola Peluffo, in questo libro. Una tendenza che spinge alla relazione e alla vita.

Eppure, quei corpi di famiglia, ritrovati in questa affettuosità di ricomposizione, avevano diverse fratture nelle ossa e sfondamento cranico, come altri corpi trovati lì appresso, segno di una morte violenta, probabilmente in una battaglia contro il gruppo di un altro villaggio, secondo la ricostruzione storico-archelogica; questi inequivocabili segni di violenza, testimoniano, una volta di più, l’inestinguibilità della pulsione aggressiva in cui, tutt’al più, come avviene a un certo punto dell’analisi, può disattivarsi la componente distruttiva. Non è questo il punto, qui. Il dato per me interessante è la creazione, successiva alla lotta e al conflitto, di questa scena, grazie alla ‘pietà’ di qualcuno, probabilmente scampato all’eccidio, che ha avuto la spinta a ricomporre abbracciati quei poveri resti: una ricombinazione che, pur nell’eco dell’episodio traumatico, ha reso protagonista una sorta di rievocazione di una reale esperienza affettiva, che possiamo presumibilmente  immaginare già in atto come stile di convivenza, precedente al destino di morte violenta. Questa scena ricreata di ‘buona intesa’, ne fissa il ricordo, permettendo al desiderio di rimanere sempre pulsante.

  Un’informazione di benessere, dunque, sganciatasi dalla violenza e distruttività della pulsione aggressiva con le sue tematiche di morte che agglutinano, sopravvivendovi, allo stesso modo di come si può veder succedere in qualche sogno o manifestazione creativa, ad analisi avanzata e finita o in qualsiasi momento della vita, in cui scorra naturale una dinamica di vitalità   tra il “conflitto e la sinergia vuoto informazioni di  benessere” (G&L.,p.134), come mi è apparsa la stesura del libro: Da Angelo a Giovanni. 

Bibliografia:

– Cantalupi T. & Santarcangelo D. Psiche e realtà. Psicologia e fisica quantistica. La natura profonda della realtà umana e materiale, Tirrenia Stampatori, Torino, 2004.

– Gariglio D. & Lysek D. Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi, Armando, Roma, 2007.

– Lopez D. Psicologia del sé e psicoanalisi della persona, Gli Argonauti,  n. 118, 2008, CIS Editore., pp. 239-252.

– Peluffo N., Le manifestazioni del Bimbo nella dinamica transferale/controtransferale, in Scienza e psicoanalisi, Editoriale 10 settembre, 2006.

DG

 Torino, 13/12/2008


[1] Gariglio D., Presentazione del lavoro teorico-pratico sulla creatività postanalitica, parte seconda. Riflessioni sul tema… “Creatività e libertà postanalitiche. Percorsi di realtà”, pp. 176-204, in E. Demarchi, Linguaggi (rapporti nati dalla ricombinazione di voci antiche), Collana di creatività postanalitica, Tirrenia Stampatori, Torino, 2002.

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