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Relazione di Daniela Gariglio (Galleria d‟Arte Moderna e Contemporanea di Torino, 15/4/2011), nell‟area Identità e trasformazione 1 , pubblicata nel sito dell‟International Association for Art and Psychology, Arte e Psicologia, Sezione Piemontese, Attività del 2011, “Identità, differenze? Arte e Psicologia si confrontano”, contributo del Gruppo di Studio Interdisciplinare alle celebrazioni dei 150 anni dell‟Unità d‟Italia. Ne è stata consentita la riproduzione in Scienza e Psicoanalisi.              

Premessa

Sintetizzando la prima parte, la tessitura di un’identità può strutturarsi nella “nascita di un proprio originale”, frutto di un processo di “elaborazione ricombinativa” che, nel preconscio, riorganizza sinergicamente residui conflittuali e traumatici di rimossi disattivati con rivissuti di benessere, riemersi dall’inconscio. Si tratta di un continuo impasto-disimpasto energetico-pulsionale e relazionale, intrapsichico e interpersonale, che può riguardare il percorso analitico, l’arte e la vita stessa. In questa seconda parte, un iter, in tal senso, vedrà alcune Madonne dei Della Robbia, reinterpretate in un Liceo Artistico, guadagnare una nuova immagine di solidarietà sociale e collocazione transculturale che si instrada nel senso di un benessere, come nuovo progetto di ricerca e statuto di distensione.

La Madonna della mela: rappresentazione di una madre “mediamente buona”

 

Madonna della mela

Luca Della Robbia – Madonna della mela
(Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 1441-45)

 

Entro così nel lavoro che Giuliana Ravaschietto, come ho anticipato nella prima parte, mi ha fatto conoscere e di cui parlerà lei stessa con maggior cognizione di causa, nel suo intervento. Si tratta, si diceva, di singole reinterpretazioni di alcuni giovani di liceo, forse, futuri artisti, di alcune Madonne dei Della Robbia che, com’è risaputo, è una famiglia di noti scultori italiani operanti nel quattrocento e specializzati nella tecnica della terracotta policroma invetriata, inventata da Luca che apre a Firenze una bottega redditizia 2 con il trasferimento del segreto della sua tecnica al nipote Andrea, attivo dal 1470 e, assicurando così il successo alla famiglia per generazioni. Da Andrea Della Robbia (1435-1525) che, sfruttando alcune innovazioni della tecnica crea un laboratorio di tipo proto-industriale, ad amplissima diffusione, a suo figlio Giovanni  (1469-1529) la cui Madonna, reinterpretata qui dall’allieva Chiara, La Vergine del cuscino, con quel buffo apparente intrattenersi del bambinello con un lembo del copricapo di Maria, induce, a mio avviso, più empatia dell’originale, perché nella riesecuzione è stato realizzato un maggior incontro tra i personaggi, più girati gli uni verso gli altri (in specie il bambinello) di quanto non appaia nell’opera originaria che emana una certa freddezza. Forse perché già di maniera?…

La Vergine del cuscino
Giovanni Della Robbia (1494)
Firenze, Museo del Bargello

Madonna con bambino e Angeli
Andrea Della Robbia (?)

 

Reinterpretazione di Chiara Golino

 

Giovanni infatti pur ampliando il numero dei colori in lavori di grande perizia tecnica e artistica, si avvia verso uno stile sempre più convenzionale che, appiattendo l’originalità dell’opera stessa, porterà, con la sua morte, alla cessazione dell’attività con la chiusura della bottega di famiglia, per la mancanza di validi eredi. 3
Una genealogia, dunque, quella dei Della Robbia con artisti e inventori di successo che, poco alla volta, diventano più bravi artigiani che artisti, più commercianti che ‘filosofi’ dotati di maestria artistica. Per me, un buon esempio di un’elaborazione di identità e differenze che si origina dall’indiscutibile talento del capostipite Luca, che orchestra la “radice stilistica di un semplice e spontaneo umanesimo” con la “musicalità di temi che si fanno espressione stilistica”. Qui, “la compostezza serena, il ritmo lento della linea che evita ogni freddezza accademica e l’isolamento plastico delle figure, assorte nei volti  e composte negli atteggiamenti”  (L. Castelfranchi Vegas e E. Cerchiari Necchi, 1969, p. 97), piano piano, lascerà il posto ad un’espressione più di maniera che ha perso la straordinaria vibrazione emotiva immortalata, tra tutti, nellaMadonna della Mela di Luca (Firenze, Bargello) di cui vale la pena spendere qualche parola di presentazione per entrare ancora nel gioco dell’identità e della differenza che accomuna le famiglie nella condivisione di un destino, tessuto di fatti traumatici o di benessere ma, ne differenzia a volte, il modo individuale di viverlo.
Giuliana parlerà di un’altra Madonna di Luca, reinterpretata con indubbia partecipazione affettiva dall’allieva Alice, che ha reso protagonista un trastullarsi del bambinello con il dito della madre, mentre la prensione di Maria sulla gamba del figlioletto ha maggiore energia di quei gesti che, nella realizzazione di Luca, ci instradano sulla malinconia di un destino che incombe.

 

Madonna con bambino e Angeli
Luca Della Robbia (1450), Firenze, Museo del Bargello

 

 


Reinterpretazione Alice Brovarone

 

Intanto, La Madonna della mela è indubbiamente una coppia armoniosa madre-figlio che porta impressa una traccia, come potrebbe dire Daniel Stern (1987), di “sentimenti condivisi”, ben visualizzabili nella relazione tra Maria e il suo Gesù. Tuttavia, ciascun personaggio si esprime con una propria caratteristica. Stern dice: “senza imitarne l’esatta espressione comportamentale” (p. 151), per il fatto, aggiungo, che si tratta di una ‘condivisione profonda’, che Luca ha saputo rendere: entrambi si confrontano già anche con il personale vissuto intrapsichico di un destino a venire.

In Maria, si coglie così un dialogo tra la dolcezza rispettosa di una qualsiasi madre accogliente, che sa rinunciare a  smanie di possesso o protagonismo nella relazione, per prendersi comunque cura del figlio, e la coscienza degli accadimenti futuri. Tale dialogo che appaga l’osservatore, appare quindi riuscito, senza nulla togliere alla difficoltà dell’integrazione di questi due aspetti che si presentano antitetici: vivere un presente  in serenità, pur sapendo che il futuro sarà pesante. Tale consapevolezza mi è sembrata impressa nello sguardo abbassato e pensieroso che rende Maria quasi una bimba spersa, una persona bisognosa anch’essa di protezione, pur sapendo che non potrà usufruirne. Ci resta l’immagine di una madre, capace di spartire con il figlio una quotidianeità garbata: tutto ciò su cui al momento si può, comunque, contare.
Mi sono talvolta rappresentata qualche Madonna dei Della Robbia come l’immagine di una madre universalmente desiderabile, fatta di una buona integrazione di luce e ombra. Questo, nel rispetto dell’ineliminabile presenza della pulsione aggressiva, emanazione della pulsione di morte che rende ‘logica’, anche se non sempre accettabile, l’esistenza di una certa ambivalenza. Una madre, quindi, con una normale fluttuazione d’umore e di comportamento, come certe scivolate di tipo nevrotico, con certi momenti di eccesso nell’amorevolezza che, indubbiamente, potrebbero ricordare un’organizzazione isterica, o con qualche tratto di ‘mancanza di presenza’ nella relazione, per l’insorgere di momenti depressivi, come pure una madre mediamente normale con qualche rituale nell’igiene e accudimento che può richiamare un certo fare ossessivo, un po’ maniacale, oppure ancora con certo evitamento di situazioni esplorative e conoscitive che farebbero crescere, ma siccome vanno verso l’accoglimento del nuovo, fanno paura e ricordano allora una connotazione ansioso-fobica… Una madre “sufficientemente buona”, direbbe Winnicott, un’aurea mediocritas di presenza e capacità, giocosità e gioiosità, punteggiata di fragilità umana e qualche debolezza, capace comunque di farsi mediatrice tra il destino e la vita di tutti i giorni, da viversi ora, nell’hic et nunc, per quel che solo è dato di fare a chiunque, visto che, “sul doman non v’è certezza!” [Preferisco usare il termine mediamente (l’aurea mediocritas di Orazio, docet), anzichè “sufficientemente” (Winnicott), per non rinforzare la tendenza valutativa, a impronta pedagogica, propria del genitore che già si sente in colpa per i naturali impulsi inconsci aggressivi].
Nulla a che vedere con certe “false presenze materne” 4 (Fanti, 1984, p. 152), riscontrabili nel nostro lavoro psicopatologico e visualizzabili, per intenderci, nella copiosa produzione della storia dell’arte che abbonda nella rappresentazione di Madonne ieratiche, distanti, inaccessibili, come emblema solo di ciò che andrà a succedere, nella celebrazione di un ‘sacro’ in cui vige il “tabù del toccare”. Un’immagine, questa della “falsa presenza materna” che, un lavoro clinico attento a tale ‘precoce crepa’ psicopatologica, vede stampata nella persona-figlio come imprinting di impossibilità di rapporto, espressione di marginalità e carenza psicoaffettiva, di eterna nostalgia, in sintesi, per un oggetto introvabile. In analisi, questi soggetti rivelano tutta la fragilità di un incontro mancato, spesso spostato su Edipi troppo precoci dove padri affettuosi e premurosi, tentano di compensare tale mancanza iniziale, con atteggiamenti maternali. C’è letteratura in questo senso.
La psicoanalisi, sempre più addentratasi, dall’Edipo di Freud alla ricerca dell’immagine della madre, evidenziandone gli aspetti anche ambivalenti, spesso nascosti, propri dell’aggressività 5 , oggi ha gli strumenti per stanare queste “situazioni abbandoniche” precoci, riposizionando i singoli passaggi psicoaffettivi al giusto posto fino a tessere, talvolta, ex novo, nella relazione transferale e controtransferale, l’immagine di una madre mediamente buona e di un padre saggiamente edipico…, equilibrati, cioè,nella distribuzione di protezione e castrazione. E’ ciò che permette alla persona in analisi di giungere alla sua piena maturità libidico-genitale, preludio del “rapporto persona-persona”, come ne ha spesso scritto Davide Lopez, un maestro recentemente scomparso, che ci ha lasciato in eredità l’immagine di una “psicoanalisi più lieve, più gioiosa, più sana” (2009, p. 53), che fa giungere alla “propria ricchezza vitale”(p. 87) il cui centro è quell’ “amorevole consapevolezza che attrae a sé dal futuro tutta l’evoluzione della storia universale” (2010, p. 225) e che ben si attaglia (Gariglio, 2011b, p. 43) a questi studi sulle tracce di benessere inconsce, rintracciabili nei movimenti creativi, osservati nel campo analitico. In particolare, osservati, potremmo dire con Quirino Zangrilli (2005, 2010), ripercorrendo Freud, continuato anche da Silvio Fanti (1984, p. 14) e collaboratori internazionali degli Istituti SIM 6 , in un modus operandi “intensivo o micropsicoanalitico” dove l’allungamento 7 del tempo di seduta (Cfr. Lysek, 2007; trad. it. 2010) permette di giungervi in modo fisiologicoFreud stesso, riferendosi al rimosso (1937, p. 544), anticipa: “Se riusciremo o meno a portare compiutamente alla luce il materiale nascosto, è soltanto un problema di tecnica analitica.”.
Tornando al nostro oggetto, mi sono chiesta se queste giovani allieve di liceo, vivendo a stretto contatto con questa coppia artistica madre-figlio, in tutto il tempo della reinterpretazione dell’opera, abbiano contattato la propria immagine interna di tale rappresentazione e come questa abbia loro parlato… E mi ha fatto piacere vederne certa interpretazione in cui l’affetto, l’intesa, il silenzioso rispetto, nella relazione madre figlio, è stato registrato con maggiore evidenza di quello del modello a conferma che l’arte, la creazione in generale, così come il sogno, possono soddisfare desideri, completare dei tentativi, tessere un nuovo modo di riaccadimento di vissuti registrati nell’inconscio che si riattualizzano nel preconscio, come ne scrive anche Mauro Alfonso (2010, p. 73), con cui, in questo caso, concordo con dei piccoli ritocchi evidenziati in parentesi: “Si conosce non (solo) perchè si riproduce una realtà, bensì (anche) perché la si incontra; e da questo incontro derivano delle trasformazioni.”. Ciò che conta, aggiungo, è rendersi conto sia di ciò che si è riprodotto, pur ‘avvertito’nei diversi gradi di differenziazione, sia di ciò che si è trasformato durante l’elaborazione e la ricombinazione creativa. E’ il ‘saperselo spiegare con  modellistiche date’ a rendere scientifico ciò che avrebbe potuto rimanere solo un’intuizione o un fatto artistico.
Riprendendo l’osservazione della Madonna della mela, dall’altra parte, c’è un tenero bambinetto cicciottello che, mentre si appoggia fiducioso sul corpo di sua madre, quasi rannicchiandosi nel tepore di questo affetto primario che rende capaci di relazionarsi con altri oggetti appaganti, al di là di questo dolce momento di quotidianità, dicevo, questa persona è in contatto anche con il proprio destino. E lo mostra nello sguardo il cui punto di vista è al di là del tempo presente, al di là dell’affetto del momento, al di là di ogni interlocutore, così come si può scoprire in certo lavoro psicoterapeutico (Cfr. Marzi, 2004), che utilizza l’osservazione di materiali fotografici della persona in analisi, osservando il focus dello sguardo con delle lenti ad ingrandimento progressivo (Cfr. Peluffo, 1984, Immagine e fotografia)   e riscontrando allora che la bocca in atteggiamento di sorriso o di riso è, ad esempio, antitetica allo sguardo, a testimonianza di una difesa in atto di mascherare pensieri e temi dolorosi.

Va da sé che, generalmente, queste Madonne dei Della Robbia, capaci di toccarsi vicendevolmente con i propri figli, con movimenti che vanno dall’una all’altro, talvolta anche con tracce di giocosità che si scarica nella relazione con qualche oggetto… una mela, una carezza a un fiore, un gesto giocoso, sarebbe bello fossero presenti in qualsiasi ‘spazio domestico-culturale-di espansione dell’io’, come è accaduto in questa aula di modellato, ad indicare la rappresentazione di un percorso che potrebbe portare dalla rispettosa condivisione all’individuazione, reinterpretando la realtà, fino ad integrarne certe personali esigenze, scaturite da un processo di elaborazione e ricombinazione.

Madonna del Roseto
Luca Della Robbia (1460-70), Firenze, Museo del Bargello

 


Madonna col bambino
Luca Della Robbia (1433-35), Pisa, (Palaia Sant’Andrea)

 


Madonna col Bambino o degli architetti
Andrea Della Robbia (1475)

 

Madonna col bambino e santi
Andrea Della Robbia (1480-90), (Cappella della Rocca di Gradara)

Si tratta di verificare, poco alla volta se, nello psichismo della persona, vi sia questa immagine di “madre mediamente buona” e, in caso contrario, tessere la possibilità perché tale desiderio s’inscriva in un tentativo di cui il lavoro analitico e l’espressione artistica  potrebbero essere i rappresentanti.

In conclusione

Considerando significativa l’esperienza individuale, di gruppo, collettiva e interculturale, portata all’attenzione da Ravaschietto, la potrei definire un  percorso individuativo che parte dall’identificazione con un’opera d’arte alla sua reinterpretazione, che contiene l’integrazione di qualche caratteristica di personalità su cui, nel caso, riflettere, ad opera finita, da soli o in un lavoro guidato. Nel confronto, ciascun originale, tessutosi in chi ha accettato una realizzazione artistica difforme dal modello, sentendolo anzi come salutare res propria, può aver incontrato  via via altri originali come è cominciato ad avvenire, mi sembra di poter dire, durante la permanenza nell’aula di modellato dove si è innestata una occasione di festa collettiva, vissuta in tutta naturalezza: portare all’Aquila i propri manufatti e, di qui, in Africa….  Mi piace pensare che, con questi movimenti, ancora una volta, una Grande Madre abbia emanato la sua arcaica vibrazione di protezione, accoglienza e partecipazione, come preludio energetico di manifestazioni d’amore adulte, che rendono l’interazione dolce e appagante, trasformando la ritenutezza del tabù in energia costruttiva che permette alla vita di essere vissuta pienamente secondo le possibilità di ogni singola stagione.

Daniela Gariglio ©

Parte prima

 

 Note:

1 Tra le Aree elaborate dal nostro gruppo I.A.A.P per indagare sul tema Identità, differenze, la prima, Identità e trasformazione, si è snodata in due lavori complementari di Gariglio e Ravaschietto il  cui intervento è reperibile nel sito. 
2 Il nome deriva da una tintura robbia, cioè rosso e ancora oggi le maioliche invetriate si chiamano robbiane. La documentazione, relativa alla famiglia dei Della Robbia, documentata dal XIII secolo in Firenze, fa supporre che questa appartenesse all’Arte dei Tintori. (Da  Wikipedia). 
3 Altri Della Robbia: Girolamo, figlio di Andrea e fratello minore di Giovanni, presta la sua opera nella bottega del fratello, seguendone lo stile, Fra’ Mattia Della Robbia, figlio di Andrea e fratello minore di Giovanni, Luca Della Robbia il Giovane (1475-1548 circa), figlio di Andrea e fratello minore di Giovanni, Fra’ Ambrogio Della Robbia, figlio di  Andrea e fratello minore di Giovanni.  (Cfr. L. Fornasari, Liletta Fornasari, Giancarlo Gentilini, I Della Robbia, Skira, 2009 e AA.VV., I della Robbia e l’arte nuova della scultura invetriata. Catalogo della mostra, Giunti Editore, Firenze, 1998). 
4 Atteggiamento assente soprattutto inconscio, della madre verso il suo lattante, che ne maschera la rivalità egoista e gelosa”.
5 Al riguardo, cfr. AnnaMaria Verdi Vighetti, Il volto femminile della violenza, 2009; Cfr. anche le ricostruzioni micropsicoanalitiche che, considerando primaria l’aggressività, danno attenzione alla “guerra uterina” (Fanti, 1984, p.151, Zangrilli, 2007/8), nelle sue riattualizzazioni  analitiche (Marzi B., 2008)… E vedi anche: Nicola Peluffo (Fondatore e caposcuola della micropsicoanalisi in Italia) in La relazione psicobiologica Madre-Feto (2010) che “rimoderna e completa” (2010, p. 11) un lavoro del 1976, Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione. L’autore, riprendendo gli studi di G.A.Voisin (1975) per la reazione immunitaria, dà risalto, accanto alla “reazione di rigetto”, a quella ‘equilibrante di facilitazione’ (pp. 45-49) che, nel mio pensiero, può rientrare nell’area delle tracce di benessere che indicano sinergia. Sempre nell’ottica dell’attenzione ad un benessere, da individuare in tutte le sue forme, si veda anche Relier J-P. (1993, trad. it. 1994) che si “batte per i diritti del feto” (p.152) indicandone una “prevenzione” (p. 158) ai genitori, per uno star meglio insieme.
6 La micropsicoanalisi, una metodica di indagine psichica, di derivazione freudiana, scoperta da Silvio Fanti, è stata introdotta in Italia dal Prof. Nicola Peluffo, prof. emerito dell’Università di Torino, già Docente della Cattedra di Psicologia Dinamica presso lo stesso ateneo.” (dal Sito Ufficiale dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi). 
7 Cfr., a tal proposito, esemplificazioni cliniche del processo di elaborazione ricombinativa, in merito a rivissuti di gravidanza, conflittuali e di benessere, riattualizzabili in sedute lunghe (Gariglio, 2010a, parte seconda). 

Bibliografia

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