Prima parte:
Robot, servo delle mie brame, dimmi se mi ami…
Queste parole sono la riproduzione, un po’ modificata, di una famosa frase della regina nella fiaba dei fratelli Grimm, Biancaneve. Nella fiaba, infatti, la regina ha uno specchio magico, e nello specchiarsi, dice: “Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?” E lo specchio risponde: “Nel regno, Maestà, tu sei quella”. Ecco il seguito del testo: “Lei era contenta perché sapeva che lo specchio diceva la verità, ma Biancaneve cresceva, diventava sempre più bella e a sette anni era bella come la luce del giorno e ancor più bella della regina. Una volta in cui la regina chiese allo specchio: “Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?”, lo specchio rispose: “Regina, la più bella qui sei tu, ma Biancaneve lo è molto di più.”
Tutti conoscono questa fiaba, inutile raccontarne il resto. L’ho citata perché, oggi, un tale specchio non sarebbe chiamato magico bensì macchina intelligente. In effetti, ha tutte le caratteristiche di un dispositivo d’intelligenza artificiale: risponde in modo infallibile alle domande della regina; è capace di analizzare un viso e di giudicare la sua bellezza; sa che Biancaneve è diventata più bella della sua matrigna. Ora, l’intelligenza artificiale riguarda tutti, e come! Ne darò diverse illustrazioni. Per il momento mi accontenterò di evocare – perché sono vicini allo specchio della fiaba – i sistemi di riconoscimento facciale che sono già in uso in certi paesi, per sorvegliare la popolazione o identificare potenziali terroristi. È possibile che tali dispositivi, tra poco, invadano anche da noi gli spazi pubblici. Si può ben immaginare cosa possa provare una persona che si senta osservata dalla mattina alla sera! Quali sono le conseguenze della perdita del senso di privacy?
Biancaneve ci dice ancora di più sul nostro rapporto con le macchine intelligenti, perché evidenzia certe potenti passioni umane. La regina è sottoposta al suo narcisismo e accecata da una mortifera rivalità edipica. D’altronde, anche Biancaneve incarna il narcisismo, poiché si lascia sedurre dai ninnoli che le presenta la regina travestita. Inoltre è vittima ella sua pulsione orale quando non resiste a dare un morso alla mela d’aspetto succulento, però avvelenata.
Le passioni dell’essere umano sono dei punti deboli nei confronti delle macchine intelligenti. Lo specchio fatato non sarebbe mai stato vittima di una sua mossa pulsionale! È lapalissiano dire che i computer ci superano nella loro potenza e velocità di calcolo, nonché nella loro capacità di immagazzinare informazioni, ma andrebbe anche detto che hanno il vantaggio di non correre il rischio di cadere preda di movimenti affettivi irrazionali. Cosa provoca in noi tale superiorità?
L’argomento del presente articolo è proprio il rapporto dell’umano con la macchina intelligente. In questo spazio non sarà ovviamente possibile affrontare tutti i tipi di relazioni con l’intelligenza artificiale. Ne tratterò uno in particolare, che è evidenziato dalle modifiche che ho fatto, nel titolo di questa prima parte, al dialogo tra la regina e lo specchio: “Robot fatato dimmi se mi ami…” Non solo ho sostituito lo specchio con una macchina intelligente, ma ho anche sostituto la domanda narcisistica con una domanda d’amore. Ecco perché: la questione dell’affetto mi pare tradurre bene la discordanza che si palesa nelle relazioni tra noi e le macchine intelligenti.
In effetti, siamo degli esseri affettivi. Siamo guidati, per una buona parte, dalle nostre emozioni e dai nostri sentimenti. Siamo sottomessi a movimenti affettivi, spesso irrazionali. D’altronde, abbiamo una buona capacità a decifrare le emozioni e le scariche affettive degli altri. Tutte le sfumature del linguaggio (verbale e corporeo) ci permettono di orientare i nostri rapporti sociali. Da qui l’imbarazzo che si può provare interagendo con una persona psicotica, quando le sue espressioni affettive non quadrano con il discorso che sta facendo. Si potrebbe anche pensare alla vulnerabilità di certe persone confrontate a un seduttore perverso, che le inganna con parole menzognere.
L’affettività è insomma il perno della nostra psiche e il nostro punto debole nel rapporto con le macchine intelligenti, perché esse non hanno una mente. Non hanno la minima affettività. Sono solo intelligenti. I nostri rapporti con questi dispositivi sono quindi sempre asimmetrici: tendiamo a investire affettivamente la macchina, però il nostro investimento cadrà per forza nel vuoto. Purtroppo, avere una psiche che ci porta a stabilire dei rapporti affettivi può essere fonte di problemi quando imbastiamo una relazione con una macchina che “pensa”. Ci tornerò, però vorrei prima spiegarmi, attraverso un romanzo di fantascienza. Questo scritto mi permetterà d’introdurre la questione del transumanesimo, questione molto importante sollevata in modo naturale quando si parla d’intelligenza artificiale. Il transumanesimo può essere definito come “un movimento culturale che sostiene l’uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive e migliorare quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l’invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana.”1
Il romanzo di cui parlerò è precisamente imperniato su queste tematiche. Come la fiaba di Biancaneve, questo libro ha un rilevante aspetto edipico, addirittura incestuoso. S’intitola Questa mattina mamma è stata scaricata in un robot 2. L’argomento del libro è anche interessante perché la dice lunga sull’intelligenza artificiale e i pericolosi slittamenti che possono succedere nell’applicazione di tale tecnologia. Anche se si tratta di fantascienza, può darsi che tale libro illustri un nostro futuro prossimo.
Ecco la storia. Una donna chiamata Michela non accetta che Raffaele, il suo unico figlio, trentenne, che vive con lei, stia per sposarsi e lasciare la casa. Tanto più che lei è malata e le resta poco tempo da vivere. In quel tempo futuro, si possono acquistare robot umanoidi che si chiamano appetitose. Un’appetitosa ha tutte le somiglianze di una bella donna, giovane, carnosa e, come indica il suo nome, è sexy. Per di più, l’appetitosa è al servizio di chi la compra, 24 ore su 24, vestita e truccata secondo i suoi desideri. Mi si potrebbe dire che questa storia è troppo banale, non merita di figurare in questo articolo! Pazienza! Il resto non è banale!
La trama s’infittisce in effetti perché Michela, che non è pronta a permettere a suo figlio di trovare la propria vita, ha l’idea di regalargli un’appetitosa, che sarà però di un tipo molto particolare: Michela fa scaricare su una chiavetta il suo psichismo, la sua personalità, i ricordi, la sua intelligenza, le pulsioni… tutto. In quel tempo futuro, questo è possibile. È proibito ovviamente, ma Michela è riuscita a corrompere degli specialisti. Un tecnico inietta in un’appetitosa lo psichismo di Michela, al posto del suo programma normale, creando così un avatar di lei. Michela muore. Più precisamente, muore il suo corpo, ma il suo psichismo si “reincarna” sotto l’aspetto di una giovane appetitosa. Ovviamente, Raffaele, che la crede morta, organizza il funerale e Michela, diventata appetitosa, può assistere al proprio funerale. Poi l’avatar di Michela s’inserisce in tutti gli aspetti della vita di Raffaele e, ovviamente, riesce a fare in modo che la sua fidanzata lo abbandoni.
Tralascio le vicende del romanzo, però esso può servire per riflettere sulla realtà umana.
Qual è la realtà psichica di Michela reincarnata? Quella di una vecchia donna malata? O di una giovane donna attraente? Oppure di un robot “umanizzato”? Sappiamo che noi siamo esseri psicobiologici e che la nostra realtà psichica è in risonanza con il nostro corpo. Basti pensare ai cambiamenti psichici durante la pubertà e l’adolescenza, o a quelli che avvengono durante la menopausa, oppure a quelli che sorgono dopo un incidente o una malattia grave. Quale potrebbe essere la realtà psichica di una persona che vive in un corpo meccanico abbinato a un’intelligenza artificiale? La sua coscienza sarebbe di un essere umano o di un mostro? Questa “persona” sarebbe capace di sentimenti autentici, come amore, paura o senso di colpa? Nel romanzo, Michela diventa totalmente immorale e perversa una volta reincarnata. L’ibrido uomo-macchina, che ci riserva forse il futuro, avrebbe limiti nevrotici comuni o sarebbe mosso da un’onnipotenza perversa? Avrebbe ancora una realtà psichica personale? O vivrebbe in un mondo in cui realtà individuale e realtà virtuale collettiva sarebbero totalmente intrecciate o addirittura fuse?
Se Raffaele fa l’amore con Michela-appetitosa, si tratterà di un incesto reale o virtuale? Nel romanzo, Raffaele alla fine riconosce sua madre sotto la veste della sua appetitosa. Che ne è allora della sua immagine materna? Sarà l’immagine di una giovane donna che non invecchia e che è sempre a portata di mano? Immaginiamo il destino del desiderio edipico di Raffaele: invece di rimanere nel campo fantasmatico e rinchiuso nell’inconscio, il desiderio edipico è, nella realtà, di fronte a un oggetto desiderabile in cui può trovare una via di realizzazione diretta.
Qualcuno o molti penseranno forse che queste domande non abbiano niente a fare con il mondo di oggi, neanche con quello di domani. Chi le pensa lontane dalla realtà ci ripensi! Certo, Michela e Raffaele sono personaggi di un romanzo di fantascienza. In francese, questo tipo di romanzo è anche definito “roman d’anticipation”, cioè romanzo d’anticipazione. Direi che il libro di cui parlo potrebbe essere definito d’anticipazione. In effetti, anticipa qualcosa del mondo di domani, che scienziati e tecnici stanno già elaborando, come si vedrà nella seconda parte dell’articolo.
© Daniel Lysek
Note:
1 – https://it.wikipedia.org/wiki/Transumanesimo
2 – G. Naëj, Ce matin, maman a été téléchargée, Buchet-Chastel, 2019. (Trad. DL).
II Dott. Daniel Lysek lavora a Peseux (Neuchâtel, Svizzera) come micropsicoanalista e psicoterapeuta.
Nato a La Chaux-de-Fonds (Svizzera) nel 1950, si è laureato in medicina nel 1976.
Ha lavorato 10 anni nel Centro micropsicoanalitico del Dott. Silvio Fanti a Couvet, partecipando all’elaborazione teorica della micropsicoanalisi e diventando anche co-autore del Dizionario pratico della psicoanalisi e della micropsicoanalisi (Borla, 1984).
Dal 1985 è analista didatta della Società Internazionale di Micropsicoanalisi di cui è stato presidente dal 1987 al 1991.
Membro fondatore dell’Istituto Svizzero di Micropsicoanalisi, ne è il direttore dal 1999.
Ha partecipato, in qualità di relatore, a numerosi congressi internazionali.
È autore di molte pubblicazioni micropsicoanalitiche, tra cui un libro scritto con la Dott.ssa Daniela Gariglio, Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi (Armando Editore, 2007). È curatore di un libro di psicosomatica, Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica (L’Harmattan Italia, 2016).