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Chi è stato uno dei precursori della teoria del neurone?
Lo scopritore della psicoanalisi: il Dott. Sigmund Freud.

Ebbene, quando nel 1876 venne ammesso come allievo ricercatore nell’Istituto di Fisiologia di Vienna iniziò uno studio al microscopio dell’istologia delle cellule nervose e partendo dalla scoperta di Reissner di grosse cellule su un genere di pesci appartenenti ai ciclostomi primitivi, Freud stabilì: ”…Non sono altro che cellule gangliari, che nei vertebrati inferiori, in cui la migrazione del tubo neurale dell’embrione verso la periferia non è completa, rimangono all’interno del midollo spinale. Queste cellule sparse segnano il cammino che le cellule dei gangli spinali hanno compiuto nella loro evoluzione”.1
Tali ipotesi trovarono conferma nei riassunti della letteratura russa dello Stieda, che Freud poté visionare grazie ad un articolo originale che il professor Stieda gli inviò perché potesse venire a conoscenza del lavoro di Kutschin. La soluzione del problema delle cellule di Reissner fu un trionfo di osservazione precisa e d’interpretazione genetica, poiché impose agli scienziati dell’epoca l’inusuale convinzione dell’unità evolutiva di tutti gli organismi. Freud mise in luce anche la continuità genetica tra le cellule bipolari e le cellule unipolari, scoperta che contribuì ad evidenziare la colleganza che le cellule del sistema nervoso degli animali inferiori hanno con quelle degli animali superiori, superando il dualismo fino ad allora unanimemente accettato. Questo lavoro e la successiva ricerca che consistette in una attenta osservazione delle cellule nervose del gambero, portarono Freud ad intuire che le cellule e le fibre nervose formano un’unità morfologica e funzionale che fu poi chiamata neurone.
I risultati di queste ricerche furono possibili grazie a due perfezionamenti tecnici che Freud escogitò: il primo riguardava una miscela che distrugge il tessuto connettivo e permette la visione del sistema nervoso e dei nervi periferici, il secondo riguardava la colorazione al cloruro d’oro per il tessuto nervoso.
Un’opera di rara genialità che affonda le sue radici nell’infanzia del grande scienziato viennese. Freud nacque in Moravia il 6 maggio 1856, ed al momento della nascita era già zio poiché il padre aveva avuto dal precedente matrimonio due figli, uno dei quali lo aveva reso nonno. Questo nipote fu un compagno di giochi molto importante, e la separazione che si verificò fu molto dolorosa per Freud. Infatti, quando dovettero lasciare il paese natio per la crisi economica che colpì gli imprenditori tessili, compreso il padre di Freud, ma soprattutto per la spinta antisemita dei Cecoslovacchi, la famiglia di Freud decise di fermarsi a Vienna, mentre il fratellastro Emanuel si trasferì in Inghilterra.
La madre fu una donna molto presente e risoluta, e quando il giovane Freud cominciò a porsi il problema della morte, a sei anni circa, ella gli disse che “gli uomini polvere sono e polvere ritorneranno” e, notando il disappunto del figlio, stropicciò le sue mani per poi mostrargli i detriti di epidermide raccolti.
Il piccolo Sigmund Iniziò gli studi da autodidatta seguito prima dalla madre e poi dal padre, mostrando un enorme talento; venne inserito successivamente nelle scuole elementari per conseguire a diciassette anni il diploma con la menzione “summa cum laude”.
Freud si iscrisse all’Università di Vienna nel 1873 al corso di laurea in medicina. Questa scelta non fu affatto facile poiché, in realtà, egli non nutriva un sincero interesse per questo tipo di professione tanto che prese in considerazione la possibilità di intraprendere gli studi in giurisprudenza. La scelta finale lo vide appunto studente in medicina, ma non trascurò di seguire indirizzi abbastanza anomali come corsi di zoologia o seminari di filosofia, senza però trascurare quello di fisiologia.
Conseguì il diploma di laurea il 31 marzo 1881: avrebbe voluto proseguire i suoi studi come ricercatore, ma, non disponendo di una buona posizione finanziaria, decise di iscriversi all’Ospedale Generale di Vienna. Iniziò la pratica professionale in un reparto di chirurgia dove rimase per soli due mesi; lavorò successivamente in quello di medicina interna per poi approdare nel 1883 nella Clinica Psichiatrica di Meynert.
Freud ambiva ad un posto di assistente presso il reparto di neurologia che avrebbero dovuto affidare a Meynert, cosa che non si concretizzò mai.
Lavorò in un reparto di dermatologia finché gli venne offerta una supplenza presso una clinica privata in psichiatria..
Nel 1885 lasciò per sempre l’Ospedale Generale dopo aver praticato per tre anni ed un mese, ed avendo vinto una borsa di studio che concedeva il Ministero ai laureati, decise di recarsi a Parigi per studiare presso la Salpêtrière ove insegnava Charcot.
Prima di lasciare Parigi, Freud espose a Charcot le basi di un progetto di ricerca che prevedeva un confronto tra le paralisi isteriche e quelle organiche. Intendeva dimostrare che “nell’isteria la paralisi e le anestesie si ripartiscono nelle singole parti del corpo in base alla rappresentazione comune che gli uomini hanno del proprio corpo, ma semplicemente in base alla rappresentazione anatomica” 2, ma solo sette anni dopo pubblicò un lavoro in lingua francese, di approfondimento sull’argomento.
Da Parigi Freud si recò a Berlino per acquisire alcune conoscenze sui disturbi generali dell’infanzia ed ottenne, rientrando a Vienna,un posto di primario presso un istituto privato, nella sezione neurologica dell’Ospedale civile per bambini, incarico che Freud occupò per alcuni anni. 3
Qui si dedicò ad uno studio clinico sulla emianopsia nella prima infanzia, quindi ad una monografia sulla paralisi celebrale unilaterale nei bambini (compilata in collaborazione con Rie) e due anni più tardi ad una monografia sulle diplegie cerebrali. Queste ricerche gli procurarono un enorme consenso che lo lasciarono però indifferente: nella lettera che scriverà a Wilhelm Fliess nel 1894 si pronuncerà al riguardo come segue:”…Mi trovo qui abbastanza isolato con la spiegazione delle nevrosi. Mi considerano pressappoco come un monomane, mentre io avverto la chiara sensazione di aver sfiorato uno dei grandi segreti della natura. C’è qualcosa di comico nella divergenza che esiste fra la valutazione che ciascuno dà del suo lavoro intellettuale e quella che ne fanno gli altri. Guarda, per esempio,questo libro sulle diplegie, che ho messo insieme quasi per sfida, con un minimo di interesse e fatica. Ebbene, ha avuto un successo strepitoso. I critici ne parlano molto bene, e gli apprezzamenti dei francesi in particolare sono carichi di elogi. Proprio oggi mi è capitato in mano un libro di Raymond, il successore di Charcot, che riproduce addirittura il mio lavoro nel capitolo relativo, naturalmente facendone onorevole menzione…”. 4
Per concludere illustrerò brevemente gli studi che Freud effettuò sulle proprietà fisiologiche della cocaina. Tali studi furono prima indirizzati sulle proprietà anestetiche della cocaina nelle malattie oculari e poi nei casi di malattie cardiache e di esaurimento nervoso, in special modo come farmaco sostituto della morfina. Freud decise di somministrare tale sostanza al suo amico Dottor Fleischl, che per lenire dei dolori nevralgici aveva fatto uso di morfina, restandone dipendente. Le condizioni dell’amico dopo circa una settimana peggiorarono enormemente. Dopo qualche tempo Freud dovette ammettere che l’uso continuato della cocaina poteva portare ad un delirium tremens molto simile a quello prodotto dall’alcool. Ebbe per contro miglior successo nel campo della oftalmologia. Freud, avendone precocemente intuito le possibili applicazioni, suggerì al suo amico oculista dottor Leopold Königstei di accertare le eventuali proprietà anestetiche della cocaina sull’occhio umano. Fu, però, un’altro dei suoi amici, Carl Koller, al quale anche aveva esposto il medesimo argomento, a presentare al Congresso di oculistica di Heidelberg i risultati di esperimenti sull’occhio degli animali che dimostarono l’efficacia della cocaina come anestetico locale.
E con la lealtà scientifica che gli era propria, Freud, pur avendo per primo ipotizzato tali specifiche applicazioni cliniche, riconobbe nella sua Autobiografia la paternità della scoperta a Koller, che aveva effettuato per primo la necessaria sperimentazione.

© Rossana Ceccarelli

Note:

1 – Vita e opere di Freud, Ernest Jones, il Saggiatore, Milano,1962. 
2 – Freud Opere, Vol. 10, Boringhieri, Torino, 1981, pag. 81. 
3 – Ernst Kris, Introduzione alla prima edizione delle Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Le origini della psicoanalisi, Edizione Boringhieri, Torino, 1961. 
E’ questa una notizia che poche fonti biografiche citano ma che fa capire come Freud conoscesse profondamentamente la psicologia infantile: alla luce di questa considerazione tutte le polemiche revisioniste sorte sull’ipotesi puramente speculativa della psicosessualità infantile risultano prive di senso.

4 – Sigmund Freud, Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904, Edizione Boringhieri, Torino, 1986.