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Con quest’ultimo lavoro, ritengo sufficientemente trattata un’elaborazione psicoanalitica sulla Creatività come benessere psicobiologico. Tale area, inserita nel lavoro psicoterapeutico (in senso lato), ha permesso il passaggio dalla psicopatologia a ciò che è naturalmente vivo – leggi risorsa sana – anche se spesso latente nello psichismo profondo, quindi potenziale. Ora, per quanto riguarda il recupero della tendenza naturale ad un benessere, in un’ottica di generalizzazione, indicherò tale studio come una possibilità di approfondimento psicoanalitico, quindi un’ulteriore tappa di Formazione. Ne parlerò rimandando ai lavori in tal senso, diversi dei quali consultabili nella nuova veste di Scienza e Psicoanalisi, in un tag apposito che li ha raggruppati. 1 

1. Una nuova possibilità di approfondimento psicoanalitico

Anzitutto, l’osservazione analitica sul benessere psicobiologico rimanda a una nuova rappresentazione di una profondità pulsionale dove coesistono tracce di benessere (distensione, appagamento, adattamento, soddisfazione, relazione, reciprocità…) e tracce conflittuali-traumatiche, informazioni su vibrazioni energetiche di diversa intensità di cui le seconde, per i noti fenomeni di rimozione così ben spiegati da Freud e allievi, hanno il primato, fagocitando spesso le prime. Tale oscillazione vita-morte, creatività-distruttività, spesso invisibile per la stasi indotta dalla coazione a ripetere, ad un certo punto, può esprimersi come processo preconscio di elaborazione ricombinativa (e rimando, come sempre, alla modellistica di base, Gariglio, Lysek, 2007, https://www.psicoanalisi.it/libri/3605). Detto più in generale, in un lavoro psicoanalitico con tale rappresentazione dell’inconscio, si osserva che, al naturalizzarsi di tale processo nel terreno psicobiologico, si accompagna un comune tentativo che, ad ogni elaborazione di trauma o conflitto, spinge la persona a ritrovare il contatto con quel benessere profondo, latente e potenziale, rimasto impresso come informazione di richiamo.Tutto ciò è stato socializzato via via in molteplici nostri lavori cui rimando.

Ne indico comunque tre esemplificazioni rappresentative, prese: 1. dalla vita fetale, 2. da qualche sussurro incoraggiante ereditato dagli antenati e 3. dal cosmo. E, parliamo allora di quel certo stato di benessere inscrittosi in qualche momento dell’esperienza intrauterina quando, nonostante il marasma dato dall’adattamento forzato alla presenza di un “ospite-invasore” (di cui l’ultimo lavoro di Zangrilli https://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/5862 attesta, ancora una volta, l’avvenuto riconoscimento scientifico), madre e feto riescono ‘anche’ a condividere momenti di serenità, talvolta felicità e piacere, oppure, filogeneticamente parlando degli antenati, in qualche tentativo appagante, nel senso dell’unione, dell’accomodamento-adattamento, della distensione e piacevolezza… tentativi che possono essere ripresi nell’attuale, per completarli nel caso avessero ancora energia, o semplicemente, per inserirsi in motivi familiari arricchibili. Infine, spingendosi ancora oltre, mi piace pensarlo, fantasticarlo evidentemente da profana, in quelle “onde gravitazionali primordiali” di cui ho appena letto una gustosissima descrizione letteraria, che ho sentita poetica, di Roberto Battiston (2014, p. 19), Professore ordinario di fisica sperimentale: “(…) Tutto era permesso, nulla era vietato in quei primi istanti, non c’erano interazioni, più forti di altre, una democrazia che nemmeno la Rivoluzione francese se la sarebbe sognata. Durò davvero poco questa libertà sfrenata e questa eguaglianza senza confini”. Tutte informazioni di richiamo che possono ripresentarsi in seduta e riattualizzare un vissuto di piacevolezza che, in questo caso, assume il valore di rivissuto. Di qui, si mette in moto il processo di “elaborazione ricombinativa” che condensa echi traumatici con tracce più soddisfacenti.

La psicoanalisi, sintonizzata sulla psicopatologia, si è giustamente soffermata di più sugli aspetti distruttivi della pulsione di morte-di vita con le dinamiche onto e filogenetiche di reiterazione. Tuttavia, in qualche momento di tregua nella dinamica oscillatoria, si può anche riprendere a colloquiare con la memoria di qualche traccia di benessere che riguarda la soddisfazione, la relazione, la condivisione, nell’intersoggettività umana. E assaporare, allora, anche se per pochi attimi, quel “momento presente” indicato da Daniel Stern (2004, tr. it. 2005), mentre stava considerando “la nozione di co-creazione in psicoterapia”… Assaporarlo e ridisegnarselo mentalmente, come espressione di vita da mantenersi in memoria. Già Sandor Ferenczi ne parlava: “Sinergico alleato alla vita psichica dei pazienti, ne scrive Franco Borgogno (2014) in una delle sue presentazioni viscerali dell’allievo di Freud di cui riabilita e riconosce il pensiero (cfr. anche, Borgogno 2007, cap. terzo), Ferenczi ha incessantemente sostenuto l’assertività e la vitalità perdute dei suoi analizzandi…”. Oggi, che si parla sempre di più degli aspetti pulsionali vitali e relazionali (Salomon Resnik, Davide Lopez, Stefano Bolognini, Antonino Ferro, Franco Borgogno, Jorce E. Garcia Badaracco, Massimo Ammaniti, Mauro Mancia, Daniel Stern, tra gli psicoanalisti contemporanei che mi ha fatto piacere incontrare e che continuo a seguire, Daniel Siegel, che riporta il benessere – “essere consapevoli in modo mindfull” – nella psichiatria, auspicando, come molti altri oggi, un’integrazione tra modelli…), facendoci attenzione, si può scoprire che, anche nel lavoro di tanti psicoanalisti classici, l’attenzione alle dinamiche di vita è presente insieme all’attenzione per le dinamiche di morte, certamente più inficianti, fino a che queste ultime non siano riattraversate e disattivate per riandare verso la vita e la creazione che, quando si esprimono in alleanza pulsionale, rendono molto gradevole la quotidianità. Tuttavia, a mio parere, ciò non viene ancora chiaramente raccontato o non viene sentito nella sua importanza (così come oggi c’è una certa ritrosia ad asserire pubblicamente di lavorare anche via Skype, 2  in situazioni di tipo analitico… ).

Per quanto riguarda lo studio sul benessere psicobiologico, ribadisco che il passaggio obbligato, per la rimessa in moto di questo nuovo movimento energetico, è dato dalla disattivazione di qualche aspetto conflittuale e traumatico (quei famosi lutti, elaborati…) il cui presupposto è che le coazioni a ripetere siano state sentite dai protagonisti del campo analitico ‘anche’ stimolanti, non solo occasione di rabbia e angoscia, a testimonianza di un tentativo di andarvi oltre, instradandosi su quella “funzione salvifica”, fatta notare, ricordo, anche dalla collega Gioia Marzi (2001), 3  in occasione di un dibattito su un testo di Nicola Peluffo (novembre, 2001) Libido e caducità, ripubblicato nella nuova versione di Scienza e Psicoanalisi nel 2011 (https://www.psicoanalisi.it/editoriale/4958).

2. Formazione psicoanalitica, per quanto riguarda la tendenza al benessere

In generale, questa nuova area può riguardare la Formazione continua degli psicoterapeuti (compresi gli analisti (Gariglio, 2013, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3169 ), in quanto occasione di riflessione clinico-teorica (e riaccennerò ad alcuni lavori con dati analitici e ad altri, relativi all’osservazione di manifestazioni artistiche) e la Formazione stricto sensu cui, dico subito, va il mio maggior interesse; qui c’è infatti il piacere di partecipare insieme, come soggetti di esperienza, seguendo l’avvicendarsi delle sfaccettature dell’Immagine, dalle tracce traumatiche conflittuali a quelle, come si sta dicendo, di benessere: rimescolamento spontaneo che avviene in seduta dove ciascuna acquisizione e integrazione si inserisce in modo spontaneo. Ovviamente, nel lavoro clinico (2010, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/4076), ciò inizia, nel corso dell’analisi personale con i suoi momenti di mantenimento e di approfondimento, dopo la sedimentazione, in lassi di tempo variabili, anche lunghi di anni, intervallati dall’autoanalisi di chi ha completato il proprio lavoro personale. Va da sé che, nella successiva organizzazione autoanalitica, le persone (ex analizzati), siano naturalmente attive protagoniste del loro tentativo di cambio di destino; tutti i movimenti in tal senso sono infatti un impegno progressivo a generalizzare la tendenza a ricercare il proprio benessere, dimostrando o meno di averne mantenuto la spinta, sperimentata nel viaggio analitico, dal punto di vista della pulsionalità, insita nell’azione creatrice, messa talvolta in scena creativamente. Un esempio di preludio di generalizzazione, nella Collana I Nuovi Tentativi (Tirrenia Stampatori 1999-2002, https://www.psicoanalisi.it/libri/3771https://www.psicoanalisi.it/libri/4558; https://www.psicoanalisi.it/libri/4590;  https://www.psicoanalisi.it/libri/4922); una splendida (anche se faticosa) sinergia tra la raccolta dei testi e la direzione dei lavori, la Casa editrice, gli Autori, i commentatori delle pubblicazioni e i lettori. La creazione artistica termina infatti con i fruitori, “gli spettatori”, secondo l’idea, antesignanamente olistica, di Alois Riegl (1858-1905, membro della Scuola di storia dell’arte di Vienna), per cui, “l’arte non è arte senza il coinvolgimento diretto dello spettatore”, tesi successivamente sviluppata da Ernst Kriss e Ernst Gombrich (in Kandel, 2012, p. 195).D’altra parte, Wilfred Bion (1998) viene presentato da Anna Baruzzi come uno psicoanalista scrittore che desidera “provocare il coinvolgimento del lettore in un’esperienza che, solo a questi patti, dischiude il senso del suo messaggio”. Tutt’altro quindi che un “parlare attorno” all’opera in questione! Questo, per dire il senso che l’ideazione di tale Collana aveva avuto per la scrivente…

Tornando all’attività di Formazione, in generale, questa è propria dell’analisi didattica e dell’attività di supervisione. Nel procedere di questo divenire trasformativo, per quanto riguarda il tema in oggetto, è importante, allora, osservare ‘anche’ l’andamento del mantenimento di quella certa tendenza al benessere, verificando o sconfermando l’osservazione (diventata l’ipotesi principale di un’esperienza ormai trentennale) che la condizione del benessere appartiene all’esperienza umana, come la sofferenza e i suoi correlati. E parlo, volutamente solo di tendenza, per non cadere nelle trappole trionfalistiche del ‘per sempre’: tanto più il congelamento narcisistico è stato inficiante, tanto più certi automatismi coatti, anche se ‘rabboniti, silenziati’, in forma di echi/residui, dopo la disattivazione in passaggi transferali e controtransferali, diventeranno come quelle “allucinazioni stabilizzate” del matematico John Nash, Premio Nobel per l’economia nel 1994, diventato famoso con il film A Beautiful Mindci sono ma non si dà loro più importanza, non si drammatizza quindi e si guarda invece altrove dove c’è allegria, compagnia… E’ già il raggiungimento della capacità di relativizzare.

Tendenza al benessere, dicevo, ridiventata naturale, nella dinamica di trasformazione, insita nel lavoro psicoanalitico generale (meglio se “intensivo”, secondo il bel conio che ne ha fatto Quirino Zangrilli cui ho rimandato altre volte (2005, https://www.psicoanalisi.it/pillole/2083, 2010, 2014 https://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/5862) e, ovviamente, in questo specifico stralcio in presentazione. E quando dico “specifico”, intendo, in un campo analitico che abbia dato naturale visibilità ‘anche’ al manifestarsi di tale area (2013, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3136 https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3143) che, in analisi, si esprime anch’essa con le sue riattualizzazioni transferali/controtransferalie con il successivo processo di elaborazione ricombinativa di cui, come dicevo, si sono indicate tante testimonianze (vedi ultimo lavoro, 2014, pp. 33-46).

Uno stralcio riassuntivo: (2010, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/4080): “(…) quando l’elaborazione ricombinativa si naturalizza, viene ritessuta la tendenza a partire dalla costruzione di situazioni di benessere che, tuttavia, nel percorso, incontreranno certi periodi di stasi, che valgono sia come residui degli aspetti aggressivi sia come sana oasi di “ozio” (Khan, p. 204, in parte prima) prolifico e rigenerante. Quando viene raggiunto quel punto di non ritorno che avevo narrato, per celebrarne l’aspetto vitale e creativo (…) i passaggi dentro il lutto, la perdita e l’orrore del vuoto che se ne crea non fan più paura per la consapevolezza di potervi, ogni volta, andare oltre fino a ripescare tracce antiche depositate nell’inconscio come vibrazioni di benessere e possibilità di relazione. Quindi, quando il percorso dell’atto creatore si snoda completamente – dopo essersi espresso come percorso verso l’atto creatore – , si assiste all’intera ricostruzione del doppio movimento conflittuale/traumatico e di benessere, adattamento, relazione, distensione. Anche questa parte di metabolizzazione analitica continua nella vita per molto tempo. Nelle verifiche che ne ho fatte, ho scoperto ulteriori capacità individuali di costruire situazioni appaganti, con la ricerca e la creazione di cose nuove e stimolanti. E, insieme, una sufficiente neutralità quando residui di aggressività distruttiva si rimettono in pista come automatismi inconsci che, però, non fagocitano più. Nell’ambito del processo creatore complessivo, avviene dunque un sufficiente decremento della parte distruttiva della pulsione di morte-di vita con l’emergere, di volta in volta, di una creatività appagante, “apportatrice di benessere” di cui va poi verificato, ho appena scritto, il livello di mantenimento, almeno, della tendenza a tale stato psicobiologico.

2a. La Formazione come informazione su dati clinici di esperienze psicoanalitiche, con modellistica Gariglio, Lysek (2007).

Tale oggetto di ricerca, lo ribadisco, ha come matrice teorica I Movimenti creativi in analisi (Creatività benessere, Armando 2007, https://www.psicoanalisi.it/libri/3605 e L’Age D’Homme 2008, https://www.psicoanalisi.it/libri/4376), osservati nella seduta lunga micropsicoanalitica, usata, oggi si puo’ dire, in psicoanalisi intensiva (Zangrilli, cit.). Ne ripercorro un’esemplificazione (2002/2013) che ha narrato casi clinici, trattati con questa modellistica, estrapolandone qualche stralcio riassuntivo e rimandando a Scienza e Psicoanalisi, per l’eventuale lettura immediata di qualcuno di questi nostri (G. e L.) testi, presenti anche nel Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, negli Atti di qualche Convegno e, per quanto mi riguarda, nella Rivista Anamorphosis (dove scrivo abitualmente, dal 2009).

. G. e L. (2001). “De l’obscurité à la clarté : évolution thérapeutique d’une formation de symptome à la créativité”. Revue Francaise de Psychiatrie et de Psychologie Médicale, N. 67, 2003 Ed M.F., Paris, pp. 51-54 (in SeP 2009, https://www.psicoanalisi.it/francais/4371).

.G. (2002): “Creatività e libertà postanalitiche: un confronto con la realtà”; (2007) “Dal malessere all’elaborazione di una creatività appagante: un percorso analitico”. Atti dei convegni Arte e Follia e Creatività e clinica.

I due lavori (con un terzo di L., “Creatività, vuoto e disturbo bipolare”, pp. 69-77) sono ora rintracciabili in Creatività e clinica (a cura di) Luigi Baldari (2013, https://www.psicoanalisi.it/libri/3734, Bollettino IIM n. 39, pp. 79-90 e 91-103). Nel primo caso (2002, con la modellistica ancora in corso di stesura, ma da tempo operante nel lavoro analitico), segnalo la liberazione di creatività nella dinamica transferale-controtransferale delle “sedute lunghe” (cfr. Lysek, 2010, pp. 23-58) dove si constata che dei vuoti di parole e pensieri, quando non sono di opposizione o resistenza al tema in via di svelamento, possono rimettere la persona in contatto con aspetti onto-filogenetici non traumatici per consentire una ricombinazione che, dal piano psichico, si elabora nel preconscio fino ad una concretizzazione creativa, nella vita di realtà. Ciò può portare a considerare la creatività come una disposizione naturale esprimibile da chiunque non sia bloccato nel disagio psichico che può produrre solo creatività sotto forma di sintomi o accompagnare l’arte con la sofferenza. In questo senso, la creatività, che appare più primaria della sublimazione, potrebbe intendersi come il richiamo di un potenziale inconscio silente che preme per riprendere corpo rappresentazionale-affettivo, nella vita di realtà, distribuendosi nelle tre attività cardinali che, per la micropsicoanalisi, sono: sonno-sogno, aggressività, sessualità. Se tale tendenza ad un’elaborazione creativa e vitale viene mantenuta può diventare anche un aiuto per neutralizzare la parte distruttiva della ripetizione che tende naturalmente a riformarsi, nell’oscillazione incessante vuoto-energia, morte-vita, aggressività-sessualità… Il lavoro fornisce qualche esempio concreto, frutto di elaborazioni analitiche e postanalitiche, per sottolineare l’interdipendenza tra l’attivazione del processo creatore che sfocia in una manifestazione reale, fonte di benessere e il relativo guadagno di libertà.

Nel secondo caso (2007), presento la modellistica completa (al momento del convegno, in corso di pubblicazione), sempre accompagnandola con esemplificazioni cliniche. Rimandando al testo completo, ne evidenzio qui solo l’aspetto di “fluidità psichica”, afflusso naturaledi creatività latente e potenziale, che consente un reinvestimento costruttivo dell’energia liberatasi e la nozione di “oggetto psichico” e reale “ricombinato” che, con naturalezza, si elabora dallo psichismo alla realtà. Tale percorso può essere ben osservato nei materiali del sogno e nella dinamica associativa di chi effettua un lavoro analitico, in particolare micropsicoanalitico dove la seduta lunga concede un tempo fisiologico per l’accadere del fenomeno di riconversione energetico-pulsionale-creativo-relazionale e il nuovo inserimento nella dinamica transferale/controtransferale che riattualizza ricordi di benessere, ritrovati nel filo della memoria. In funzione della struttura psichica dell’analizzato e del campo analitico con analista consapevole del “percorso verso l’atto creatore e dell’atto stesso, che tesse la sua trasformazione all’interno del processo creatore”, la dinamica creatrice tende a elaborarsi  fino a sfociare in una creatività appagante, frutto di una ricombinazione preconscia di elementi di benessere che si elaborano con residui conflittuali-traumatici, ancora attivi ma meno offensivi.

. L. e G. (2006), “Well-being creativity”, XVIII Conv. Internaz SIPE, in Creative Transformation, Belfast, (SeP 2009, https://www.psicoanalisi.it/english/4185).

.L. e G. (2009), “La mémoire inconsciente du bien-être dans la créativité”, Communication au XIX Congrès international de la SIPE, Lisbonne, 4 septembre. Atti previsti on.line.

. G. e L. (2009), “Lo sviluppo della creatività: una possibile trasformazione dell’aggressività nel corso di una micropsicoanalisi” (Relazione al congresso SIM “L’aggressività”, Nizza). Contributi scientifici IIM.

. G. (2010). “Tracce di benessere nell’inconscio”, Convegno SIM/IIM, Il tempo e l’inconscio, XII Ed. Giornate Siciliane di Formazione Micropsicoanalitica (Atti previsti in Bollettino IIM, a cura di Luigi Baldari, Alpes), in Settimana Internazionale della Ricerca, VI Edizione, Università degli Studi di Messina.

Dai Pre-Atti (2010, pp. 39-47): Le tracce di benessere: “impronte potenzialmente attive nello psichismo”, sono da intendersi anche come nuclei di resilienza che, interfacciandosi con la drammaticità conflittuale e traumatica, possono generare percorsi creativi, individuativi e trasformativi (i propri originali). Questi, utilizzati come induttori associativi, attraverso il lavoro di elaborazione ricombinativa portano alla costruzione di nuove identità. Tali elementi inconsci appaganti, per lo più sconosciuti alla persona che soffre, si vedono comunemente emergere come rivissuti di benessere in seduta, dopo la disattivazione di qualche conflitto. Si creano allora, secondo tale modellistica, nuovi oggetti psichici, vibranti di rievocazioni di benessere (per quel momento, protagoniste nell’oscillazione vita-morte, aggressività-sessualità, creatività-spiritualità) e di residui conflittuali. Nella realtà, dopo la riconciliazione con le proprie istanze, la persona proseguirà autonomamente il tentativo di mantenimento naturale del benessere riattualizzato in seduta. Esemplificazioni di “risonanza di tracce di esperienze soddisfacenti e appaganti, memorizzate nell’inconscio”, tratte dall’operare artistico della pittrice contemporanea Enza Prunotto, confrontata con un filone di origine traumatica in Artemisia Gentileschi.

.G. (2011). “Verità come  c o e r e n z a  rappresentazionale-affettiva in un continuum psichismo-realtà“, Convegno SIM/IIM, Verità e realtà psichica, XIII Ed. Giornate Siciliane di Formazione Micropsicoanalitica (Atti previsti in Bollettino IIM, a cura di Luigi Baldari, Alpes), in L’invenzione della verità, Settimana Internazionale della Ricerca, Matera, 3-8 ottobre, V Edizione.

           Dall’abstract: L’intervento sviluppa tale tema dal punto di vista della verità come coerenza rappresentazionale-affettiva, osservabile con l’avanzare dell’analisi, in concordanza con certo pensiero di Daniel Stern (2011) che mette in luce “forme vitali che riguardano anzitutto il movimento e che diventano dinamiche, perché riguardano ogni esperienza trascorsa”. Tali dinamiche vitali e, nel nostro studio, generatrici di creatività e portatrici di benessere psicobiologico, poco alla volta, possono diventare maggioritarie nello psichismo, rispetto ai materiali rimossi che continuano a riattualizzarsi in toto o come echi nella dinamica transferale-controtransferale. Tale attività di “elaborazione e ricombinazione preconscia” di “tracce inconsce di benessere” e residui di vissuti rimossi, quando sfocia nella realtà può produrre   tentativi che vanno nel senso della costruzione di fatti coerenti con l’elaborazione psichica. Questo, dall’analizzato, viene sentito come la “sua” verità. La relazione ne ha presentato diversi esempi clinici con materiali di seduta che lo testimoniano.

.G. (2012-2013) in tre lavori ho approcciato il problema del mantenimento delle acquisizioni di seduta, relativamente al benessere slatentizzatosi e circolante: 1. (2012). “Dal non tempo della fissazione al tempo reale vitale e creativo: possibilità di evoluzioni cliniche”, Convegno SIM/IIM, Il tempo e l’inconscio, XIV Ed. Giornate Siciliane di Formazione Micropsicoanalitica (Atti previsti in Bollettino IIM, a cura di Luigi Baldari, Alpes), in Settimana Internazionale della Ricerca, VI Edizione, Università degli Studi di Messina; 2. SeP (2013). “A proposito del mantenimento di un benessere: riflessione sulle nevrosi di fallimento e di destino trattate in analisi e cenni di osservazione in arte”( https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3136; https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3618); 3. SeP (2013). Riflessione su tale fenomeno, in un’artista (https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3532).

In una sintesi stretta (e rimando ai due lavori del 2013, in Scienza e Psicoanalisi), stralci di casi clinici hanno evidenziato la disattivazione di certi stati conflittuali di tipo ossessivo (nelle nevrosi di fallimento e di destino) in cui la coazione a ripetere conduce a “continui insuccessi autopunitivi” e a “sequenze di disgrazie”, fino al permanerne di echi che, quando tendono a riprodursi, essendo riconoscibili, sono fonte di minor angoscia o lo sono solo nel tempo che precede la consapevolizzazione che, ormai, avviene rapidamente. Per quanto riguarda la verifica del procedere verso il mantenimento della disposizione psicobiologica al benessere, la relazione e i due successivi lavori, hanno dato rilievo all’insorgere di una nuova tendenza spontanea ad immettersi in esperienze appaganti, di cooperazione di forze e relazioni gratificanti. Ciò va nel senso di un potenziamento di benessere che contrasta l’ineliminabile richiamo al ritorno allo stato di disagio, particolarmente forte in questo tipo di nevrosi ossessiva. Presentazione di un iter in tal senso, con dodici punti di evoluzione dalla psicopatologia ad una vita mediamente meno disagiata.

. G. (2013). Due interventi su una vicenda di schiavi abbandonati in un atollo, ma sopravvissuti per 15 anni: 1. (giugno) 2013: “Un film archeologico di Thierry Ragobert (…) come occasione di   riflessione sul fenomeno dell’Inesprimibile genealogico”. Immagini di individuazione nel Cinema e nei personaggi letterari Ecologia, spiritualità, transcultura, II Edizione, Gajap, Superga; 2. “Solitudine, elaborazione dell’ inesprimibile genealogico e creatività. Una conferma in: Max Guérout e gli schiavi sopravvissuti a Tromelin”.Convegno SIM/IIM, La solitudine, XV Ed. Giornate Siciliane di Formazione Micropsicoanalitica (Atti previsti in Bollettino IIM, a cura di Luigi Baldari, Alpes), in Interazioni e solitudine, Settimana Internazionale della Ricerca VII Edizione, Università degli Studi di Messina.

Due lavori che, in un parallelismo psicoanalisi-archeologia, 4  hanno voluto investigare la nozione classica di Immagine (Fanti, Peluffo, Tartari, 2013 https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3157, con un ampliamento che osserva un possibile destino/movimento della “traccia di benessere”), e quella di inesprimibile genealogico 5  (Peluffo, 1991) cui consegno una doppia valenza di memoria conflittuale/traumatica e di benessere, come tendenza a riattualizzarsi. Un’occasione per presentare ancora una volta la capacità intrinseca all’essere umano di adattamento e relazione positiva. 6  In attesa degli Atti del Convegno IIM, se ne può leggere qualcosa in (cit.),“La narrazione… del processo di elaborazione ricombinativa”,un lavoro che presenta nuovi adattamenti e quindi individuazione, osservati in qualche film, come percorso di disattivazione traumatica, anche attraverso il ripristino di aspetti resilienti, vitali e creativi. Questi, elaborati e ricombinaticon gli elementi distruttivi, rendono possibile la disattivazione della stasi che comporta la situazione distruttiva data dal trauma”: un esempio di come la traccia conflittuale-traumatica possa girarsi in una di benessere, che giaceva latente come immagine potenziale di vita (già in G. e L. 2009).

2b. La Formazione come informazione su Tracce di benessere nell’arte.

   Ne segnalo, indagato anche in collaborazione, qualche fatto artistico o insight artistico-creativo, frutto di fluidità psichica, ipotizzata nell’artista.

.L. e G. (2009). “L’attività creativa nella preistoria: un’espressione di tracce di benessere?”. XXIII Valcamonica Symposium, pubblicato in BCSP Definire l’identità, Bollettino del Centro Camuno di Studi Preistorici, Direttore Responsabile Emmanuel Anati, Edizioni del Centro, 2010, pp. 61-70.

.G. (2010). Tracce di benessere e trasformazioni creative: un esempio di elaborazione riuscita del lutto in un iter pittorico”, Arte e Psicologia www.insiemecon.com/artepsicologiapiemonte, “Diritto al cuore”, rel. n. 5.

. G. e Rossi P. (2011). “L’Ibrido: una collaborazione psicoanalitica-archeologica alla ricerca di approdi comuni”, Anamorphosis, n. 9, 2011, pp. 35-69.

.G., L. e Rossi (2011). “Arte, comunicazione e benessere”. Atti, pp. 180-187, XXIV Valcamonica Symposium (http://www.ccsp.it/web/INFOCCSP/VCS%20storico/vcs2011pdf/gariglio.pdf). In Scienza e Psicoanalisi le immagini sono a colori: https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3436. Richiamo, a questo proposito, un interessante lavoro di Luigi D’Elia: “Donare, ricevere, ricambiare” (2014, http://www.psychiatryonline.it/node/5041)che, rifacendosi al Saggio sul dono” dell’antropologo Marcel Mauss, presentato come “fondamento delle società arcaiche” e quindi, “tessuto connettivo di base, benché eclissato, anche dello psichismo dell’uomo contemporaneo”, suggerisce la presenza di un “inconscio relazionale e sociale” che ben si attaglia con le nostre “tracce di benessere, ritrovate già nell’arte preistorica.

.G. (2011).Le Madonne dei Della Robbia”, in SeP, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3966. Una collaborazione con Arte e Psicologia, “La tessitura di un ‘proprio originale’, presupposto di incontri adulti” (in G. e Ravaschietto G., “Identità e trasformazione”).

. G. (2012).SLUM SYMHONY: La creatività individuale in amplificazione sociale. Un progetto artistico musicale su vasta scala che testimonia l’esistenza di un potenziale inconscio di benessere, latente”, Anamorphosis,n. 10, 2012, pp. 22-30.

.G. (2012).Artemisia Gentileschi: donna e artista in coerenza di manifestazione”, Anamorphosis, n. 10, pp. 41-50; SeP, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3786.

. G. (2013). “Charlotte Salomon: un tentativo di oltrepassare una trama familiare di morte nell’incontro con la distruttività dell’Olocausto”, Anamorphosis, n. 11, pp. 44-53; SeP, https://www.psicoanalisi.it/osservatorio/3532.

2c. La Formazione sul benessere come esperienza personale energetico-pulsionale-relazionale-creativa

Ciò detto, l‘esercizio della psicoanalisi è un’altra cosa del parlarne o dello scriverne, perché produce fatti di emozione: pietre miliari affettive, energetico-pulsionali, allo stesso modo di quanto può succedere nel campo artistico come ben ci ricorda un Freud di 79 anni , “le parole del poeta sono azioni”, indicandoci la presenza di un desiderio di coerenza tra un professare e un agire, comune a molti ma spesso sottostimato nelle difficoltà interne e pratiche nella messa in atto. E sostiamo allora un attimo su queste parole inviate dal Maestro a Thomas Mann, per il suo sessantesimo compleanno: “(…) posso esprimere l’intima certezza che Lei non farà e non dirà mai – le parole del poeta sono infatti azioni – cose ignobili o meschine; anche in tempi e in condizioni che rendono incerto il giudizio, Lei saprà trovare la via giusta e saprà indicarla agli altri (giugno, 1935, tr. it. p. 467)” . …

Rientrando nel nostro argomento, in analisi, questi ‘sentiti e fatti’ avvengono nelle dinamiche transferali e controtransferali sotto forma di sintonizzazione affettivo-relazionale inconscia-preconscia e, nell’arte, con livelli o meno di consapevolezza che, volendo, potremmo anche chiamare autonalitica. Sia quel che sia, su tali esperienze emotivo-affettive che, secondo molti, accomunano il campo artistico e quello psicoanalitico, nella nostra esperienza, possono in più costruirsi successivi tentativi di spiegazione. Questi appaiono spesso come ricostruzioni, integrando allora rappresentazione teorica con affetto. E ciò vale sia per i sentiti/risentiti conflittuali e traumatici, sia, in questa nostra esperienza socializzata, per quelli di benessere, propositivi di vita e pregni di potenzialità creatrici traducibili in fatti creativi.

Quindi, riprendendo questo discorso sulla Formazione, ribadisco ciò che, nella nostra professione, è peraltro legge: soltanto l’esperienza personale, formativo/trasformativa, sposta il movimento energetico dall’interiorizzazione degli aspetti, anche teorici, presenti nel campo esperienziale (rappresentazionale-affettivo) psicoanalitico, alla creazione di qualcosa di nuovo che ha saputo staccarsi da quei processi identificatori che, se si fissano, possono portare ad omologazione.Tuttavia, val sempre la pena richiamare che qualsiasi trasformazione che va nel senso dell’autonomia e identità deriva, anzitutto, da certi motivi e desideri inconsci in comune all’analista e all’analizzato, riemersi nello spazio-tempo di seduta (Peluffo insegna: 2006, https://www.psicoanalisi.it/editoriale/2660), contemporaneità agente inconsciamente e che ora ipotizzo come ingrediente primario di sintonizzazione sinergica (preludio e condizione necessaria per successive autonomie) di quel processo di elaborazione ricombinativa che riequilibrerà il peso delle diverse tracce, cambiandone, a tratti, i protagonismi. E mi riferisco a quelle areedi potenziale benessere che, slatentizzandosi, possono fungere da “nuovo imprinting” nel dato campo analitico, per la tessitura di qualcosa d’altro da portarsi nella vita di realtà, continuandone l’approfondimento in autonomia individuale verso la costruzione di una nuova identità, fatta di tante sfaccettature che si esprimono in modo plastico.

In conclusione, prima di rientrare nella stanza d’analisi, mi sento di poter dire che, nella formazione psicoanalitica (nei suoi due momenti di informazione teorico-clinica e di esperienza personale), interessarsi, ‘anche’, alle tracce di benessere inconsce/preconsce, considerandone le spinte adattive e di relazione intrapsichica – “interpsichica” (Bolognini, 2008) – interpersonale, possa rientrare, a ragione, in quel movimento di ricerca attuale che vede anche la psicoanalisi muoversi in una “complessa rete relazionale” (Ammaniti, Gallese, 2014), come testimoniano i sempre più numerosi convegni in cui la psicoanalisi, in coerenza con il suo statuto psicobiologico, si interfaccia con attuali scoperte scientifiche.

Daniela Gariglio ©

Bibliografia:

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Note: 

-1  In occasione di un’intervista a Eugenio Borgna sul DSM-5   (http://espresso.repubblica.it/visioni/scienze/2014/03/21/news/giu-le-mani-dalla-psiche-il-dsm-5-tutto-sbagliato-1.158037 ) e di un successivo dibattito, mi imbatto in una “riflessione di carattere filologico e semantico sui termini salute/salvezza, sacro/salvifico (…) terapia”, nell’interessante apertura sullo Sciamanismo di un lavoro di Eldo Stellucci (http://www.scribd.com/doc/31540418/eBook-Ita-Psicologia-Jung-Carl-Gustav-Jung-E-Lo-Sciamanismo-1). Ne cito qualche passaggio che, a mio parere, rimanda al nostro tema del “benessere riattivabile”: “«Salute» e «salvezza» sono termini che possiamo considerare co-originari, ovvero nati da uno stesso concetto, condividendo a lungo la stessa sorte e lo stesso significato globale originario, che venne a scindersi storicamente e culturalmente solo molto più tardi. Si tratta del significato sanscrito di “svastha” (benessere, pienezza) che poi ha assunto la forma semantica del nordico “heill” e più recentemente di “heil”, “whole”, “hall” nelle lingue anglosassoni, che indicano «integrità» e «pienezza». Lo stesso accade per il termine “soteria” nella lingua greca, dove appunto il dio greco della medicina, Asclepio, appare come “soter”, «colui che guarisce» e che è nello stesso tempo il «salvatore». Nella lingua latina è emblematico il significato di “salus”, termine che ancora oggi incorpora sia il significato di «salute» sia quello di «salvezza». Ma occorre ricordare che anche in altre lingue è avvenuta la stessa combinazione. Ad esempio, il termine ebraico “shalom”

(pace, benessere, prosperità) e la formula dell’antico egiziano “snb” che indica pure benessere fisico, vita, salute, integrità fisica e spirituale. Tutti questi termini esprimono in definitiva la salvezza come «integrità dell’esistenza», come «totalità di situazioni positive» (…). non intaccate dal male, dalla malattia, dalla sofferenza, dal disordine. Da questo punto di vista era infatti impossibile distinguere nel pensiero antico tra salvezza e felicità in quanto l’una confluiva necessariamente nell’altra. L’aspetto teologico (…) era inseparabile dall’aspetto antropologico (…). Il passaggio significativo si sarebbe avuto quando le lingue germaniche tradussero “spenta” con “heilwirkend” (cio’ che produce benessere), utilizzando una radice del termine che significa «intero, solido, intatto». Fu facile il passaggio a contesti più vicini a «forte», «in salute» e «di buon auspicio». Possiamo ancora risalire al gotico “Hails” che significava «sano», mentre l’antico islandese e l’alto tedesco “Heil” e il runico “heilag” significano rispettivamente «di buon auspicio» e «di buona fortuna. …». Tale contributo etimologico misintonizza e avvalora ulteriormente certe risultanze di “lavoro analitico intensivo”, dal mettersi in moto del processo di “elaborazione ricombinativa”.  torna su!

– 2  Andrea Marzi (SPI), in uno stimolante lavoro seminariale, ha discusso sull’eventualità o meno di usare skype in analisi (5 aprile, Seminari aperti 2014,“Alle radici della soggettivazione. Nuovi corpi, nuove identità, nuove famiglie, nuove psicoanalisi”, Centro Torinese di Psicoanalisi. Segnalo anche: All’origine dell’esperienza psichica. Divenire soggetto. XVII Congresso SPI, Università degli Studi di Milano 22-25 maggio 2014).  torna su!

– 3  In occasione di un dibattito su Libido e caducità  (Peluffo, SeP 2001,https://www.psicoanalisi.it/editoriale/4958), in   “Presentazione del lavoro teorico-pratico sulla creatività postanalitica” (parte seconda di Linguaggi, 2002, p. 179, https://www.psicoanalisi.it/libri/4922), avevo sottolineato le “infinite possibilità di creazione che si possono originare dall’analisi, vera fucina di esperienze indubbiamente significative dal punto di vista degli affetti e delle emozioni che si mettono in circolo nei rapporti di transfert e controtransfert.”.  torna su!

– 4  (Dal Forum GRAN (01 Déc 2013 09:16 7924, M. Guérout “Tromelin: archéologie et psychanalyse: “Nous sommes en relation depuis près d’un an avec une psychanalyste italienne, Mme Daniela Gariglio, qui travaille sur le thème du traumatisme transmissible de père en fils, appellé “inesprimibile genealogico” (Nicola Peluffo, 1991). L’application de ce thème aux descendants d’esclaves l’a amenée à s’intéresser à nos recherches à Tromelin. (…) où elle développe également, en évoquant le parallélisme entre archéologie et psychanalyse, un autre thème lié à la solitude et à l’isolement qui est le passage de la solitude traumatique à la solitude créative, en l’illustrant son propos par la démarche des esclaves malgaches abandonnés sur l’île de Tromelin. (…); elle nous apporte quelques précisions concernant, d’une part l’expression “inesprimibile genealogico traumatique” (…) mais aussi son aspect non traumatique (…).”. M.G.  torna su!

– 5  “Situazioni traumatiche filogenetiche inserite nel destino individuale e che dal punto di vista ontogenetico non sono mai state esperite”; mentre riflettevo sul “prendersene carico”, in analisi, esternandolo a Nicola Peluffo come ipotetica possibilità di integrazione anche di certi “vissuti alieni”, fonte di sofferenza, ne avevo ricevuto questa risposta incoraggiante, ritrovata per caso, riordinando la posta elettronica (10 maggio, 2007): “Cara Daniela, l’idea è ottima e va esplorata. Gli inesprimibili genealogici sono, secondo me, la strada per le ricerche micropsicoanalitiche del futuro.”.  torna su!

– 6  Luciano Negrisoli e Lorella Righi (2013), “stimolati” anch’essi “dalla metafora archeologica freudiana”, ci indirizzano ad una “sorta di messaggio, pervenuto intatto fino a noi, della ricomposizione di un abbraccio amoroso di due scheletri, fra i 18 e i 20 anni, di sepoltura neolitica, comunicata nel febbraio 2007 dalla Sovrintendenza ai beni culturali di Mantova, che ha fatto pensare a un rapporto d’amore.”. Questo mi ha rimandato ad un altro esempio, che avevo segnalato come testimonianza di traccia di benessere, in un ritrovamento archeologico preistorico, riferito nella Rivista americana Pnas  (Proceedings of the National Academy of Sciences). Rimando gli interessati alla presentazione del libro di Nicola Peluffo, Da Angelo a Giovanni (https://www.psicoanalisi.it/libri/3589). Il riferimento si trova alla fine del lavoro e presenta: “un recente (2005) ritrovamento che risale a 4600 anni fa, a Eulau in Sassonia dove, in una tomba, un team di scienziati, guidato da Wolfgang Haak (Università di Adelaide, Australia), ha ritrovato i resti di un uomo e una donna di circa 30 anni che abbracciano insieme  due figli di 4 e 9 anni. L’analisi successiva del loro DNA ne ha accertata l’origine di famiglia (…) Eppure, quei corpi di famiglia, ritrovati in questa affettuosità di ricomposizione, avevano diverse fratture nelle ossa e sfondamento cranico, come altri corpi trovati lì appresso, segno di una morte violenta, probabilmente in una battaglia contro il gruppo di un altro villaggio, secondo la ricostruzione storico-archelogica; (…)   Il dato per me interessante è la creazione, successiva alla lotta e al conflitto, di questa scena, grazie alla ‘pietà’ di qualcuno, probabilmente scampato all’eccidio, che ha avuto la spinta a ricomporre abbracciati quei poveri resti: una ricombinazione che, pur nell’eco dell’episodio traumatico, ha reso protagonista una sorta di rievocazione di una reale esperienza affettiva, che possiamo presumibilmente  immaginare già in atto come stile di convivenza, precedente al destino di morte violenta. Questa scena ricreata di ‘buona intesa’, ne fissa il ricordo, permettendo al desiderio di rimanere sempre pulsante.”.  torna su!