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© Gariglio & D. Lysek

Parte seconda | L’aggressività insidiosa nella relazione di coppia

parte prima

Nella prima parte di questo lavoro, abbiamo precisato che stiamo parlando di coppie che si amano pur non essendo pienamente soddisfatte della loro relazione. Si tratta di coppie nelle quali un’aggressività sottile si infiltra insidiosamente in qualche momento del loro rapporto.  Questi episodi sono dolorosamente conflittuali per la persona che subisce l’aggressione, anche se insignificante. Ciò che fa soffrire è l’offesa improvvisa e incoerente con il sentirsi voluti bene. Può sembrare banale però l’eccessiva insistenza di questo comportamento potrebbe depauperare la relazione di coppia, come un verme nel frutto.

Possiamo ora introdurre qualche esempio in cui molti si ritroveranno. Questi esempi sono centrati sul bisogno di toccarsi reciprocamente, bisogno naturale, qui inibito; un desiderio inconscio  di contatto che rimane insoddisfatto.

Ci spieghiamo meglio: ci sono delle coppie che hanno poco contatto fisico, non si abbracciano, quando camminano non si prendono sottobraccio né si tengono per mano. Sono persone che si accontentano, quando si vedono, di un piccolo bacio sulla guancia e, quando hanno un rapporto sessuale, questo è piuttosto meccanico come se fosse, per loro, pericolosamente insidioso un fermarsi insieme corpo a corpo. Socialmente (leggi apparentemente!) tale tipologia di coppia sembrerebbe andare bene; una coppia “sufficientemente” buona, potrebbe dirne Donald Winnicott, lo psicoanalista britannico, che ha introdotto la nozione di “madre sufficientemente buona”. Tuttavia, questi partner, che avrebbero piacere invece di toccarsi spesso e in modo naturale, non possono farlo sempre affettuosamente ma, in alcuni momenti, solo attraverso l’aggressività. Precisiamo quel che succede nel loro psichismo per arrivare a questo punto. Da un punto vista psicoanalitico, una pulsione inibita a livello inconscio si esprime attraverso un’altra pulsione, spesso opposta. Nella fattispecie, il desiderio di contatto fisico si sposta da Eros a Thanatos: l’affetto si trasforma in aggressività e si esprime attraverso una sottile aggressione. Qualche esempio, a cominciare con il fare in modo che l’altro non faccia qualcosa che gli è caro (come “Mahler che persuade la moglie Alma a smettere di comporre”. Cfr. Gariglio, 2017). Altri esempi: una scortesia o un atto apparentemente maldestro che può provocare la rottura di qualche oggetto caro al partner, oppure l’espressione di sufficienza, en passant, verso qualcuno o qualcosa che all’altro piace, oppure una chiusura in se stessi, in certe situazioni di vicinanza che potrebbero invece dar luogo a scambi…  Come si diceva, quando la pulsione libidica è momentaneamente bloccata, l’aggressività resta l’unica possibilità di soddisfare il bisogno fondamentale di toccarsi. Pulsione che, nei casi di cui stiamo parlando, non può realizzarsi direttamente perché inibita, ricordiamolo, dalla paura del contatto legato a delle dinamiche inconsce: fusionali (simbiotiche), sadomasochiste o edipiche. Nello specifico, ne parleremo nella terza parte dell’articolo.

Approfondiamo ora l’aspetto delle manifestazioni di aggressività sottile di cui esamineremo due situazioni frequenti. La prima può riguardare il subentrare di questo tipo di aggressività in una struttura di personalità che, in qualche momento di eccessiva tensione psichica, non riesca a scaricarsi attraverso i derivati di Eros (affetto, tenerezza, rapporto sessuale…). Ora, in queste circostanze, la tensione inconscia deve ben scaricarsi in un modo o in un altro. All’occorrenza, lo scarico avviene attraverso una aggressione sottile, che dà corpo alla traccia di un conflitto che ha trovato, nella relazione, un terreno propizio alla sua riproduzione. Questa obbedienza a tale immagine è una via facilitata, più comoda di una manifestazione amorosa che richiede dei meccanismi psichici che il soggetto, in quei momenti, non può utilizzare. Secondo noi, un lavoro profondo su se stessi potrebbe apportare al soggetto una modifica strutturalmente rilevante e progressiva, facendo poi anche evolvere la relazione di coppia, gradualmente, verso la sinergia. In assenza di un tale lavoro, il problema passa interamente al partner che riceve l’aggressione. Se la persona che si sente aggredita, capisse che tale caratteristica del partner riguarda la sua struttura di personalità – alla quale non dovrebbe essere comunque impedito di esprimersi, nel rispetto tuttavia della sensibilità dell’altro – la relazione potrebbe anche continuare, sempre ammesso che all’aggredito ciò stia bene. Tenendo ben presente che nessuno dovrebbe subire passivamente l’aggressività dell’altro: ci sarebbe una certa sofferenza, psichica (insonnia, malumore…) e, talvolta, corporea (mal di testa, mal di stomaco… Cfr. Lysek 2016 e Gariglio 2016). E allora, ad esempio, quando fosse chiara la struttura di personalità del partner, chi riceve l’aggressività insidiosa potrebbe esprimere la propria irritazione in modo immediato. Così facendo, anche la tensione, suscitata dalla ferita, potrebbe alfine scaricarsi. Un’altra possibilità: la persona ferita può sempre togliersi dalla situazione aggressiva trovando il modo più opportuno.

La seconda situazione riguarda una modalità che, a nostro avviso, potrebbe anche essere disattivata da un lavoro personale. Si tratta del fastidio istintivo – risposta riflessa – provato nei confronti di un’espressione neutra dell’altro: in realtà non ci sarebbe niente di aggressivo ma il partner vive questa esternazione come una manifestazione di aggressività subdola. In altre parole, il partner interpreta male quel che succede a causa di un suo vissuto soggettivo. Si tratterebbe di un malinteso: il soggetto sente come aggressione qualcosa che non lo è affatto. Frequentemente, tale interpretazione risulta da una proiezione della propria aggressività che la persona, avendo paura di riconoscere in se stessa, vede solo nell’altro. Da cosa può dipendere ciò? Nella maggior parte dei casi, nell’inconscio del soggetto, c’è una rappresentazione angosciante della relazione. A dire che c’è un rapporto con tracce di aggressioni subite in un passato più o meno lontano. Nei casi più comuni, l’esperienza clinica rimanda ad un vissuto infantile legato al fatto che la relazione tra i genitori ha espresso reciprocamente aggressività, freddezza o scarsa affettività; può essersi trattato di litigi, critiche e svalutazioni reciproche che hanno implicato direttamente anche il figlio o in cui lo stesso si era sentito direttamente coinvolto. Questi vissuti possono essere rimossi e ritornare in campo sotto forma di proiezione. È questo che fa sentire l’aggressività ricevuta dal partner, pur se leggera (ad esempio un semplice momento di sfogo, o un motto di spirito un po’ pesante), come insopportabile.

Le due situazioni in descrizione hanno un punto in comune: isolano i partner. Effettivamente questi soggetti presentano entrambi una inibizione dei derivati di Eros, inibizione che tende a scavare un fossato tra loro. Constatiamo in analisi (attraverso le manifestazioni transferali) che queste persone hanno dei vissuti infantili marchiati da un sentimento di solitudine che tende a riattivarsi quando il rapporto di coppia attuale richiami vissuti analoghi infantili. Così l’isolamento dei partner riattiva questi vissuti infantili di solitudine, spesso ingigantendoli. E ben lo raccontano le coppie di Hopper, a detta di molti (Cfr. 1959 Excursion into Philosophy;  1950 Summer in the City; 1932 Room in New York). Queste comuni immagini di coppie danno l’idea di essere sperse in un vuoto sconfinato.

Anche George Deem (Edward and Jo Hopper: Excursion into Philosophy, 1995), secondo noi, ha dovuto sentire che tale solitudine albergava nella stessa coppia di Hopper e la moglie (Cfr. i due personaggi anziani), perchè il modo in cui l’ha dipinta esprime la stessa cosa. In realtà, a ben pensarci, qualcosa in comune potrebbe essere individuato in queste coppie: la condivisione dell’esperienza di un vuoto (vuoto presente in tutti i quadri di Hopper. Cfr. anche Gariglio e Lysek 2017). Ci siamo detti: “Quale e quanta ricchezza potrebbe derivare alla coppia se i singoli fossero capaci di mettere in parola ciò che han vissuto e provato in tale esperienza!” Da parte nostra, ci ha colpito rilevare, in tutti i quadri, la presenza di qualche inserto di luce. Lo abbiamo sentito come una risonanza di benessere che potrebbe far da contraltare, abbiam argomentato, alla rigidità in cui si mostra la coppia. Nella nostra modellistica della creatività, questo potrebbe essere il punto di partenza di un’ “elaborazione ricombinativa” (Cfr. Creatività benessere, op. cit. cit., Cap. primo): processo che porta a una ricombinazione di elementi disgregati con elementi rigeneranti (luce). Così, in questa tipologia di rappresentazione, ci ha fatto piacere vedere un tentativo di Edward Hopper di realizzare un desiderio: inserire la coppia nella luce perché possa ricavarne movimento ed energia. A dire che sogno e creazione artistica possono, entrambi, rivelare un desiderio inconscio…

Ancora qualcosa in merito all’aggressività sottile: le persone che si sentono facilmente aggredite possono anche essere, semplicemente, invidiose del partner che riesce invece, di tanto in tanto, ad esprimere la propria aggressività, mentre queste stesse persone sono portatrici di un’inibizione interna. In certi casi, poi, la struttura di personalità di un soggetto molto suscettibile porta a provocare inconsciamente l’aggressività dell’altro, inviandogliene, di tanto in tanto, qualche espressione, sapendo dove colpire per far star male. Sapendo che in questo momento la sinergia non è possibile, la persona cerca il contatto con l’altro in questo modo. Meglio di niente ai suoi occhi!

Prima di concludere questa seconda parte, sviluppiamo un caso. Si tratta di un uomo, concepito al ritorno del padre dalla guerra. La persona si descrive chiusa in se stessa e per niente comunicativa in famiglia, cosa di cui, peraltro, si dispiace moltissimo, rammaricandosi al contempo di non poterci fare nulla. Nel corso del lavoro analitico si rende conto che si comporta come i suoi genitori che sono stati freddi tra di loro e con lui. Questo viene confermato dalle molte fotografie esaminate in seduta: personaggi distanti uno dall’altro, seri; istantanee di una famiglia dove nessuno si tocca o è inclinato verso il corpo vicino. L’analista nota però che c’è una contraddizione fra questo modo di essere in famiglia e la dinamica del transfert. Infatti, in seduta, questo analizzato, parla fluentemente, senza inibizione, con un certo uso dell’ironia e persino qualche moto affettivo che a volte irrompe con una certa commozione. Dunque, sentendosi capito, quest’uomo era capace di avere un discorso affettivo?

Più avanti nell’analisi, il soggetto un giorno riporta di aver scoperto che i suoi genitori hanno avuto un figlio prima di lui, morto mentre il padre era in guerra e di cui a lui, secondogenito passato per primogenito, non è mai stato detto niente.

Che sorpresa passare da primogenito a secondogenito!

Lo scopre, per l’appunto, leggendo delle lettere dei suoi genitori; questo loro carteggio era avvenuto durante la separazione dovuta alla guerra. Fino a lì, l’analizzato ne aveva ignorato l’esistenza e, ovviamente, i contenuti. In qualche lettera, viene infine scoperta l’esistenza di questa grave perdita per quei genitori. Nella corrispondenza di quel periodo, i due giovani si erano scambiati il reciproco dolore per la morte del loro primo figlio, quel fratellino dall’analizzato mai conosciuto. In questa occasione il soggetto si rende conto allora di come questo lutto sia stato tremendo per i suoi genitori che, prima, erano molto teneri e pieni di calore l’un l’altro. Ci sono lettere che rivelano la reciproca passione, gioia per il piccolo nato che sta crescendo a cui fanno seguito lettere di dolore dopo la comunicazione della moglie, della morte improvvisa del piccolo. Il non averne mai parlato con l’analizzato (il secondo figlio) gli ha dimostrato che i suoi genitori non avevano mai fatto il lutto di questa perdita.

Tutto questo lavoro gli ha permesso di dare un senso alla sua propensione alla freddezza e distanza affettiva nei confronti dei suoi familiari. Senza rendersene conto, fino a quel momento, il soggetto aveva modellato la sua freddezza in famiglia su quella ricevuta dai genitori. Lui non era però solo una persona fredda come, aveva d’altra parte, già dimostrato nella relazione analitica! Nel profondo del suo inconscio c’erano anche registrate informazioni di dolcezza, calore e amore. A dire che il suo inconscio conservava in memoria vissuti di benessere, ora ipotizzabili, a ragione, di provenienza genitoriale. Quei genitori avevano infatti dimostrato capacità affettiva, dandosi felicità, prima del lutto. Per noi, questo indica un inconscio familiare che rivela la presenza di informazioni di benessere memorizzate, come vissuti gratificanti, in quel terreno psicobiologico dei membri di questa famiglia. Successivamente, la riattivazione di queste tracce di benessere, anche da parte del soggetto in analisi, gli ha permesso non solo di essere più presente affettivamente nella sua famiglia specifica ma anche di fare una vita più creativa.

A seguire…

                                                           © Daniela Gariglio & Daniel Lysek

Parte prima

parte terza

 Abstract

Capita che una relazione di coppia sia avvelenata da momenti di aggressività sottile tra i partner. Questo succede ugualmente tra persone che stanno bene insieme. Anche se ciò può sembrare anodino, questo fenomeno può mettere in pericolo sia la sopravvivenza della coppia che il suo benessere. Attraverso questo articolo, desideriamo richiamare l’attenzione su questa forma di aggressività poco visibile. Ne forniremo qualche chiave, tratta dalla nostra esperienza di analisti, per dare un’idea dell’origine di tale forma di aggressività e di alcuni suoi effetti deleteri.

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Gariglio D. & Lysek D. (2001), « De l’obscurité à la clarté : évolution thérapeutique d’une formation de symptome à la créativité »,  Revue  Francaise de Psychiatrie et de Psychologie Médicale, N. 67, 2003 Ed M.F., Paris, pp. 51-54, pubblicato anche in  Psicoanalisi e Scienza, 20 marzo, 2009 (https://www.psicoanalisi.it/francais/de-lobscurite-la-clarte-evolution-therapeutique-dune-formation-de-symptome-la-creativite/4371/ ).

Hopper E. (1959, 1950, 1932). Excursion into Philosophy//  Summer in the City// Room in New York.

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Lysek D. (2017) “Possibili effetti della solitudine, tra somatizzazione e creatività”, in La solitudine, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, a cura di Baldari, N. 41, 2017, pp. 9-15.

Winnicott D. (1958). Dalla pediatria alla psicoanalisi: scritti scelti, trad. Corinna Ranchetti, Firenze: Martinelli, 1981. Tit. or. Through Paediatrics  toPsycho-Analysis, Tavistock Publications, London, 1958.