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Mainades 1

Ci sono alcune notti di guardia in ospedale considerate terribili e da evitarsi a tutti i costi: sono le notti “orgiastiche”, o della goduria obbligatoria, quelle alle quali le abitudini autolesionistiche della nostra epoca sacrificano un numero indecente di vite umane:
Ferragosto, Carnevale, Capodanno e Pasquetta ne fanno parte.
Alle ore 3,40 il malcapitato collega di guardia ricovera una sconosciuta , matura signora, in visita presso amici nella nostra città, la quale, “avendo brindato con uno spumantino” (dicono gli accompagnatori), versa in uno stato di grave disorganizzazione ideativa e comportamentale.
Ma l’alcolemia è irrilevante e giustifica solo in parte la sintomatologia. L’indomani si riesce a sapere che due anni prima la signora Menadi 2 ha subìto un incidente stradale riportando un trauma cranico. Da allora non sta bene, ha delle crisi, s’innervosisce.
Nelle giornate di degenza successive alla notte del ricovero si presenta l’ episodio critico, similepilettico, ma con caratteristiche spurie che autorizzano il dubbio di un compiacimento somatico di tipo istrioniforme con un fondo di sofferenza organica: la signora si scuote, non particolarmente rigida, non si ferisce, ma si strappa i capelli e si graffia il viso manifestando uno spiccato dermografismo: una vera Menade!
Ne ha le stimmate, la seduttività, il trasformismo, la motricità forsennata, la correlazione con uso di alcolici e la circostanza della festa scatenata del Capodanno.
Si registra persino la frequentazione di altri “menadi” nel senso che il brutto incidente di cui sopra, ad esempio, è stato determinato dalla guida in stato di ebbrezza di un accompagnatore.
In tutta l’Ellade le Menadi erano una realtà storica e non un’idea astratta come il dio Dioniso del quale erano le celebranti.
Il culto di questa divinità era stato introdotto in epoca relativamente tardiva rispetto al Pantheon classico e fonti ampiamente documentate (R. Graves, ‘I miti greci’. A. Ferrari, ‘Dizionario di mitologia classica’) lo fanno risalire all’epoca della diffusione della coltura della vite e, quindi, della produzione del vino, dalle sponde meridionali del Mar Nero a Creta e in Grecia.
Il carattere e le imprese mitologiche di questo dio , le lotte che ha dovuto condurre per la sua affermazione prima di risalire a pieno diritto nell’Olimpo, ricalcano le vie di diffusione della coltura della vite fino in Oriente (India) e a Settentrione (Inghilterra) lungo la via dell’ambra, soppiantando lentamente l’uso della birra con quello del vino, bevanda ben altrimenti inebriante e socialmente destabilizzante.
Si ha memoria più recente di un analogo fenomeno con la storia degli Indiani d’America e del loro disgregarsi anche per l’uso dei potenti alcolici ai quali non erano abituati.
Euripide , nella tragedia intitolata appunto Le Menadi, narra come Penteo, re di Tebe, essendosi opposto al culto di Dioniso, sia stato indotto con l’inganno dal dio stesso ad assistere ai riti orgiastici delle Menadi fra le quali erano la stessa madre di Penteo, Agave 3 e le sorelle, che, tutte in preda alla furia dell’estasi bacchica, non riconoscono il loro congiunto e partecipano al rito che vede il povero Penteo finire dilaniato e divorato, destino terribile, adombrato già dal nome che significa ‘segnato dalla sofferenza’ .
Le molteplici rappresentazioni pittoriche delle Menadi stigmatizzano la caratteristica intensa attività motoria di questi personaggi che si agitano, gridano, copulano, dilaniano di notte, in preda all’ebbrezza alcolica.Due menadi che danzano
Facendo partecipare Agave e le sue figlie all’omicidio del loro congiunto, Euripide indica quale condizione di alterazione delle funzioni psichiche sia indotta dall’alcol: l’affettività è stravolta, la percezione inattendibile (le Menadi vedono Penteo come un leone inferocito), la verbalizzazione ininfluente e il passaggio all’atto la regola.
Si configura cioè una regressione a stadi di sviluppo arcaici nei quali l’agito motorio è la modalità espressiva prevalente e la senso-percezione è variata in ragione di una sostanza che circola nel sangue, passa la barriera emato-encefalica e altera la neurotrasmissione.
Questo discorso si può fare per ogni sostanza psicotropa e specialmente in caso di uso non terapeutico.
L’ostilità che iI culto di Dioniso incontrò nella sua diffusione nel mondo classico fu determinata dagli effetti socialmente destabilizzanti dell’uso rituale del vino e delle abitudini orgiastiche delle Menadi, finché non si trovò il compromesso nella regolamentazione del rito: vedi ad esempio i Baccanali dell’epoca romana, feste dell’eccesso, consentite solo in certi periodi dell’anno.
Semel in anno licet insanire! Ovvero: è consentito impazzire solo una volta all’anno.
Ai nostri giorni resta traccia evidente dei riti dionisiaci nelle feste del Carnevale caratterizzato da cortei scatenati, talvolta esplicitamente inneggianti a riti orgiastici: nelle nostre città si usa ancora sfilare brandendo fasci di agave 3 con esplicite verbalizzazioni falliche.
L’ingresso della Menade in un reparto di psichiatria presenta degli aspetti di originalità e di interesse legati a più motivi.
Intanto non è frequente l’incontro di casi da Salpêtrière ai tempi di Charcot e viviamo sempre più un’era di forme miste in cui può essere fuori luogo irrigidirsi su questioni di diagnosi differenziale.
La costellazione è polimorfa: elementi di conversione, l’abuso di qualche sostanza cui spesso si aggiunge una spina irritativa (quante “anomalie aspecifiche della conduzione dello stimolo” all’elettroencefalogramma!), il postumo di un trauma stradale, una TAC con segni di atrofia o un piccolo deficit involutivo che la solerzia testistica non esita a quantificare.
E, infine, la diagnosi: psicosindrome organica di grado non psicotico in personalità istrionica. Due numeri di codice nosografico ed è fatta.
Ma questo non toglierà né aggiungerà nulla alla comprensione empatica e intellettuale delle sovradeterminazioni che una celebrante di Dioniso, sfuggita attraverso lo spazio-tempo alle celebrazioni del Monte Citerone, generosamente offre all’osservazione in una corsia, in ospedale, in Italia.
Nell’anno 2001.

© Gioia Marzi

Note:

1 Dalla forma verbale mainomai = divenire pazzo, infuriare ripetitivo e ossessivo; da cui il termine: mania torna su!
2 Ovvie ragioni di segreto professionale m’impongono la contraffazione del nome del paziente di cui parlo. Tuttavia mi è stato possibile riportare, nel nome contraffatto, la stessa pregnanza di quello originario che non nascondo essere stato il primo ispiratore di queste riflessioni.  torna su!
3 Non ci sfugga l’omonimia! Agave era la Menade nella tragedia di Euripide e l’agave è il vegetale usato nel Carnevale odierno. Esso sostituisce il tirso, sempre presente nelle raffigurazioni delle Menadi , che era un ramo d’abete avvolto in edera e ci ricorda l’uso di una bevanda inebriante primitiva: la birra di abete rinforzata con succo d’edera addolcita con idromele (= miele fermentato, cosiddetto “nettare degli dei”).  torna su!