Un nuovo esperimento condotto da due psicologi dell’ Università dell’Oregon sembrerebbe avvalorare l’ipotesi, sostenuta un secolo fa da Freud, che la mente è capace di reprimere consciamente alcuni ricordi spiacevoli.
La rivista Nature pubblica la ricerca di Michael Anderson e Collin Green 1 in cui viene descritto il metodo utilizzato per esplorare il meccanismo di repressione dei ricordi. Gli scienziati hanno chiesto ad un gruppo di volontari (studenti del college) di imparare coppie di parole non in relazione tra loro. Un gruppo aveva il compito di guardare le parole e pronunciare la seconda ad alta voce; l’altro gruppo doveva semplicemente guardare le parole senza compiere sforzo alcuno per ricordare.
Successivamente, ai due gruppi di soggetti, venivano mostrate le prime parole delle coppie con il compito di cercare di ricordare le seconde. Il risultato emerso è che il gruppo il cui compito era stato quello di pronunciare le parole a voce alta, tendeva a ricordare meglio del gruppo cui era stato chiesto di non pensarci, anche se a questi ultimi veniva offerto del denaro per azzeccare le risposte. Risultati sostanzialmente simili sono emersi anche in seguito, in esperimenti che utilizzavano coppie di parole in relazione tra loro.
“Le persone possono spingere i ricordi fuori dalla coscienza e causare la loro dimenticanza,” dice Anderson. Secondo il ricercatore, è possibile che bambini vittime di abusi sessuali usino una strategia simile per convivere con i loro ricordi scioccanti. Quando un bambino subisce un abuso da parte di qualcuno che conosce, ci sono maggiori probabilità che riferisca di averlo dimenticato rispetto ad altri casi di bambini con abusi ricevuti da persone sconosciute. Anderson sostiene che ciò accade perché il bambino deve reprimere, ed eventualmente dimenticare, i ricordi difficili ogni volta che incontra l’aggressore.
Le nuove ricerche potrebbero alimentare il dibattito, ancora molto acceso, che riguarda i ricordi recuperati di episodi traumatici connessi ad abusi sessuali, la cui vericidità è contestata da genitori messi sotto accusa.
“Nessuno sa se questi ricordi siano o meno reali – afferma Chris Brewin dell’University College of London – ma questo lavoro avvalora la tesi di ricordi che potrebbero essere reali ma repressi. ”La nuova tecnica è anche un potente mezzo per intraprendere un intervento sui cosiddetti disturbi da stress post-traumatico (PTSD), in cui le persone rivivono costantemente ricordi terribili. “Forse le persone con PTSD provano a sopprimere il ricordo degli eventi, ma non riescono. – afferma Brewin – Potrebbe esserci qualcosa che interferisce con i processi inibitori.”
Anderson suggerisce che: “la repressione potrebbe essere effettiva se qualcuno deve continuamente fronteggiare il ricordo del trauma – per esempio se i veterani del Vietnam dovessero continuare a vivere in Vietnam“. “Se essi evitano gli spunti per ricordare, potrebbero pagarla con ricordi penosi”.
Qualche chiarimento potrebbe venire da Freud sulla denominazione di alcuni meccanismi di inibizione della memoria.
Con il termine repressione 2 Freud intendeva: un’operazione psichica tendente a far scomparire dalla coscienza un contenuto spiacevole o inopportuno. Sottolineando il carattere conscio dell’operazione, per il fatto che il contenuto represso diventa preconscio e non inconscio, Freud colloca la repressione a livello della «seconda censura» tra il conscio e il preconscio; si tratta quindi di una esclusione dal campo della coscienza attuale e non del passaggio da un sistema (preconscio-conscio) a un altro (inconscio).
Un concetto ben diverso è la rimozione 3 nella quale l’istanza rimovente (l’Io), l’operazione e il suo risultato sono inconsci. Nelle traduzioni inglesi di Freud viene adoperato generalmente il termine repression per indicare, invece, il termine tedesco Verdrängung (in italiano:rimozione).
© Alessandro Mura
Note:
1 Anderson, M. C. & Green, C. Suppressing unwanted memories by executive control. Nature 410, 366–369 (2001).
2 Il termine tedesco Unterdrückung (in italiano: repressione) viene generalmente tradotto in inglese con suppression. J. Laplanche e J.B. Pontalis, Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza, 1973.
3 J. Laplanche e J.B. Pontalis, op cit. Cfr. anche Quirino Zangrilli e Alessandro Fornari, La rimozione, Atlante di Scienza e psicoanalisi, dicembre 2000 .
Psicologo, psicoanalista, membro attivo della Società Internazionale di Micropsicoanalisi (S.I.M.) e dell’Istituto Svizzero di Micropsicoanalisi (I.S.M.). Prosegue la formazione presso la Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione (SIPRe – Istituto di Roma).
Psyc Psychologist, psychoanalyst, active member of the International Society of Micropsychoanalysis (S.I.M.) and of the Swiss Institute of Micropsychoanalysis (I.S.M.). He continued his training at the Italian Society of Psychoanalysis of the Relationship (SIPRe – Institute of Rome).
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